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Giovedì 24 OTTOBRE 2024
Gpa. Inutile querelle, ma il Giuramento di Ippocrate va applicato integralmente



Gentile Direttore,
l’approvazione della legge per il reato universale della Maternità Surrogata, anche denominata “utero in affitto”, ha fatto insorgere i medici (FNOMCEO) e i ginecologi italiani della Federazione SIGO (AOGOI, AGUI, AGITE) contro le dichiarazioni della Ministra Roccella che, in una prima intervista televisiva, aveva quasi ingiunto ai medici di segnalare alla Procura i casi sospetti di violazione della neoapprovata legge; ma nella successiva dichiarazione del 22.10.24 raccolta dalla Adnkronos, ha chiarito che “noi non abbiamo mai richiesto un obbligo, ma abbiamo chiesto un senso di responsabilità da parte della classe medica”.

Volendo analizzare con maggior ponderazione la situazione reale e concreta a cui la nuova legge fa riferimento, ossia la fattispecie che la maternità surrogata venga praticata all’estero (perché in Italia è già vietata attraverso la legge 40/2004 sulla PMA), appare impossibile che un medico o, ancor meglio, un ginecologo, in Italia, possa trovarsi nella condizione di assistere una donna in gravidanza che abbia voluto mettere a disposizione di terzi il suo utero. Se lo facesse infatti, in Italia, il medico o il ginecologo sarebbe evidentemente complice in questo reato.

Potrebbe esserci, per lontana ipotesi, il caso di una donna italiana che richieda al suo medico o al ginecologo analisi ed accertamenti per una iperstimolazione dell’ovaio finalizzata alla formazione e al prelievo di più ovociti; questi potrebbero essere destinati ad una fecondazione in vitro e conseguente trasferimento dell’embrione o degli embrioni così prodotti nell’utero di un’altra donna, magari residente all’estero, che presta il suo utero per la gravidanza. Ma gli ovociti potrebbero anche essere soltanto congelati o donati; pertanto il medico o il ginecologo, pur se venisse a conoscenza del progetto ideato dalla donna di realizzare con i suoi ovociti una maternità surrogata fuori dall’Italia, non sarebbe tenuto a fare la segnalazione alla Procura in quanto il reato non è in atto, non c’è ancora la madre surrogata.

L’ipotesi dunque che in Italia un ginecologo possa, di fatto, trovarsi in una situazione che lo coinvolga o lo metta in relazione con una donna “gestante per altri”, fuori dal nostro territorio nazionale, appare davvero impossibile.

Potrebbe invece verificarsi il caso di un pediatra che si prenda cura di un bambino, nato all’estero, con problemi di salute conseguenti alla PMA e alla maternità surrogata, sospetta o dichiarata dai genitori committenti. In questa ipotesi l’art. 365 comma 2 del codice penale consentirebbe al medico di poter omettere il “referto” nei confronti dei genitori-committenti del bambino, facendo prevalere il diritto alla cura del minore che altrimenti verrebbe indirettamente inficiato se gli stessi genitori venissero segnalati alla Procura. Verrebbe infatti compromesso il rapporto di fiducia degli stessi tutori del minore nei confronti del pediatra curante e, di conseguenza, la tutela della salute del cittadino anche minore. Verrebbe meno uno dei principi basilari del Giuramento di Ippocrate, come giustamente evidenziano i medici e i ginecologi italiani nel loro intervento riportato sul QS.

E’ però interessante notare che, sempre gli stessi colleghi ginecologi dimostrino di essere totalmente ossequiosi delle leggi dello Stato, nominando in modo surrettizio, del tutto fuori dal contesto in discussione (la maternità surrogata), la legge N.194/78. Legge che rispetta la libertà di scelta della donna, ma, proprio alla luce del Giuramento di Ippocrate, riconosce anche il diritto del medico e del personale sanitario all’obiezione di coscienza (art.9). Questa palese omissione da parte dei ginecologi italiani rivela un atteggiamento etico di compromesso nei confronti di quelle scelte personali inerenti la vita umana che vengono poi recepite nelle leggi dello Stato come atti di legittima autodeterminazione. In ciò noi medici e ginecologi, in particolare, abbiamo una grande responsabilità nei confronti della cultura e della società.

Se la nostra etica deontologica, che ben si fonda sui principi intramontabili ippocratici, si lascia contaminare da principi utilitaristici ed individualistici, a danno degli esseri umani più deboli ed indifesi, quali i bambini concepiti e non ancora nati, trattati come beni di consumo producibili artificialmente, manipolabili, crioconservabili, commerciabili, selezionabili, scartabili, tradiamo la nobiltà e il valore della nostra professione. E di questo disimpegno etico la società tutta ne subisce le tristi conseguenze: più violenza e disprezzo della vita umana in generale, a tutti i livelli.

Se, per i motivi che abbiamo visto, non è possibile di fatto per noi medici e ginecologi segnalare la violazione della legge contro la maternità surrogata, è invece doveroso impegnare la nostra responsabilità per un’azione educativa delle persone da noi assistite sul rispetto della dignità della donna-madre (non mera incubatrice) e dell’essere umano (il figlio) che ha diritto di venire al mondo nella libertà di un rapporto naturale tra un uomo (il padre) e una donna (la madre).

Dr. Alberto Virgolino
Presidente della Associazione Italiana dei Ginecologi ed Ostetrici Cattolici (AIGOC)

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