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Mercoledì 06 NOVEMBRE 2024
Case di Comunità. Onotri (Smi): “Occorre sciogliere i nodi irrisolti”

“Senza introdurre strumenti nuovi, quali il part time oppure la retribuzione delle ore oltre le ore stabilite (straordinario) e l’utilizzo del lavoro agile in modalità di televisita e di telemedicina non sarà possibile far funzionare le Case di Comunità” ha detto il Segretario Generale Smi commentando le dichiarazioni del Ministro Schillaci sull’impiego di 18 ore dei Mmg nelle Case di Comunità

“Le dichiarazioni del Ministro della Salute Orazio Schillaci in merito ad una rivalutazione del ruolo dei medici di famiglia che dovrebbero impegnare 18 ore del loro impegno nelle Case di Comunità pongono degli interrogativi per il lavoro dei medici di famiglia. La medicina generale e in particolare i giovani medici sono investiti da questa riforma strutturale che ne ridefinisce l’assetto organizzativo. Senza introdurre strumenti nuovi, quali il part time oppure la retribuzione delle ore oltre le ore stabilite (straordinario) e l’utilizzo del lavoro agile in modalità di televisita e di telemedicina non sarà possibile far funzionare le Case di Comunità”.

Così Pina Onotri, Segretario Generale dello SMI secondo la quale “Occorre una migliore organizzazione del lavoro con l’abbattimento della burocrazia che pesa sul lavoro dei medici di medicina generale. A tal fine riteniamo non più rinviabile il riconoscimento della televisita che costituisce, pienamente, quel diretto contatto tra il medico - paziente richiedente e dell’ autocertificazione dei primi tre giorni di malattia”.

Per la realizzazione delle Case di Comunità, prosegue Onotri, è necessario “uno studio sulla realtà dei carichi di lavoro della medicina di famiglia (facilmente deducibili dai flussi informativi che mensilmente vengono inviati alle Regioni”.

“Trentotto ore alla settimana sono un miraggio per i medici di medicina generale – ha evidenziato - i pazienti che hanno in carico, soprattutto quelli più fragili, richiedono ben più di 20 ore di attività alla settimana, a meno di non contrarre la nostra disponibilità all’assistenza riducendola alle sole ore di apertura di studio previste contrattualmente. Nelle teoriche restanti 18 ore da svolgere nelle Case di Comunità, quali compiti si assolveranno? Nei confronti di chi verrà svolta questa assistenza aggiuntiva?”

Possiamo pensare a soluzioni diverse, ha suggerito “a partire dall’individuazione di un meccanismo flessibile di equivalenza scelta/ore per cui i medici con un carico assistenziale inferiore al massimale (1500 scelte) possono coprire un debito orario nelle case di comunità, retribuiti in parte a quota oraria e in parte a quota capitaria”.

“Le Case di Comunità – conclude – potranno funzionare solo se si realizzerà una vera inversione di rotta nelle politiche contrattuali per la medicina generale. I milioni di italiani che sono senza medico di famiglia diventeranno molti di più senza nuove risorse per i contratti. Per i medici di medicina generale non è solo una questione di migliori retribuzioni, anche se, va sottolineato, che i medici italiani risultano essere i peggio pagati d’Europa ma anche di maggiori tutele come quelle di usufruire le ferie, ed essere coperti dall’infortunio sul lavoro, fino al diritto per le donne medico di avvalersi dei permessi e delle tutele per la maternità”.

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