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Lunedì 02 DICEMBRE 2024
La difesa del Servizio Sanitario Nazionale parte dalla preminenza della sanità pubblica



Gentile Direttore,
l’appello “Non possiamo restare in silenzio” può riattivare un confronto e una discussione tra le molte associazioni che vedono il SSN da sostenere come “pensato” con la riforma del 1978, per l’attuazione del fondamentale diritto alla salute individuale e collettivo.

Medicina Democratica è stata tra le realtà che hanno contribuito a far nascere e a definire la riforma del 1978 e da circa 4 anni, a fronte delle criticità evidenziate dall’impatto dell’epidemia da Sars Cov 2, assieme a molte altre realtà nazionali e locali non siamo rimasti in silenzio e abbiamo intrapreso un nuovo percorso di discussione e di definizione di proposte per il rilancio della sanità pubblica. Numerose le iniziative con molte altre realtà e con appelli e “piattaforme” che sono a disposizione anche sul nostro sito web. L’obiettivo era ed è quello di riempire di contenuti quegli “interventi per interromperne il declino” con cui si chiude l’appello.

La nostra sottoscrizione non figura in calce all’appello in questione, sottoposto a noi troppo tardi per poter entrare nel merito e verificare la possibilità di modifiche e integrazioni, ma condividiamo il tema fondamentale della difesa del SSN e quindi ci aspettiamo che l’appello possa costituire una base per una più ampia condivisione, considerando le reali problematiche di questa estrema difficoltà del SSN e definendo un percorso per poterle superare.

In modo analogo alla nota di commento del 28.11.2024 della Associazione Alessandro Liberati “la difesa del SSN : più risorse e più chiarezza su chi e come” condividiamo che sia “meglio chiarita la proposta di integrazione tra pubblico e privato” e, conseguentemente, “la gestione delle risorse necessarie e l’erogazione dei servizi”.

Sul tema abbiamo sempre espresso una posizione netta : se la salute è la priorità è la sanità pubblica che deve essere preminente per le funzioni “generali” che la normativa le attribuisce proprio per attuare il diritto alla salute a partire dalla priorità della prevenzione primaria, obiettivo esplicito della riforma del 1978, che non è certamente obiettivo primario della sanità privata.

Abbiamo utilizzato il termine “preminente” perché utilizzato dalla ragioneria dello Stato a critica di una delle tante leggi in modifica continua (LR 22/2021) dell’assetto della sanità che la Lombardia ha prodotto dal 1997 ad oggi, indebolendo la sanità pubblica e sbilanciando i servizi verso quella privata.

Non condividiamo la posizione di chiunque parli genericamente di incremento di risorse per la sanità senza appunto specificare la priorità della sanità pubblica e la revisione profonda dello sbilanciamento dei rapporti tra sanità pubblica e privata nel SSN in particolare acuito negli ultimi decenni con l’enorme aumento degli accreditamenti e contrattualizzazioni di enti privati spesso favoriti nella scelta delle prestazioni più remunerative, come recentemente ricordato anche dal libro di Gabanelli-Ravizza.

Per non dire di una ragionata ed equilibrata allocazione delle risorse per non trovarsi, come sta succedendo, con “case della comunità” finanziate dal PNRR ma vuote di operatori sanitari e socio-sanitari per i quali non vi sono investimenti anzi permangono blocchi delle assunzioni. Questo, secondo vari autori, può costituire, se non si interviene in modo netto, una nuova prateria per la privatizzazione del “sistema”.

Vi sono anche altri importanti aspetti che segnaliamo alle associazioni firmatarie dell’appello e sui quali riteniamo sia necessario confrontarsi per verificare la possibilità di un percorso comune, “di rete”.

Un primo aspetto è quello della messa in discussione netta del ruolo sempre più crescente di mutue, assicurazioni, “sanità integrative” incluse quelle inserite nel “welfare aziendale” tramite i contratti collettivi di lavoro, che costituiscono sempre più spesso le uniche modalità per alcuni utenti, peraltro quelli maggiormente tutelati -e comunque in funzione delle proprie condizioni- per poter accedere ai servizi.

Il secondo (e anche il terzo) pilastro, rappresenta il punto di arrivo della deriva del SSN, il ritorno a condizioni simili a quelle antecedenti l’approvazione della riforma sanitaria resasi necessaria anche per superare il fallimento di questi strumenti. Noi riteniamo invece prioritario ridurre la discriminazione crescente all’accesso alle cure appunto attraverso i servizi pubblici con una reale presa in carico e mantenimento del diritto alla salute previsto dalla Costituzione.

Segnaliamo da tempo il grave rischio relativo “nelle cure dei malati cronici”: la recente normativa sulla non autosufficienza, con i decreti applicativi in definizione, sottrae queste persone dal SSN, e quindi da un ambito di diritto della persona, a quello della assistenza, condizionato dai “vincoli di bilancio” con un prevedibile ulteriore appesantimento sulle famiglie.

Che dire poi delle previsioni della proposta di “autonomia differenziata” che aggraverà non solo le differenze esistenti tra regioni ma anche quelle all’interno di ogni regione spingendo ulteriormente verso la privatizzazione dei servizi ? Un tema che non può essere eluso perché mette in discussione un altro degli obiettivi fondamentali della riforma del 1978: il superamento delle differenze territoriali.

Infine condividiamo quanto scritto sulle condizioni critiche del personale pubblico del SSN ma riteniamo un passaggio non eludibile richiedere, in questo caso, una vera equiparazione tra pubblico e privato con un unico contratto nazionale collettivo che riguardi tutti gli operatori sanitari al di là di quale sia il datore di lavoro. Un ambito che ricorda la necessità della ricerca di condivisione anche con i sindacati.

Confermiamo la nostra disponibilità ad approfondire e verificare le condivisioni possibili soprattutto con tutte quelle associazioni impegnate da anni nel sostegno della sanità pubblica.

Marco Caldiroli
Presidente di Medicina Democratica

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