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Martedì 26 NOVEMBRE 2024
Psoriasi pustolosa generalizzata. Il farmaco mirato c’è, ma non è ancora rimborsato. Necessario informare, educare e comunicare

Possibilità di una terapia mirata, esigenza di fare una corretta informazione ed educazione, accompagnare i pazienti in un percorso proattivo verso la propria patologia. Questi i temi trattati in un nuovo appuntamento di The Patient's Voice dedicato alla Psoriasi Pustolosa Generalizzata

Per un paziente con una malattia rara è frustrante sapere che c'è un farmaco mirato per la sua condizione, ma che il Servizio sanitario nazionale non ne garantisce l'accesso uguale per tutti. E' così per i circa 200 pazienti che in Italia soffrono di psoriasi pustolosa generalizzata (GPP),una forma grave di psoriasi che si manifesta per la presenza di pustole giallo-brune e sferiche in varie parti del corpo, che provocano prurito, bruciore e dolore. Il farmaco c'è, ma non è ancora stato rimborsato in Italia. Questo è uno dei temi affrontati in una nuova puntata di The Patient’s Voice, il format di Sics e Popular Science dedicato all’ascolto delle esigenze dei pazienti e al confronto con le istituzioni e i clinici. Ospiti della puntata Francesco Cusano, past president dell’Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani (Adoi) e direttore della Dermatologia all’Azienda Ospedaliera San Pio - Presidio Ospedaliero “Gaetano Rummo” di Benevento; Ilaria Ciancaleoni Bartoli, fondatrice e direttrice di Omar, l'Osservatorio malattie rare; Valeria Corazza, Presidente Fondazione Corazza Onlus e dell'Associazione Psoriasici Italiani (Apfiaco); e il senatore Orfeo Mazzella della 1o° Commissione permanente affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato e previdenza sociale.

Un farmaco mirato che agisce sul bersaglio principale della malattia

"Sappiamo bene che per un paziente con una patologia rara avere un farmaco vuol dire tantissimo", dice Cusano, con riferimento all'arrivo di farmaci che hanno un'indicazione specifica per la GPP. "Sono farmaci che vengono indirizzati nei confronti dei mediatori dell'infiammazione che sono più espressi in questa patologia rispetto alla psoriasi", spiega l'esperto. Nella GPP "le cellule producono molecole che possono generare infiammazione. Tra queste, la sostanza più espressa - prosegue - è l'interleuchina-36. Attualmente si lavora molto agendo sulle altre molecole, non su quella primaria e questo ci consente comunque di avere dei risultati discreti in molti casi, ma non ottimali perché si agisce su bersagli secondari. È chiaro che potendo intervenire subito sul bersaglio principale si aumentano di molto le possibilità di remissione e quindi di controllo completo della patologia dodici mesi su dodici".

La GPP può avere complicanze molto importanti, soprattutto negli anziani

Controllare la malattia non significa solo migliorare la qualità della vita di questi pazienti, ma anche in alcuni casi salvargliela. "Avere un'infiammazione di un'alta percentuale della superficie cutanea e una pustolazione, quindi una perdita anche di liquidi e di altre sostanze, proteine, porta i pazienti ad avere più o meno la stessa situazione di un ustionato. Vanno incontro purtroppo a una serie di complicazioni ed evoluzioni della loro patologia che oltre un certo limite di estensione comportano danni sistemici dell'organismo". Non succede sempre, ma può comunque capitare. "Soprattutto - aggiunge lo specialista - nelle persone anziane che hanno difficoltà nel controllo ad esempio degli aspetti circolatori: una perdita dei liquidi può sicuramente creare criticità".

Gli errori e gli ostacoli del processo diagnostico

"Il farmaco che potrebbe aiutare tanto questi pazienti c'è, perché in altri Paesi c'è", sottolinea Corazza. "Come associazione non possiamo fare altro che invitare le nostre istituzioni a non essere distratte nei confronti di questa patologia della pelle che troppo spesso viene considerate come un capriccio". Ma prima ancora della terapia è fondamentale facilitare il processo diagnostico che non è sempre facile e lineare come dovrebbe essere. "Spesso quando si presentano le pustole i malati vanno in pronto soccorso, dove invece di chiamare il dermatologo come si dovrebbe fare per qualunque manifestazione sulla pelle, chiamano ad esempio un immunologo", racconta Corazza. "Non sapendo cos'è la GPP succede di dare al malato il farmaco sbagliato e in questo modo il rash, invece di andarsene via in fretta, rimane lì più a lungo. Un dermatologo - prosegue - sa invece come intervenire. Con i farmaci che abbiamo avuto a disposizione fino adesso, anche se non dedicati, comunque riescono in una settimana al massimo a far recedere la malattia".

Fondamentale intervenire sul dolore e fare attenzione all'"igiene" quotidiana

"La prima cosa da fare con questi pazienti è togliere anche il dolore che dà questa patologia e non è una cosa da poco: perché la pelle si rompe quindi ci sono delle piaghe sulle quali bisogna intervenire e poi man mano che anche uno migliora, ha la sua quotidianità che è fatta di igiene particolare, di creme, ecc.", sottolinea Corazza. "Una delle caratteristiche di questa psoriasi come di tutte le altre psoriasica, è che recidiva. Quindi - aggiunge - quando si arriva per qualunque motivo ad avere la pelle bianca, non ci si deve fermare nella cura".

Una mappatura dei centri d'eccellenza per informare i pazienti su dove curarsi

Per iniziare e continuare questo lungo percorso di cura è importante avere le informazioni giuste. "Bisogna parlare di più di malattie rare, compresa la GPP", sottolinea Ciancaleoni Bartoli, secondo cui bisogna spiegare ai pazienti come muoversi. "Una delle prime cose che in Omar abbiamo fatto è stata una mappatura dei centri di eccellenza che speriamo presto diventeranno centri prescrittori delle terapie che stanno arrivando". Accanto all'informazione dei pazienti, secondo la direttrice di Omar, è fondamentale anche la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. "Bisogna spiegare che non si tratta di una malattia contagiosa e che, anche se può essere non bella sa vedere, non c'è motivo di escludere le persone, a cui andrebbe risparmiato anche il disagio e la paura".

Un codice di esenzione pe garantire diagnosi e cure

Di alleanza con le istituzioni ne ha parlato Mazzella. "Quello che possono fare le istituzioni è prima di tutto un percorso di affiancamento", spiega. "Nel mese di luglio ho promosso un'interrogazione parlamentare al ministro Schillaci per chiedere l'introduzione della GPP nell'elenco delle malattie rare. Sappiamo tutti - prosegue - che uno dei criteri che consentono alle persone di accedere a determinati benefici, ma soprattutto alla diagnosi precoce, è quello di avere un codice di esenzione. Il codice di esenzione è un elemento discriminante all'interno di un percorso di malattia rara, perché consente l'accesso a determinate diagnosi che possono essere anche genetiche".

L'importanza dei decreti attuativi per l'applicazione del Testo unico sulle malattie rare

"Durante la passata legislatura c'è stata la messa a terra di un'importante legge, la 175 sul Testo unico sulle malattie rare, che rappresenta una pietra miliare su cui dobbiamo costruire poi tutto il resto", evidenzia Mazzella. "Adesso mancano ancora i decreti attuativi. Questo è oggettivamente un vulnus perché, anche qualora ci fosse immediatamente l'approvazione di un codice di esenzione per la GPP, poi gli effetti pratici della presa in carico descritti all'interno della 175, quindi l'omogeneità della cura su tutto il territorio, la distribuzione dei farmaci in modo appunto omogeneo, non potrebbe avere quella efficacia perché mancano i decreti attuativi", aggiunge.

Informare, educare e comunicare: tre parole chiave per i pazienti, i medici e le istituzioni

Ma a fare la loro parte devono essere anche i pazienti stessi. "Uno dei messaggi che lanciamo in tutte le nostre campagne di sensibilizzazione è quello della consapevolezza: il paziente deve essere consapevole della malattia, ma anche che i momenti di gravità passeranno perché finalmente c'è un farmaco che lo può aiutare", dice Corazza. Informazione, educazione e comunicazione sono le tre parole chiave che servono tanto ai pazienti, quanto ai medici e alle istituzioni. "Abbiamo una classe di medici dei centri d'eccellenza che già sa, altri che però sanno di meno e che quindi vanno informati per evitare i ritardi diagnostici e terapeutici", dice Ciancaleoni Bartoli. "Informare e in parte educare significa anche spiegare ai pazienti e ai clinici l'importanza dell'inclusione, in considerazione della delicatezza anche psicologica della condizione del paziente. Infine comunicare a chi di dovere che è urgente mettere in campo azioni e politiche che rendano effettivamente disponibili le terapie in tutte le Regioni e che la GPP entri nel Piano delle Cronicità", conclude.

di Valentina Arcovio

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