quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 03 OTTOBRE 2024
Il controllo della sofferenza riguarda ogni essere umano e dovrebbe essere attuato in ogni luogo di cura  



Gentile Direttore,
la sofferenza non controllata è intollerabile per chiunque, senza differenze di ceto sociale, di cultura, di convinzione politica o religione. Il suo controllo è davvero un bene primario, infatti la sofferenza può divenire totalizzante e rendere irrilevante qualsiasi altra cosa.

Ben ha fatto recentemente il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) a ricordare che, anche in “un contesto di risorse scarse”, il controllo del soffrire non dovrebbe essere mai disatteso. Ciò viene detto ad oltre 14 anni dalla legge quadro sul dolore, legge 38/2010, rendendo evidente purtroppo, al di là di esempi virtuosi, la sua ancor limitata efficacia, in termini di ricadute concrete sull’intero territorio nazionale.

Il tema maggiormente disatteso dalle applicazioni normative di tale legge sulle Cure Palliative, resta ancora il nodo ospedaliero, che venne “dimenticato” dal Regolamento degli standard ospedalieri (DM 70/2015) e non ripristinato concretamente, per assenza di decreti applicativi, neanche dai LEA del 2017, i quali pur stabilivano che dovesse essere garantita la presenza di cure del soffrire durante i ricoveri ordinari. Nemmeno l’introduzione di una postilla nel Regolamento degli Standard Territoriali, DM77 del 2022, che richiedeva di occuparsi anche della sofferenza all’interno dei Nosocomi agli enti operanti sul territorio (notoriamente spesso già carenti in tale ambito), è riuscita ovviamente a sanare questo vulnus. Anche gli ambulatori di terapia del dolore cronico sono rimasti ridotti ad un lumicino, di fatto non censibili neanche dalle relazioni al parlamento (ultima delle quali risale al 2019, pag 46).

Certamente la sofferenza non è peculiarità del fine vita, ma è una triste compagna di viaggio di molte malattie (solo in parte oncologiche), che possono esserne gravate anche per molti anni; perciò le Cure Palliative e la Terapia del Dolore dovrebbero essere presenti nei luoghi ove esse si trattano, precipuamente negli ospedali e poi in tutti i setting di cura. Essenziali sono le Cure Palliative domiciliari e gli Hospice volti alle ultime fasi di vita, settori discretamente sviluppati almeno in parecchie parti del paese; ma l’ambito del soffrire è purtroppo molto più ampio e prolungato nel corso della vita, risulta quindi fondamentale implementare anche i servizi che si occupano del controllo di quelle sofferenze di lunga durata, che sarebbero evitabili.

Si auspica che i legislatori, ormai dopo l’estate in piena attività, non si dividano almeno su tale tematica. Si dovrebbe prendere atto, in verità, che quanto fatto sinora non si è mostrato sufficiente, viste le carenze asseverate dai già citati richiami ineludibili del CNB; occorre saper imboccare una strada innovativa, superando anche rendite di posizione.

Per essere davvero efficaci, viste le gravi carenze di personale, ora più che mai è importante l'unità, od almeno la sinergia, fra tutti coloro che si occupano di sofferenza, anche laddove magari sono già presenti servizi piccoli e divisi fra cure palliative e terapia del dolore, oppure ve sia solo uno dei due, che in tal caso dovrebbe poter ampliare il proprio raggio di azione; ovvero con la creazione di un unico servizio dedicato laddove del tutto assente (affinché in ogni nosocomio vi siano sanitari dedicati).

Sicuramente le carenze del SSN sono evidenti e numerose, ma la sofferenza è la prima cosa direttamente percepita dal malato. Basterebbero piccoli investimenti volti al miglior controllo del patire per determinare grandi miglioramenti nella qualità di vita, ma anche immediati risparmi per riduzione di accessi di PS e di ricoveri inutili generati dal soffrire non controllato.

In questi periodi si parla molto di più del diritto al suicidio assistito, ma non va scordato che la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 che lo ha consentito, evidenziava però la prioritaria necessità di garantire adeguate cure della sofferenza. Infatti la presenza di gravi patimenti toglie al malato la vera libertà nelle proprie scelte esistenziali (essendo di per sé indesiderabile la prosecuzione di una vita afflitta da gravi sofferenze non controllate).

La carenza di personale rende fondamentale anche il tema della formazione adeguata ed attrattiva. Proprio le recentissime scuole di specialità di Cure Palliative, quest’anno sarebbero purtroppo ancor più disattese degli anni passati. Sono segnali che andrebbero colti e che paiono indicare la necessità di ampliare il campo di azione e quindi di appetibilità della specialità stessa per i giovani (magari introducendo competenze di terapia del dolore anche invasiva …..o aprendola ad equipollenze …) .

Si auspica che prevalga un approccio pragmatico e non ideologico, capace di colmare i gravi vulnus che sta patendo la necessità di ottenere il diffuso controllo del patire …. (che certo è un bene comune).

Marco Ceresa
Medico

© RIPRODUZIONE RISERVATA