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Martedì 08 OTTOBRE 2024
Rna e terapia genica: il futuro della ricerca in Italia

Il Centro nazionale di ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia RNA” illustra i risultati dei primi due anni di studi finanziati dal PNRR e mira ad attrarre nuovi investimenti privati per portare avanti promettenti progetti di ricerca

Il Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo di Terapia Genica e Farmaci con Tecnologia RNA” è entrato nel terzo anno di attività. Finanziato con oltre 320 milioni di euro dal programma NextGeneration EU (PNRR Missione 4 – Istruzione e Ricerca) grazie a una proposta progettuale presentata dall’Università di Padova, il progetto coinvolge 1500 scienziati e ricercatori provenienti da 32 atenei e centri di ricerca, oltre a 14 aziende private. La missione è coordinata dalla Fondazione omonima che funge da HUB. I progetti di ricerca sono organizzati in 10 “Spoke”, di cui 5 verticali dedicati alla ricerca e 5 orizzontali dedicati allo sviluppo tecnologico.

I fondi del PNRR destinati alla ricerca biomedica sono investiti nelle terapie avanzate. Rosario Rizzuto, Presidente del Centro e Professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Padova, spiega: “RNA e terapia genica sono la nuova frontiera dello sviluppo di terapie. Si tratta di piattaforme con ampia applicazione, che permetteranno di creare numerosi farmaci mirati, indispensabili per la medicina di precisione, quella che individua e cura il difetto specifico di ciascun paziente”.
La medicina di precisione interviene direttamente sulle mutazioni genetiche responsabili di una patologia, cambiando la classificazione stessa delle malattie. Ad esempio, non si parla più di “tumore al polmone” in generale, ma di molteplici tipi di tumori polmonari, diversi a seconda della patogenesi della malattia. “Occorrono quindi centinaia di farmaci per patologie che in passato erano considerate un’unica entità. Questi farmaci saranno accessibili a chi deterrà la tecnologia per produrli.”

I farmaci del futuro

Le terapie geniche esistono da decenni e, se inizialmente venivano impiegate solo per curare alcune malattie rare, oggi trovano applicazione in oncologia e stanno crescendo rapidamente. Le terapie a RNA, invece, rappresentano una vera innovazione: “Abbiamo visto la loro efficacia durante la pandemia, quando ci hanno permesso di sviluppare un vaccino in tempi brevissimi”, commenta Rizzuto. Ma l’RNA non è limitato alla vaccinoterapia: “Con l’RNA è possibile sviluppare farmaci diretti contro quasi ogni potenziale bersaglio terapeutico all’interno della cellula. Queste molecole permettono di attivare o silenziare l’espressione di praticamente qualsiasi gene, e quindi di controllare la produzione di proteine.”

Medicina di precisione per le malattie neurodegenerative

Le malattie neurodegenerative sono il campo della medicina che in particolare necessita di innovazione. Ad oggi non esiste alcuna terapia in grado di trattare malattie comuni e mortali come l’Alzheimer (che colpisce circa 600.000 persone in Italia), il Parkinson (250.000), la SLA (6.000), la Corea di Huntington (6.000). “ È sorprendente, perché si tratta di malattie che conosciamo da tempo: il gene responsabile della Corea di Huntington è stato scoperto più di 30 anni fa”, commenta Stefano Gustincich, Direttore del “Central RNA Lab” dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e Direttore del “Centro per la Medicina Personalizzata Preventiva e Predittiva – CMP3VdA” di Aosta, capofila dello Spoke che lavora sulle malattie neurodegenerative. “Il nostro gruppo di lavoro si è posto l’obiettivo – importante e difficile – di introdurre la medicina di precisione nelle malattie neurodegenerative. In quest’ambito siamo indietro di 20 anni rispetto all’oncologia”.

Uno dei fronti della ricerca consiste nel cercare di identificare i diversi tipi di Parkinson esistenti, sequenziando migliaia di genomi. “Dai dati che abbiamo risulta evidente che dovremo sviluppare farmaci diversi in base alle caratteristiche genetiche del paziente”, continua Gustincich.

Le potenzialità dell’Rna

L’RNA è una molecola che agisce da intermediario tra DNA e proteine all’interno della cellula. Oltre agli RNA codificanti, sono stati scoperti molti altri tipi di RNA non codificanti, che svolgono un ruolo cruciale nell’espressione genica. “Abbiamo identificato un vasto assortimento di molecole di RNA: RNA non codificanti, piccoli RNA antisenso, RNA circolari, e altre,” afferma Gustincich. “Gli RNA sono una sorta di scatola degli attrezzi che ci permette di modificare l’espressione genica come desideriamo.”
Lo Spoke 3 si concentra proprio su questo, lavorando per inibire la produzione di proteine tossiche e aumentare quella di proteine protettive.

Un esempio di progresso in questo campo è l’utilizzo di RNA non codificanti chiamati SINEUP, isolati nel laboratorio di Gustincich: “Grazie a questi RNA siamo in grado di aumentare l’espressione dei geni che ci interessano,” afferma. I ricercatori stanno applicando questo approccio, ad esempio, per trattare la retinite pigmentosa e per potenziare i geni protettivi in modelli di Parkinson.

Nuovo slancio alle terapie geniche

Sul fronte delle terapie geniche è invece attivo lo Spoke 10, diretto da Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Professore Ordinario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “Abbiamo il compito di sviluppare questi approcci terapeutici traendo beneficio dalla sinergia delle attività dei gruppi già attivi nel Paese in questo ambito, in particolare l’ospedale pediatrico Bambin Gesù, il San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy e la Fondazione Tettamanti. L’obiettivo è di portare innovazione terapeutica al letto del malato, rispondendo a bisogni clinici a oggi non soddisfatti”, dice Locatelli. “Stiamo traendo beneficio da quello che definisco un Piano Marshall della ricerca. Tutta questa disponibilità economica ci offre la possibilità di dare uno slancio importante alla ricerca sulle terapie geniche”.

Locatelli si occupa in particolare di terapie Car-T, i farmaci viventi prodotti modificando i linfociti T dei pazienti affetti da tumore, per renderli più efficaci nella battaglia contro il cancro. Ad oggi esistono Car-T approvate per la leucemia linfoblastica acuta a cellule B, per diversi tipi di linfoma e per il mieloma multiplo.
Al Bambino Gesù i ricercatori stanno sperimentando l’uso di nuove Car-T per altre patologie. Hanno per esempio messo a punto delle Car-T per la leucemia linfoblastica acuta a cellule T. “Finora la malattia non era curabile con le Car-T, perché non disponevamo di bersagli specifici delle cellule leucemiche, quindi nel tentativo di colpire le cellule T tumorali, le Car-T (che pure sono linfociti T), si uccidevano tra di loro”, spiega Locatelli. Modificando l’espressione genica delle Car-T, i ricercatori sono riusciti a evitare questo fratricidio, con risultati positivi nei primi pazienti su cui la terapia è stata testata, come attesta uno studio pubblicato da Nature Medicine.

Sono inoltre in corso studi per usare le Car-T contro i tumori solidi e per curare le malattie autoimmuni, come il lupus. Locatelli ha anche condotto la sperimentazione su exagamglogene autotemcel, la prima terapia genica che sfrutta la tecnica CrispR-Cas-9, per trattare anemia falciforme e beta-talassemia.

Medicina di precisione e meccanismi fisiopatologici comuni

Le terapie geniche consentono di agire su due fronti. Da un lato c’è la medicina di precisione che, come accennato precedentemente, consiste nel colpire le molecole alla base della malattia. Dall’altro ci sono i meccanismi comuni a diverse patologie, come l’infiammazione, che possono essere studiati e su cui si può agire con farmaci innovativi. Per questa ragione il Centro “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia RNA” studia anche fenomeni come l’invecchiamento cellulare e l’autofagia, alla ricerca di bersagli terapeutici. “Prendiamo l’esempio dell’Alzheimer – propone Rizzuto. È chiaro che alla base della malattia ci sono delle modificazioni genetiche e specifici processi patologici. D’altra parte c’è anche un processo infiammatorio che rende fragili i neuroni”.

Per comprendere meglio l’infiammazione i ricercatori stanno studiando i mitocondri, gli organuli che producono energia in ogni cellula. “Abbiamo scoperto il ruolo dei mitocondri in processi differenti dalla loro nota funzione che è quella di dare energia ai processi biologici”, spiega Rizzuto. “Oggi sappiamo che comunicando con il resto della cellula i mitocondri regolano anche i diversi meccanismi di morte cellulare e l’infiammazione. L’aumento dello ione calcio nei mitocondri è un forte stimolo infiammatorio e quindi il canale che trasporta il calcio può essere un bersaglio nuovo, inaspettato ed efficace per i farmaci a Rna che mirano a curare tutte quelle malattie in cui l’infiammazione svolge un ruolo centrale. Parliamo, ad esempio, di colite ulcerosa, celiachia, morbo di Crohn, asma bronchiale, broncopneumopatia cronica ostruttiva e fibrosi polmonare, artriti di diversa eziologia, arteriosclerosi”.

È possibile rendere l’innovazione accessibile a tutti?

Le ricerche citate sono solo alcuni esempi del lavoro svolto nell’ambito della componente dedicata alla ricerca biomedica della Missione 4 del PNRR. Il progetto si concluderà a fine ottobre 2025, ma i ricercatori coinvolti porteranno avanti i loro progetti, grazie alle partnership già esistenti e cercando nuove collaborazioni.

Oltre alla ricerca di nuovi finanziamenti lo sviluppo di terapie avanzate richiederà di far fronte ad altre sfide: l’accessibilità e la sostenibilità delle terapie e la messa a punto, a livello europeo, di una regolamentazione ad hoc per le terapie innovative.
“Abbiamo naturalmente l’ambizione di garantire accessibilità e sostenibilità dei farmaci che stiamo sviluppando”, dice Locatelli. “Se le Car-T venissero impiegate anche nella cura di tumori solidi comuni, ai prezzi attuali, potrebbero non essere sostenibili. Dovremmo trovare il modo di evitare disuguaglianze socioeconomiche di accesso ai farmaci, in Italia e non solo. Il 75% dei neonati con anemia falciforme si trova in Africa, dovremo porci il problema di accesso alle terapie anche per loro”.

Perché questi farmaci diventino di uso comune l’Unione Europea dovrà anche riuscire a trovare una regolamentazione specifica per le terapie geniche e i farmaci a Rna. “In questo processo le aziende possono aiutarci molto”, commenta il Prof. Paolo Ciana, dell’Università degli Studi di Milano che dirige i lavori dello Spoke 9, il Centro di Competenza su Farmacologia, Sicurezza e Normativa. Le caratteristiche di produzione e di somministrazione delle terapie avanzate sono diverse rispetto a quelle delle small molecule o dei farmaci biologici. Per questo necessitano di un trattamento a parte. “Questo aspetto è fondamentale: per arrivare alla clinica i farmaci devono essere classificati in modo corretto e devono esistere delle strade precise da percorrere dal punto di vista regolatorio. Siamo solo agli inizi, ma ci stiamo lavorando”.

Oh, B.L.Z., Shimasaki, N., Coustan-Smith, E. et al. Fratricide-resistant CD7-CAR T cells in T-ALL. Nat Med (2024). https://doi.org/10.1038/s41591-024-03228-8

Camilla de Fazio

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