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Giovedì 20 DICEMBRE 2012
Glioblastoma multiforme. Il meccanismo alla base del tumore

Una ricerca italiana ha svelato le ragioni della crescita di questo cancro al cervello particolarmente aggressivo e individuato una molecola che su modello animale ha dimostrato di inibirla. Il team composto da ricercatori di StemGen SpA e dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di Padre Pio.

ll tumore cerebrale più frequente nell’uomo è il Glioblastoma Multiforme (GBM), una forma tumorale inevitabilmente letale e incurabile, la cui incidenza è in continuo e preoccupante aumento. Uno studio di un team di ricercatori della StemGen SpA, società di biotecnologie di Milano, in collaborazione con l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Casa Sollievo della Sofferenza di Padre Pio diretto da Angelo Vescovi, ha però oggi scoperto il meccanismo molecolare alla base della crescita esplosiva di questa neoplasia cerebrale, identificando anche un bio-farmaco (efrina A1), in grado di inibire la crescita del tumore umano infiltrato nel cervello del topo.  La ricerca è stata pubblicata su Cancer Cell.
 
Il Glioblastoma Multiforme (GBM), nome più comune del Glioma di grado IV, è una forma di tumore al cervello altamente aggressiva e maligna, in grado di crescere rapidamente e di infiltrare vaste aree di tessuto cerebrale. L’efficacia dei trattamenti chirurgici, chemioterapici e radioterapici è piuttosto scarsa e, dopo la rimozione della massa tumorale primaria, la recidiva è spesso precoce. Per questo trovare terapie per il trattamento di questa patologia è ancor più importante.
La ricerca è partita da una scoperta fatta inizialmente dal gruppo di Vescovi nel 2004, che dimostrava che, laddove il GBM è composto di miliardi di cellule, la grande maggioranza di queste non è in grado di far crescere indefinitamente il tumore o di rifondarlo dopo la terapia. Questa caratteristica è appannaggio esclusivo di una frazione minima delle cellule nella massa tumorale dei GBM, le quali sono vere e proprie cellule staminali tumorali. Queste unità biologiche sono letali non solo perché basta una sola di queste cellule per rigenerare un intero GBM, ma anche perché non perdono mai la capacità di replicarsi e sono intrinsecamente assai resistenti alla radio e chemioterapia.
Per questo lo studio pubblicato da Cancer Cell introduce un cambio di paradigma, invece di attaccare specificamente l’intera massa cellulare del tumore cerebrale per mezzo di sostanze tossiche, i ricercatori hanno infatti individuato il bersaglio terapeutico principale proprio nelle cellule staminali tumorali del GBM umano, che sono state studiate grazie ad una tecnica esclusiva di StemGen e del gruppo di Vescovi, che permette di isolare, moltiplicare e manipolare ad libitum queste cellule, estraendole dal tumore dei pazienti.
 
In particolare, la ricerca dimostra che le cellule staminali tumorali cerebrali umane esprimono sulla propria superficie livelli abnormi di una proteina già presente nelle staminali normali del cervello, nota come recettore di tipo A2 delle efrine o EphA2. Si è quindi osservato come questa sovra-espressione di EphA2 determini un aumento incontrollato dell’auto-replicazione delle cellule staminali tumorali, causandone un enorme incremento in numero, che risulta nella crescita inarrestabile ed esplosiva, tipica dei GBM. A questo punto i ricercatori hanno dimostrato come questo fenomeno possa essere utilizzato, non solo per identificare le staminali del GBM – le quali passavano fino a ora “sotto i radar” poiché vi sono pochissimi marcatori che permettono di vederle e studiarle, ma fornisca anche un bersaglio specifico e selettivo per inibire la crescita del tumore nel cervello. 
 
Infatti, grazie alla somministrazione intracerebrale in copie fedeli del vero tumore umano (riprodotte nei topi) di efrina A1, proteina naturalmente presente nel nostro cervello (quindi di minima tossicità), è possibile ridurre l'espressione del recettore EphA2 e limitare significativamente la capacità delle cellule staminali tumorali di replicarsi e di generare massa tumorale, inibendo la crescita del glioblastoma in vivo. Questo è stato ottenuto, peraltro, usando un metodo di somministrazione che mima quello da utilizzare nei pazienti e noto come convention enhanced delivery. L'efrina A1 emerge quindi come potenziale farmaco biologico, e promettente candidato per la terapia anticonvenzionale del Glioblastoma Multiforme. 
"Grazie a questo studio è ora possibile identificare nuovi bersagli molecolari e genetici fino ad oggi insospettati da colpire nel tentativo di fermare questo cancro incurabile”, ha spiegato lo stesso Vescovi. “Abbiamo anche un farmaco, un candidato promettente che interviene proprio sui recettori che stanno alla base del meccanismo di proliferazione tumorale. Desidero sottolineare però che è necessario essere prudenti: siamo ancora a livello di sperimentazione pre-clinica e, anche se abbiamo delle interessanti evidenze sul tessuto umano, solo la sperimentazione clinica sull'uomo potrà davvero confermare se abbiamo individuato una terapia vera e propria. Vorrei anche enfatizzare il ruolo importante della collaborazione tra start-up biotecnologiche come StemGen ed enti nazionali ed internazionali di ricerca accademica: un approccio che si è rivelato fruttuoso e che promette di velocizzare lo sviluppo di terapie sperimentali per patologie che restano incurabili e letali, come il glioblastoma umano, e che infatti sono classificate come ‘malattie orfane’ dagli organismi regolatori nazionali e internazionali, quali l’Istituto Superiore di Sanità o il National Institute of Health americano”.
 

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