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Mercoledì 17 LUGLIO 2024
Scenario attuale del trattamento del carcinoma mammario metastatico in Italia

L’aspettativa di vita delle pazienti con tumore al seno è migliorata nel corso degli ultimi decenni grazie ai trattamenti innovativi approvati negli ultimi anni, immunoterapici e farmaci anticorpo-coniugati. L’intervista a Michelino De Laurentiis

Il carcinoma mammario è il tumore più frequente in Italia, con 53.000 nuove diagnosi l’anno. I casi riguardano ogni fascia di età, soprattutto le donne dai 40 anni in su. Nonostante i grandi progressi compiuti, che hanno portato la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di oltre il 90% delle pazienti con tumori individuati in stadio precoce, restano alcuni bisogni insoddisfatti, come ci spiega Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toracica dell’Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale” di Napoli.

“Oggi circa il 90% delle donne che si ammala di tumore al seno ha la possibilità di guarire”. Tuttavia il 10% dei pazienti che non riesce a guarire ha un peso importante dal punto di vista sociale, proprio perché la malattia è molto frequente. “Restano ancora dei bisogni insoddisfatti, in particolare bisogna: migliorare i tassi di guarigione, per avvicinarci il più possibile al 100%; se la guarigione non è raggiungibile bisogna prolungare la sopravvivenza e rendere la malattia cronica; garantire alle pazienti un'ottima qualità di vita”.

I bisogni insoddisfatti e gli obiettivi clinici cambiano a seconda dello stadio di malattia, come precisa l’esperto. “Se la malattia viene diagnosticata in fase precoce il nostro obiettivo fondamentale è quello di migliorare i tassi di guarigione, magari mettendo in secondo piano, per periodi ristretti, l'impatto tossico dei trattamenti e la qualità di vita, perché in questo caso puntiamo a guarire in maniera definitiva il tumore. Per le malattie non guaribili, metastatiche, per le quali prevale il concetto di cronicizzazione, invece, ciò che conta è l’equilibrio tra efficacia del trattamento e qualità di vita della paziente. Per questo bisogna scegliere trattamenti efficaci ma anche ben tollerati, proprio perché vanno somministrati cronicamente e per periodi prolungati”.

Progressi nel trattamento del cancro al seno triplo negativo

Gli unmet needs cambiano anche in base al tipo di carcinoma mammario: caratteristiche molecolari diverse (HR positivo; Her2 positivo e triplo negativo), infatti, implicano trattamenti, protocolli e rischi diversi. Anche il profilo delle pazienti può essere molto diverso: il tumore al seno triplo negativo, per esempio, è più frequente nelle giovani donne in premenopausa, che hanno bisogni diversi da chi affronta la malattia dopo i 50 anni.

“Ovviamente lì i bisogni insoddisfatti sono maggiori nelle pazienti affette da tumori triplo negativi”, commenta De Laurentiis. Fino a pochi anni fa per queste pazienti l’unica arma terapeutica era la chemioterapia, che portava a risultati insoddisfacenti in molti casi.

Oggi lo scenario sta cambiando, come osserva l’esperto: “Grazie all'avvento di nuovi farmaci immunoterapici e ai nuovi anticorpi farmaco-coniugati, l'armamentario terapeutico è più ricco e, anche in questo caso, osserviamo un miglioramento sia dei tassi di guarigione della malattia in fase precoce sia della cronicizzazione e del mantenimento della qualità di vita nelle fasi più avanzate di malattia”.

I farmaci approvati negli ultimi anni negli Stati Uniti e in Europa per i pazienti adulti con cancro al seno triplo negativo localmente avanzato o metastatico riducono infatti il rischio di morte e il rischio di peggioramento della malattia ed estendono la sopravvivenza globale mediana di circa il doppio, rispetto alla chemioterapia.

Nell’ottica di migliorare la gestione del tumore al seno, De Laurentiis suggerisce che le pazienti vengano sempre inviate ai centri ad alta specializzazione per impostare la strategia terapeutica. “L’impostazione generale del trattamento nelle fasi iniziali e a ogni snodo decisionale devono essere a carico delle Breast Unit di cui disponiamo in Italia, centri specializzati che si basano su un approccio multidisciplinare. Il percorso di cura può essere poi gestito in un centro più vicino all’abitazione del paziente”.

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