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Giovedì 18 LUGLIO 2024
Autonomia o centralismo. Le contraddizioni emerse col Dl Liste d’attesa

L’esito ha fornito una prova delle Regioni in tema di convincimento crescente della loro autonomia, che potrebbe trovarle d’accordo ad assumere anche competenze differenziate in materia, estese ai principi fondamentali sino ad oggi espressi dallo Stato.

Questa Rivista ha affrontato più volte il dramma delle liste di attesa e dei disagi enormi che stanno provocando alla salute pubblica attraverso la assistenza negata alla gran parte della Nazione. Del tutto, nel Mezzogiorno.

Si è occupata da subito (29 maggio scorso) dell’allora bozza dei provvedimenti governativi (un DL e un DDL) entrambi funzionali ad intervenire energicamente sul problema delle liste di attesa (perenne). Ne ha seguito l’iter entrando nei contenuti (10 giugno scorso) sino ad arrivare alla pubblicazione del testo definitivo del Ddl che comincerà ad essere esaminato in Senato.

In mezzo a tutto questo, un evento. Un fatto che porta a pensare e ripensare sui convincimenti del Governo e delle Regioni (rosse) in materia di autonomia legislativa regionale.

Terreno di guerra: la Conferenza Stato-Regioni con all’esame del Ddl n. 1161, licenziato dal Consiglio dei Ministri il 4 giugno scorso. Casus belli: competenza sui controlli di esito delle procedure intraprese.

I due punti di vista istituzionali. Vediamo di analizzarlo con cura, nella sua primitiva edizione in avanti, perché dalla sua corretta interpretazione può ben valutarsi il convincimento reale della maggioranza a sostenere o meno l’iter del regionalismo asimmetrico. Soprattutto, ad impegnarsi a fare sì che la sanità goda delle garanzie del federalismo fiscale che, attraverso i costi e i fabbisogni standard, garantisca quella erogazione simmetrica negata con il criterio della spesa storica.

Al riguardo, in sede di Conferenza Stato-Regioni, ove queste ultime sono governate dal centrodestra che è al Governo, si è concretizzato un episodio giuridicamente e politicamente rilevante e vincolante. Più precisamente, si è materializzato in relazione alla vigilanza costante del Ministero sulle attività delle Regioni in materia di rientro e ridimensionamento delle liste di attesa. Ciò nonostante che nella bozza posta al suo esame ci fosse tanta altra roba, sulla quale la Conferenza Stato-Regioni ha però glissato.

Ebbene la Conferenza nella sua totalità ha alzato le sue paratoie, ritendendola invasiva delle competenze regionali, nei confronti delle prospettate competenze ministeriali di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, tanto da richiedere una sostanziale modifica dell’art. 2. Una istanza che ha avuto prontamente seguito tant’è che è stato approvato dal Governo un emendamento sostitutivo dell’articolo nella sua interezza (si veda in questa rivista la questione minuto per minuto).

Via ogni genere di controllo “gerarchico” sulle attività messe in campo dalle Regioni, a tutela del decremento delle liste di attesa, così come su ogni genere di formale condivisione ministeriale (un decreto) delle piante organiche dei servizi sanitari regionali.

Due eventi che possono dirla lunga ovvero, alternativamente, dimostrare con il tempo una loro insignificanza. Da una parte, un Governo che sostiene il regionalismo differenziato, sfidando l’opposizione e le Regioni rosse a celebrare (forse) un referendum abrogativo della legge “Calderoli” nonché a stimolare qualche Regione ad impugnare (oltre l’improbabile) la stessa avanti alla Consulta. Dall’altra, il medesimo Esecutivo che tenta di sottrarre alle Regioni le loro competenze di sempre, invadendole indebitamente attraverso appositi organismi centrali, creati ad hoc.

Insomma, con un braccio si tende la mano al regionalismo asimmetrico, con l’altra lo si ritrae, peraltro in violazione delle competenze assegnate alle Regioni dalla Costituzione.

Il tutto, si è concluso con una magra retromarcia che rappresenta, sia sul piano politico che su quello giuridico, un lampante esempio di figura barbina.

Si è appena riscritto l’art. 2 rovesciando quanto scritto in precedenza. Nella buona sostanza, le Regioni sono responsabili dell’azione di risanamento delle liste di attesa, nell’intento di riportarle a normalità. Il Ministero della salute, oltre ad esercitare i soliti compiti di facciata per il tramite dei soli appositi neo-organismi, potrà surrogarsi alle Regioni nell’ipotesi di un reiterato inadempimento delle aziende sanitarie di riferimento.

L’accaduto, prescindendo dalla soluzione ritrovata che pare avere messo tutti d’accordo, ha generato tuttavia qualche dubbio in entrambi i fronti. Ha dimostrato una indebita invasività della Autorità centrale che, in tempi di autonomia legislativa differenziata, è significativa di una certa contraddizione, quantomeno con la ratio legislativa. Ha fornito una prova delle Regioni in tema di convincimento crescente della loro autonomia, che potrebbe trovarle d’accordo ad assumere anche competenze differenziate in materia, estese ai principi fondamentali sino ad oggi espressi dallo Stato.

Ettore Jorio

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