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Martedì 23 LUGLIO 2024
La Sardegna potrà incrementare la spesa per le prestazioni sanitarie anche oltre i limiti imposti dalle leggi nazionali. La Consulta boccia il ricorso del Governo

La Regione autonoma Sardegna, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e ridurre i tempi di attesa, aveva autorizzato l’incremento della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie eccedendo i limiti previsti dalla normativa nazionale. Nel caso di specie, i tetti di spesa non si utilizzano per la Regione autonoma Sardegna che provvede integralmente al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. LA SENTENZA

La Corte costituzionale con la sentenza n. 141 ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 56 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2023 e dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 21 del 2023, sollevate dal Governo. Con tali disposizioni la Regione autonoma Sardegna, al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e ridurre i tempi di attesa, ha autorizzato l’incremento della spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie eccedendo i limiti previsti dalla normativa nazionale.

Le disposizioni sono state ritenute costituzionalmente legittime. Difatti, con riguardo ai vincoli di finanza pubblica recati dalla legislazione statale, seppure la Corte sia costante nel ritenere che essi si applicano, di regola, anche ai soggetti ad autonomia speciale e che i tetti di spesa costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, nel caso di specie, non si utilizzano per la Regione autonoma Sardegna che provvede integralmente al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

Il finanziamento integrale degli oneri del servizio sanitario regionale a carico del bilancio sardo e l’assenza di condizioni che possano far ritenere di non poter applicare il predetto principio (ossia la sottoposizione a un piano di rientro dal disavanzo finanziario in materia sanitaria o la compromissione dei livelli essenziali delle prestazioni) comporta che lo Stato non possa intervenire con norme di coordinamento finanziario che incidano sulla competenza regionale nella allocazione della spesa sanitaria.

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