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Mercoledì 18 DICEMBRE 2024
Decreto flussi e violenza medica: due fenomeni legati nella legge di Lavoisier   



Gentile Direttore,
tutto parte dalla domanda di fondo, che da più parti si leva, di “quanto vi sia a giustificazione delle recenti decretazioni” su cui si è espresso il Parlamento, in riferimento al decreto flussi e in particolare alla reiterazione degli incarichi del personale extracomunitario, e in relazione alla votazione del 13 novembre scorso sulla violenza nel mondo sanitario. Da cui una serie di riflessioni sulle loro ripercussioni, anche sul piano delle responsabilità, il cui minimo comun denominatore delle osservazioni critiche è certamente la “politica”. Senza, peraltro, dipingerla con i suoi diversi colori, ma in un caleidoscopio di posizioni contraddittorie.

In un clima strano in cui prevale una politica delle contrapposizioni, talvolta immotivate, in apparenza frutto di “calcolata sprovvedutezza”. Contrapposizioni che, in modo poco giustificabile e al di fuori dell’ossimoro, da una parte decide d’arginare l’odiosa e insostenibile violenza in sanità, esprimendolo con un decreto posto all’approvazione dei parlamentari, invero approvato con una “strana unanimità formale, teoricamente dovuta, ma nei fatti divenuta maggioranza di parte”; dall’altro, di prorogare ulteriormente a tutto il 2027, con una decretazione d’urgenza d’eco pandemico, l’utilizzo di medici stranieri non certificati neanche dal Ministero a causa, o con la scusa vera o artata che sia, della carenza di medici.

Ovvero, sul tema odioso della violenza con astensione, come qualcuno dice benevolmente per ignavia contrapposta, però, alle più realistiche critiche di schieramento o d’interesse unicamente partitico, con 92 parlamentari che hanno dato un contenuto ideologico alla loro non espressione di voto su materia che doveva essere unificante e non certo divisiva. Su quel Decreto antiviolenza che, non meritava certo una connotazione partitica e che, in principio, presupponeva l’unanimità senza distinguo.

Così facendo i non votanti hanno espresso il loro senso dell’intendimento collettivo, della tutela e del dovere di tutelare un valore “assoluto” iuxta propria pincipia” e per la sua stessa natura, parafrasando Bernardino Telesio, nel De rerum natura... appunto iuxta propria principia.

Ancor più riduttivo rispetto all’idea di democrazia, che depreca la violenza come orrida manifestazione di non rispetto della persona che, proprio come valore universale, va contrastata “a prescindere da come venga perpetrata” e che, come tale, non assume colore politico e, soprattutto senza alcun dubbio, è da osteggiare con tutte le forze.

Da qui, in linea di principio un primo elemento di riflessione, riguardo le perplessità di come la “politica parlata” di tutti i giorni sia difforme dai fatti, non essendo chiaro il perché si sia in disaccordo oppure ci si esprima a priori su certi valori di principio, come la violenza, e si trascuri il rispetto o si misconosca il ruolo professionale e sociale del medico, ovvero di chi assicura e tutela la salute in una sanità pur sempre difficile da gestire.

Ancor più trattandosi di medici stucchevolmente enfatizzati “nei momenti difficili e a caldo” o, di fronte alle telecamere, con proclami roboanti contro la controparte politica rea di non dare loro, come pure agli altri professionisti sanitari, gli indispensabili riconoscimenti, salvo astenersi in modo assolutamente irragionevole su un provvedimento legislativo, che dovrebbe essere privo di coloritura politica. Ciò, a testimonianza di un palese “gianobifrontidmo” di sostanza di una politica che, anche in questo frangente, più benevolmente dimostra una colpevole distrazione nel sostenere e salvaguardare valori comuni.

Certo, non è un bel figurare di certi parlamentari, che troppo spesso parlano per sententias e sono “sentenziati” nei loro comportamenti, almeno con sconcerto di chi, interessato dalle loro decisioni, ha fiducia in un loro comportamento più consapevole ed etico su un tema unificante perché politicamente incolore. Facendo dubitare che di quell’etica di cui spesso parlano, ma che forse conoscano appieno nel significato e nell’indispensabilità.

Secondo elemento di riflessione è il Decreto flussi relativamente all’utilizzo di personale extra comunitario in ambito medico e sanitario. Con particolare riguardo alla decretazione d’urgenza che aveva suscitato perplessità e reazioni, non solo nel mondo medico e ordinistico, in considerazione della sua portata circa il ruolo dei medici extracomunitari “non controllati” e al di fuori della legislazione di tutela vigente e data la non attenzione riposta verso gli Ordini, privati della loro funzione di garanzia.

Due aspetti, violenza e flussi, che costituiscono un vero problema nel problema. Ancor più facendo riferimento proprio al decreto flussi che favorisce una deregulation professionale con il rischio, che è forse poi speranza che diventi un sistema di depotenziamento della professione medica, che non potrà non coinvolgere però poi anche le altre professioni sanitarie.

Con risultato reale di produrre una confusione “di sistema” che non giova al governo virtuoso della salute, ai rapporti professionali e a quelli fra politica e professioni.

Ancor più in ambito medico, con l’ipotesi di un nuovo modo di accedere alla professione nel nostro Paese che, sebbene provvisorio, nella prassi italica non si è lontani dalla verità nel consideralo “definitivo”. Avvalorando quella metodologia che consente a ipotetici professionisti di altri Paesi di professare in medicina senza la necessaria valutazione ministeriale delle idoneità, la conoscenza della lingua italiana, della farmacopea e delle peculiarità che sono di competenza ordinistica, sempre in ottemperanza a quanto stabilito dalla prassi e dalle leggi dello Stato. Situazione di perplessità che si crea ancor oggi sul piano della fiducia del cittadino che chiede notizia agli Ordini.

Da tutto ciò nasce la domanda se è una soluzione efficace per intervenire “nel breve periodo” per la risoluzione del problema della carenza medica, fermo restando la non persistenza dello stato di necessità come in pandemia. Per giunta, con un parterre di medici abilitati alla professione, per le centinaia fino alle migliaia di laureati nelle varie sessioni nelle università italiane in questo quadriennio, certamente non tutti inseriti nelle dinamiche formative delle scuole di specialità e medicina di famiglia. Per cui una prima risposta idonea si formalizza in una rapida revisione della frequenza in ospedale e nella medicina generale, come da tempo si postula al nostro interno e di cui siamo stati proponenti.

In tutto ciò i dubbi riguardo alla metodologia seguita, che si oggettiva dello “struzzo con la testa nella sabbia” che, ignorando i veri problemi e con le decisioni prese, genera un precedente preoccupante sul piano della sicurezza e della liceità professionale, a prescindere dalla Legge, con ulteriori limiti dovuti alla lingua e alle abitudini sanitarie dei Paesi di provenienza, pur sperando che siano parificati alle nostre.

Come constatazione di fondo, va significato come, ancora una volta, siano bypassati quei criteri invece presenti per i nostri medici a causa della reiterazione di una decretazione d’urgenza: il che è un vulnus. Come lascia perplessa la facilità con cui si reiteri una soluzione che è una “non soluzione” peraltro discriminatoria. Una decretazione, sul piano formale approvata in modo concordatario, pluripartitico e multicolore e oggi, fuori dalla pandemia e superate precedenti eccezioni, votata positivamente e avversata a parti parzialmente invertite.

Su pareri acquisiti del perché sia avvenuto, la giustificazione è nelle condizioni politicamente mutate. Col risultato che, pur invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non sia cambiato. Ancor più, nel principio di Lavoisier applicato alla politica, per una riflessione ulteriore sul valore della scienza e della prevenzione, posta in discussione dal “Milleproroghe”. Ma ciò porta a considerare come ragionarci sopra consenta un’attività neuronale efficace a contrastare le patologie “da dis-memoria attiva”.

Pierantonio Muzzetto
Presidente Omceo di Parma, Presidente Coordinatore e della Consulta Nazionale Deontologica della FnomceO

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