quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 07 OTTOBRE 2024
Quando la salute diventa una merce



Gentile direttore,
non so se converrà con me che, su cosa stia succedendo in questo nostro paese in merito alla questione dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab, non ci si capisce gran ché. Forse persone più esperte ed informate del sottoscritto potrebbero offrire, anche su Quotidiano sanità, una qualche delucidazione. Oppure la confusione è tale che è meglio sorvolare?

Siamo infatti alle soglie del periodo autunnale – invernale che comporterebbe, in base all’esperienza passata, secondo la Società di pediatria, oltre a un notevole affollamento dei pronto soccorsi, qualcosa come 15.000 ricoveri, 3.000 ricoveri in terapia intensiva e 16 decessi di bambini per bronchiolite.

L’anno scorso è stato approvato dall’EMA l’anticorpo monoclonale Nirsevimab ed il farmaco è già stato utilizzato da alcune nazioni, fra cui Francia e Spagna.

L’Aifa su richiesta del produttore Sanofi ha inserito il farmaco in fascia C ed è stato registrato al prezzo di 1.150,00 €, prescrivibile da centri ospedalieri o da specialisti: pediatra, neonatologo, cardiologo, pneumologo, infettivologo, cardiochirurgo, allergologo, igienista. La trattativa per una diffusione della somministrazione si avvia ormai fra singole Regioni e Sanofi concordando un prezzo di 230 – 250 €, analogo a quello che è stato praticato in Spagna, sulla base di quanto reso pubblico da alcune Comunità iberiche. Le Regioni possono infatti acquistarlo, potendo erogare prestazioni extra-Lea, purché a carico dei loro bilanci regionali e fuori dalle risorse del riparto FSN: il tutto come indicato dal d.lgs 118/2011 di perimetrazione dei bilanci della sanità.

Tale possibilità non è attribuita alle Regioni in piano di rientro, come ha ricordato la nota Circolare del Ministero, di cui abbiamo già trattato, sollevando così il coperchio su questa situazione, su questa evidente disuguaglianza, peraltro analoga - lo osservo senza alcun cinismo – alle, ormai numerose, esistenti in sanità. Ma nel caso specifico ha suscitato un notevole scalpore solo perché si tratta, in questo caso, di una cosa evidente, improvvisa, e per lo più sui bambini!

Ora cosa succede? Ogni Regione che non è in piano di rientro fa da sé, sperando che il Governo provveda a risanare il bilancio con un provvedimento ad hoc per tale “campagna para – vaccinale”? Oppure si attende che l’Aifa lo classifichi in fascia A, sempre che ciò avvenga? Ad esempio la Regione Toscana, come si apprende dall’intervista al presidente onorario della Federazione toscana dei pediatri (La Nazione 29/9/2024), ha stanziato tre milioni di euro e si avvia a somministrare il farmaco a seimila bambini iniziando dal 1° novembre per i nati 1° aprile – 30 settembre 2024; successivamente l’anticorpo verrà somministrato in maternità ai neonati, prima delle dimissioni. Ottima iniziativa? Può darsi, ma le altre Regioni che fanno? Esite una indicazione nazionale? Una linea guida dell’Istituto superiore di sanità in collaborazione delle società scientifiche?

Nel frattempo si apprende, dal Sottosegretario di Stato all’Interno Wanda Ferro, nella sua risposta all’interpellanza dell’onorevole Gilda Sportiello, che il Ministero ha richiesto all’Aifa di collocare il monoclonale in fascia A ma, se ciò non fosse tempestivamente possibile, il Governo intende avviare un programma pilota per rendere il farmaco disponibile. Parole misteriose! Disponibile per chi? Per quali corti di nascita? Per quali fasce di età? Anche ai bambini più grandi se affetti da alcune specifiche patologie?

E qui si apre un ulteriore scenario, che ha due aspetti: 1. Esiste questo farmaco? Non ovviamente in termini assoluti, dato che è stato approvato da EMA e Aifa e già utilizzato, ma in relazione alla disponibilità per somministrarlo. 2. A chi somministrare il monoclonale e in che tempi?

Ad esempio il Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti indica (Agosto 2023) che il Nirsevimab dovrebbe essere somministrato poco prima dell'inizio della stagione RSV ai neonati di età inferiore agli 8 mesi e a neonati e bambini di età compresa tra 8 e 19 mesi che sono ad aumentato rischio di insorgenza di una grave malattia da RSV: bambini con malattia polmonare cronica della prematurità che necessitavano di supporto medico (corticosteroidi cronici, terapia diuretica o ossigeno supplementare); con grave immuno compromissione; affetti da fibrosi cistica.

E in Italia che indicazioni diamo?

Intanto esce fuori una nota del professor Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2024 ) con cui si afferma che nei bambini sani “il farmaco ha mostrato un modesto effetto in termini di riduzione del rischio di ospedalizzazione” e che pertanto “sebbene il farmaco possa rappresentare un utile strumento preventivo in soggetti affetti da patologie concomitanti o con fattori di rischio, occorrerebbe valutare con attenzione se il basso livello di rischio dei bambini sani giustifichi adeguatamente il ricorso ‘a tappeto’ a un trattamento che, per quanto sulla base degli studi clinici appaia sufficientemente sicuro, non può essere ovviamente considerato del tutto privo di rischi”. Senza sottoscrivere o dissentire dalle riflessioni del presidente dell’ISS, queste indicazioni sarebbero quantomeno utili per definire le priorità, in ragione dei costi ma, fondamentalmente, della eventuale disponibilità del farmaco.

E veniamo così all’altro quesito: ma il farmaco è disponibile? E in che misura? Per quale campagna di prevenzione in termini di tempistica, fasce di età, popolazione con rischi di insorgenza e di complicanze? E qui c’è l’imprevedibile (?) carenza di farmaco per una campagna a tappeto, qualora si ritenesse utile e da attuare nei tempi brevi.

Questa carenza si configura come un evento improvviso e imprevedibile. Si tratta di quegli eventi imprevedibili solo in una commedia all’italiana, cioè in un film comico – satirico di matrice neorealista. Infatti tale ridotta disponibilità era ovvia, prevedibile e nota anche da quanto occorso in altri paesi e perfino negli Stati Uniti, come si apprende cliccando sul sito del CDC di Atlanta, anche per la campagna di somministrazione 2023 – 2024; il documento infatti titola: “Limited Availability of Nirsevimab in the United States”!

In Italia l’azienda produttrice ci comunica che: “ …non è nelle condizioni di rispondere alle procedure pubbliche di acquisto regionali in atto e a quelle che potranno essere indette nelle prossime settimane, [ma che riserverà] al Paese dosi utili a garantire circa il 75% della copertura dell'intera coorte nazionale di nascite, basandosi sui dati scientifici di efficacia e di impatto epidemiologico”.

E qui, per concludere, è estremamente interessante il capovolgimento delle funzioni di valutazione dei dati di efficacia, di impatto epidemiologico, di individuazione della popolazione a cui somministrare il farmaco e dei livelli di copertura che si intende raggiungere. La proposta – e in definitiva la decisione (come avverrà) - non è più prerogativa del Servizio sanitario nazionale, ma del produttore. Si tratta, in sostanza, di una inversione anche delle stesse “leggi di mercato” fra domanda e offerta. Questa storia ci fa intravedere come possa essere l’offerta che configura si la norma/direttiva che la domanda (in un mercato asimmetrico quale quello sanitario con un “terzo” intermediario – acquirente), perfino nei programmi di prevenzione, che sono (sarebbero) propri della Sanità pubblica.

Vi sono poi anche le citate “procedure di acquisto regionali in atto”, di cui la Sanofi ci informa, conseguenza del decentramento dei servizi sanitari. Un cavallo di battaglia della Banca Mondiale fin dal 1987 con il suo Structural adijstment per i paesi indebitati! Un evidente asset per imprese e i capitali finanziari. In una situazione di limitata disponibilità e con una frammentazione degli acquirenti - che si concretizzerà definitivamente e diffusamente con l’Autonomia differenziata - si potrebbe suggerire una più suggestiva procedura, specie in caso di carenza: mettere in vendita i farmaci, attraverso un’asta fra le Regioni, che premi così il migliore offerente, a sancire definitivamente che la salute è una merce.


Marco Geddes De Filicaia

© RIPRODUZIONE RISERVATA