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Giovedì 11 LUGLIO 2024
Case della Salute e Cau, una riflessione sull’esperienza dell’Emilia-Romagna 



Gentile Direttore,
i primi dati sull’attività dei CAU emiliani sono confortanti e fanno intravedere la possibilità di una svolta per l’annoso problema del surplus di codici minori in PS, che potrebbe avere un impatto sulle policy nazionali per l’Emergenza sanitaria.

Come è noto alla genesi del sovraffollamento concorrono l’interazione complessa di diverse concause, da una domanda di prestazioni specialistiche che non trova una risposta sul territorio in tempi ragionevoli ad un clima sociale di allarmismo, dall’offerta in tempo reale in PS che induce la domanda al dislivello tecnologico ed organizzativo tra ospedale e rete sociosanitaria territoriale; infine, oltre alle autopresentazioni dei pazienti senza la consultazione preventiva del MMG, gioca un ruolo chiave nel sovraffollamento il cosiddetto boarding, dovuto alla carenza di posti letto che obbliga ad una rigida selezione per il ricovero e a trattenere per lunghe ore pazienti polipatologici cronici in attesa della disponibilità di un letto in corsia, con ripercussioni negative sui tempi d’attesa in tutta filiera fino allo sbarellamento delle ambulanze.

Tra i principali imputati per l’eccesso di codici bianchi non poteva mancare come di tradizione il MMG, additato da media e opinion leader alla riprovazione pubblica come responsabile unico del fenomeno, ad esempio per lo scarso numero di visite domiciliari effettuate (sic!). Si sa che è più agevole trovare un colpevole piuttosto che elaborare soluzioni razionali e credibili, secondo la regola aurea: “Per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice, ma è sbagliata!”.

La regione Emilia-Romagna vanta la più fitta rete di case della salute che ha costituito il modello di riferimento delle Case della Comunità (CdC) hub finanziate dal PNRR, anche per il contenimento degli accessi impropri in PS. Infatti le schede del PNRR prevedono una riduzione dei codici bianchi e verdi rispettivamente del 90% e 60%, con un consistente risparmio di risorse destinato a finanziare in parte la realizzazione della CdC. Queste percentuali, rapportate al numero complessivo di accessi ai PS, comporterebbero un calo di quasi il 60%, cifra poco realistica soprattutto dopo che le CdC finanziate sono state ridotte del 30% con la rimodulazione del piano nel 2023.

L’obiettivo indicato nel PNRR appare ancor più ambizioso se si considerano gli esiti dell’esperienza decennale della regione Emilia-Romagna, che grazie alla propria rete hub&spoke di oltre 130 case della salute ha registrato in era pre-covid una riduzione degli accessi al PS del 16%, più consistente tra i pazienti assistiti da MMG che lavoravano parzialmente nelle case della salute.

Per quale motivo in Emilia-Romagna si sono inventati i CAU, abbandonando di fatto le indicazioni e ignorando gli obiettivi del PNRR? Se i risultati già conseguiti nella regione più attrezzata di strutture territoriale alternative all’ospedale sono tutto sommato modesti, non è affatto detto che la diffusione delle sole CdC da oltre 50mila abitanti possa di per sé condurre ad un consistente abbattimento degli accessi in PS nelle altre regioni, come ipotizzato in modo ottimistico dal PNRR, per non dire irrealistico. Difficilmente le sole “mega” CdC potranno intercettare una parte consistente codici bianchi e verdi senza la diversificazione Hub&Spoke, più adatta alle caratteristiche geodemografiche del territorio, e soprattutto senza un’adeguata organizzazione H24 per rispondere alle urgenze a bassa complessità assistenziale e clinica.

Evidentemente sulla base di queste considerazioni in Emilia-Romagna si è massa da parte l’idea di trasformare le CdC in piccoli PS alternativi a quelli ufficiali, prendendo a modello esperienze analoghe portate avanti con successo nel nord Europa, ovvero puntando sui CAU come PS Spoke light rispetto alla rete esistente di PS hub ospedalieri. I primi dati sul funzionamento dei CAU sembrano premiare questa impostazione, che abbandona di fatto l’ipotesi che le future CdC possano diventare un’alternativa credibile al PS per i codici minori; men che meno che lo saranno le Aggregazioni Funzionali Territoriali della MMG, da poco implementate dall’ACN, prospettiva accarezzata dalla parte pubblica e assecondata in modo improvvido da ambienti sindacali.

Conclusione: i MMG e le CdC si faranno carico della loro naturale mission, ovvero la presa in carico e l'assistenza sociosanitaria alla cronicità sul territorio, mentre ai codici minori a bassa intensità assistenziale e clinica si potranno dedicare efficacemente i CAU in alternativa ai PS ospedalieri, in una logica di rete diversificata Hub&Spoke. Si apre quindi una nuova fase nazionale nella ventennale “lotta” agli accessi inappropriati ai PS, all’insegna della razionalità progettuale e non di ipotesi esplicative semplicistiche e inadeguate alla complessità del problema.
Cordiali saluti

Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia

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