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Mercoledì 07 AGOSTO 2024
La riforma dell’assistenza territoriale che verrà

È necessario che il Ministro della Salute, insieme ad Agenas, alla Conferenza delle Regioni e ai Sindaci risolvano i ‘nodi’ irrisolti. Il rischio è che la riforma fallisca ed oltre ai debiti accumulati con il Pnrr,  i pronto soccorso saranno sempre intasati, i Cittadini con le liste di attesa continueranno ad ‘aspettare Godot’, resteranno una chimera le Case di Comunità come principale punto di accesso alle cure primarie e si continuerà ad avere tanti sistemi sanitari quante sono le Regioni

A che punto sono le Case di Comunità previste nel DM 77 e verso quale direzione si sta andando? Nel 2020 avevamo, sulla carta, dichiarate 493 Case di Comunità (o della salute) attive nelle Regioni (Non da criteri del DM77).

Nel 2020 il DM77 prevedeva di attivare al 2026, 1430 "Case di Comunità" di cui 309 da edificare e 1121 da ristrutturare. A Dicembre 2023 il Governo rimodula il finanziamento con l'UE riprogrammando le "Case di Comunità" da 1430 a 1038 con una differenza di 392 strutture in meno.

A Dicembre 2023, le Regioni hanno dichiarato 187 "Case di Comunità" funzionalmente attive secondo criteri del DM 77 (Emilia 43,Lombardia 92,Piemonte 38,Molise 6 ,Toscana 6,Umbria 2). Vorremmo sottolineare che solo su 102 delle 187 Case è presente il Medico di Medicina Generale (MMG) e solo in 53 su 187 è presente il Pediatra di libera scelta (PLS).

A questo si aggiunge che, delle 187 Case attive solo in 35 viene garantita l'assistenza H24 ed in 64 Case, delle 187, il servizio viene garantito per meno di 12 ore in 6 giorni su 7.

È bene ricordare che il DM 77 è il ‘regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, una riforma molto importante che per la prima volta definisce degli standard per l’assistenza territoriale che dovrebbero essere uguali per tutti e con l’obiettivo di colmare tutte le carenze e deficienze che hanno segnato una lunga fase di difficoltà dell’assistenza territoriale. La riforma introduce nuovi modelli organizzativi ed assistenziali come la ‘Casa della Comunità’ che diventa il principale accesso alle cure primarie.

Tra le tante difficoltà di attuazione che i numeri cominciano, impietosamente, a fare emergere registriamo anche costose bizzarrie come l’insensatezza di spendere, ‘obbligatoriamente’ i soldi del PNRR (che vogliamo ricordare sono a ‘debito’ per il Paese) con la costruzione di diverse Case della Comunità (spese da 2,5 a 4 milioni di euro) in paesini di poco più di 1.000 anime mentre non veniva prevista la Casa di Comunità in un capoluogo come Ragusa con 73.000 abitanti, malgrado la normativa preveda una casa di comunità Hub ogni 40.000-50.000 abitanti.

È attorno alla buona o cattiva riuscita dell’attuazione del ‘Regolamento’ che il Paese si gioca lo sviluppo, la riorganizzazione e il rilancio dell’assistenza territoriale. Dai crudi numeri espressi in premessa si evincono alcune considerazioni che non lasciano sereni e che sono motivo di preoccupazione ma, soprattutto, di riflessione costruttiva.

La prima constatazione è che si sta andando in direzione opposta alla riforma in merito all’uniformità del modello e standard dell’assistenza territoriale e quindi assistiamo ancora a 21 Sistemi Sanitari regionali diversi ed ogni Regione ha deliberato in autonomia le modalità di assistenza per singola Casa di Comunità non considerando affatto alcuni indicatori come la presa in carico dei pazienti , i bisogni di salute che la stessa normativa pone in premessa dello ‘sviluppo dell’assistenza territoriale ‘ allorquando prescrive la stratificazione della popolazione finalizzata alla programmazione e alla presa in carico, la medicina di popolazione, la sanità di iniziativa, il progetto di salute, ecc.

Nell’attuale processo quale ruolo stanno svolgendo i ‘Distretti’? Distretti che dovevano svolgere una funzione di ‘garanzia’ attraverso la valutazione dei bisogni di salute, priorità e programmazione?

Altra, fondamentale, considerazione è che si è, ulteriormente, aggravata la prima delle ‘leggerezze’ o ‘dimenticanza’ o ‘noncuranza’ che è quella relativa alla presenza e al ruolo dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di libera scelta.

Questo è un nodo essenziale per la buona riuscita delle Case di Comunità in maniera uniforme per tutto il territorio Nazionale. Allo stato attuale solo il 18 % delle case in funzione garantiscono una assistenza h24 e con la presenza dei Medici garantita, prevalentemente, dai Medici non strutturati delle guardie Mediche.

Un problema, quello dei MMG, che per svariate ragioni ab origine la normativa non ha risolto. I MMG e i PLS in ‘associazione’ tra di loro, nelle Aggregazioni Funzionali Territoriali, sono elementi essenziali per una efficace attuazione e sviluppo dell’assistenza territoriale. In alcuni territori, v. Marche, dal basso sono nate esperienze in cui le associazioni di Medici oltre a svolgere il loro ruolo si sono presi in carico degli Ospedali di Comunità.

Attualmente sono le Regioni del Nord Italia che hanno dichiarato più Case di Comunità questo segna un ulteriore divario nell’equità di accesso alle cure rispetto alle Regioni del Sud?

In questa situazione, purtroppo, frastagliata e quindi in una chiara eterogenesi dei fini della riforma, nel corso di questi anni si sono aggiunti ulteriori players (privati) come Enpam , Farmacia dei Servizi, Cooperative, Assicurazioni che potrebbero influenzare la messa a terra delle Case di Comunità pubbliche e la presa in carico dei pazienti. Come influiranno questi nuovi soggetti con le loro Case di Comunità, i MMG e PlS, effettuando tutti gli esami diagnostici di primo livello, rispetto alle Case di Comunità previste e finanziate da PNRR che dovrebbero funzionare a pieno regime entro il 2026?

Il privato potrebbe accreditarsi con il servizio pubblico per l'assistenza sanitaria territoriale per poter accedere alle più ‘celeri’ e/o ‘migliori’ cure a costi maggiori?

È necessario che il Ministro della Salute che è un esperto ‘addetto ai lavori’, insieme ad Agenas, alla Conferenza delle Regioni, ai Sindaci ognuno per gli ambiti di competenza ed in maniera sinergica, risolvano i ‘nodi’ ad oggi irrisolti e vadano, tutti, nella stessa direzione, altrimenti, il rischio è che la riforma fallisca ed oltre ai debiti accumulati con il PNRR, i pronto soccorso saranno sempre intasati malgrado i codici rossi siano meno del 5%, i Cittadini con le liste di attesa continueranno ad ‘aspettare Godot’, resteranno una chimera le Case di Comunità come principale punto di accesso alle cure primarie e la ‘casa come principale luogo di cura’ e si continuerà ad avere, nella migliore delle ipotesi, tanti sistemi sanitari quante sono le Regioni.

Giovanni Iacono
Presidente Centro Studi Ipazia

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