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Il tema delle cure di fine vita assume un ruolo sempre più centrale nei paesi OCSE, soprattutto a causa dell’invecchiamento demografico e dell’aumento delle patologie croniche. Secondo il recente rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel 2019, circa 7 milioni di persone in tutto il mondo avrebbero tratto beneficio da cure di fine vita più adeguate e mirate. Tuttavia, le preferenze degli individui riguardo al luogo e alla qualità delle cure sono ancora scarsamente rispettate, in gran parte a causa di limiti strutturali e organizzativi dei sistemi sanitari. Un cambiamento demografico che richiede nuove strategie di cura L’invecchiamento della popolazione rappresenta una sfida urgente per i sistemi sanitari. Dal 1960 al 2021, la percentuale di persone sopra i 65 anni è raddoppiata, passando dal 9% al 18%, e si prevede che raggiungerà il 27% entro il 2050. L’OCSE sottolinea la necessità di un approccio multidimensionale per garantire a tutti un’assistenza di fine vita dignitosa e rispettosa delle preferenze individuali. Il quadro proposto si basa su cinque pilastri: accessibilità, centralità della persona, alta qualità, finanziamento adeguato e politiche basate su evidenze scientifiche. Questo approccio ha l’obiettivo di rendere il sistema di fine vita più reattivo e allineato ai bisogni e ai desideri delle persone. La preferenza per morire a casa: un desiderio spesso non realizzato La maggior parte delle persone preferisce morire a casa, ma i dati OCSE mostrano che più del 50% dei decessi avviene ancora negli ospedali. Tra i paesi OCSE, solo nei Paesi Bassi, in Norvegia e in Svizzera il numero di morti in ospedale scende a circa un terzo del totale, grazie al ruolo prominente delle strutture di assistenza a lungo termine e degli hospice. Al contrario, in paesi come il Giappone e la Corea del Sud, oltre il 65% delle morti avviene in ambiente ospedaliero. Questo riflette una distribuzione ancora inadeguata dei servizi di fine vita nei contesti extraospedalieri, come l’assistenza domiciliare e le strutture di lungodegenza. La mancanza di risorse per le cure a domicilio Un’analisi OCSE mostra che la spesa pubblica per le cure palliative domiciliari è significativamente inferiore rispetto a quella ospedaliera, limitando la possibilità di realizzare il desiderio di molti di morire a casa. In nessuno dei paesi OCSE la disponibilità di team di cure palliative domiciliari raggiunge la soglia raccomandata di 1 team ogni 100.000 abitanti. Questo squilibrio comporta non solo un aumento dei decessi in ospedale, ma anche un carico emotivo e finanziario per le famiglie che desiderano accompagnare i propri cari in un ambiente domestico. L’importanza del supporto familiare nelle cure a domicilio Il supporto dei caregiver familiari è determinante per le cure di fine vita in casa. Studi indicano che le persone che vivono con i propri familiari, in particolare con un coniuge o figli adulti, hanno una maggiore probabilità di morire a casa. Tuttavia, il ruolo dei caregiver familiari comporta anche sfide significative: il loro equilibrio tra vita personale e professionale è spesso difficile, e non di rado devono abbandonare il lavoro o subiscono un deterioramento della loro salute psicofisica. Per rispondere a queste esigenze, l’Unione Europea ha introdotto direttive sul bilanciamento tra lavoro e vita privata, concedendo almeno cinque giorni di permesso retribuito per chi assiste un familiare. Molti paesi OCSE, tuttavia, non offrono ancora servizi di supporto strutturato, come il counselling e la formazione per i caregiver. Come il finanziamento influenza il luogo di morte Il rapporto evidenzia che una maggiore spesa pubblica per le cure a domicilio è associata a un aumento delle morti in casa. Nei paesi in cui più del 2% del PIL è destinato all’assistenza a lungo termine, come Belgio, Paesi Bassi e Svezia, le persone hanno una maggiore probabilità di ricevere assistenza in un contesto domestico, riducendo i decessi in ospedale. Al contrario, in paesi dove il finanziamento pubblico per le cure a domicilio è inferiore all’1% del PIL, come Grecia e Croazia, le persone si affidano prevalentemente all’assistenza ospedaliera, spesso in contrasto con le proprie preferenze. Le cure palliative per una fine vita di qualità L’accesso alle cure palliative è un altro elemento cruciale. Le cure palliative mirano a gestire il dolore e offrire supporto emotivo e sociale sia al paziente sia ai familiari. Secondo l’OCSE, meno del 40% delle persone che necessitano di cure palliative riceve questi servizi, e molti pazienti trascorrono i loro ultimi giorni tra ricoveri d’urgenza, spesso non pianificati, che potrebbero essere evitati con un’assistenza domiciliare adeguata. I dati mostrano che l’assenza di un’assistenza continuativa induce frequenti accessi ospedalieri negli ultimi 30 giorni di vita, con percentuali che variano dallo 0% in Svizzera a oltre il 70% in Danimarca. Politiche per supportare la scelta sul luogo di fine vita Il rapporto OCSE propone politiche specifiche per consentire alle persone di morire nel luogo che preferiscono, migliorando l’accessibilità e la qualità delle cure di fine vita. Tra le raccomandazioni principali emergono: Verso una Cultura delle Cure di Fine Vita Più Rispondente ai Bisogni Il documento OCSE sottolinea che un sistema di cure di fine vita ben finanziato e accessibile non è solo una questione di salute pubblica, ma rappresenta un modo per rispettare la dignità umana e le scelte personali. Riorganizzare le risorse e migliorare l’accesso ai servizi può aiutare le persone a ricevere cure di fine vita nel rispetto delle proprie volontà, offrendo supporto tanto al paziente quanto alla rete familiare. La transizione verso un sistema di cure di fine vita centrato sulla persona richiede investimenti mirati e una visione politica orientata a soddisfare le preferenze delle persone, riducendo così il divario tra ciò che desiderano e ciò che viene loro offerto. In Italia oltre il 50% dei decessi avviene in ospedale: servono più investimenti per le cure palliative domiciliari In Italia, oltre il 50% dei decessi avviene ancora in ospedale, mentre la percentuale di persone che riescono a realizzare il proprio desiderio di morire a casa resta esigua. Questa discrepanza evidenzia un sistema che necessita di maggiori investimenti in cure palliative domiciliari e risorse di supporto. Uno dei principali ostacoli alla realizzazione delle preferenze dei pazienti è la scarsità di risorse destinate alle cure palliative domiciliari. In Italia, così come in molti paesi OCSE, la spesa sanitaria è ancora fortemente orientata verso le cure ospedaliere. Secondo i dati OCSE, tra il 32% e il 67% della spesa per le cure di fine vita è destinata all’assistenza ospedaliera. Nonostante le raccomandazioni europee, che suggeriscono un team di cure palliative ogni 100.000 abitanti, l’Italia e molti altri paesi OCSE non hanno ancora raggiunto questo obiettivo, lasciando molte persone senza il supporto necessario per affrontare il fine vita a casa. In Italia, dove la spesa pubblica per l’assistenza domiciliare è inferiore all’1% del PIL, la maggior parte dei pazienti si affida ancora alle strutture ospedaliere per le cure di fine vita. Paesi come i Paesi Bassi, il Belgio e la Svezia, dove oltre il 2% del PIL è destinato all’assistenza domiciliare, mostrano come l’incremento della spesa possa aiutare a rispettare le preferenze dei pazienti, consentendo loro di ricevere cure a casa Un appello per la riforma delle cure di fine vita Il rapporto dell’OCSE rappresenta un appello ai governi per riformare e migliorare le cure di fine vita. Con politiche adeguate, che sostengano tanto le strutture ospedaliere quanto le cure domiciliari e comunitarie, sarà possibile dare risposta ai bisogni di una popolazione che invecchia e migliorare la qualità della vita negli ultimi momenti. L’auspicio è che le raccomandazioni OCSE possano guidare una trasformazione significativa, verso un sistema in cui ogni individuo possa ricevere cure di fine vita nel rispetto dei propri valori e delle proprie scelte personali.
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Giovedì 14 NOVEMBRE 2024
Fine vita. Se morire a casa è spesso un desiderio irrealizzabile. Ocse: “Servono più investimenti in cure palliative e domiciliari”
In un nuovo rapporto l’Organizzazione internazionale mette in luce le sfide e le opportunità per migliorare le cure di fine vita e rispettare le scelte delle persone. “Vi è una distribuzione ancora inadeguata dei servizi di fine vita nei contesti extraospedalieri, come l’assistenza domiciliare e le strutture di lungodegenza”. E sull’Italia: “Oltre il 50% dei decessi avviene ancora in ospedale, mentre la percentuale di persone che riescono a realizzare il proprio desiderio di morire a casa resta esigua”. IL RAPPORTO
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