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Lunedì 08 LUGLIO 2024
Fine vita. Senza il diritto alle cure palliative non è garantita la libera scelta delle persone



Gentile direttore,
in relazione al documento del gruppo di lavoro “Per un Diritto Gentile”, dal titolo “La richiesta di aiuto medico a morire: raccomandazioni sul ruolo dei comitati etici e delle strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale”, diretto, in particolare, alle strutture pubbliche del SSN coinvolte nelle richieste di suicidio assistito ai sensi della sent. n. 242 del 2019 della Consulta, pensiamo siano dovute alcune considerazioni.

In primis gli autori citano in una sola occasione le cure palliative e ne fanno menzione quasi come qualcosa da semplicemente smarcare per poter procedere oltre. La realtà è diversa. Le cure palliative sono la risposta sanitaria, prevista anche dal Legislatore, per le persone che presentano malattie inguaribili. Già l’art. 3 della legge n. 38 del 2010 indicava tali “obiettivi” come “prioritari”. Tale principio è stato ribadito dalla Corte costituzionale nella pronuncia del 2019, citando il parere del Comitato Nazionale di Bioetica delllo stesso anno, affermando che “la necessaria offerta effettiva di cure palliative e di terapia del dolore… dovrebbe rappresentare, invece, «una priorità assoluta per le politiche della sanità»”. Inoltre, sempre nello stesso documento la Corte Costituzionale sottolineava che il “coinvolgimento in un percorso di cure palliative” come “pre-requisito della scelta, in seguito, di qualsiasi percorso alternativo da parte del paziente”, è fondamentale per non cadere, altrimenti, “nel paradosso di non punire l’aiuto al suicidio senza avere prima assicurato l’effettività del diritto alle cure palliative”.

Ad oggi, seppure siano stati fatti diversi passi in avanti, purtroppo ancora le reti di cure palliative non sono uniformemente sviluppate sul nostro territorio ed inoltre, molte volte, difettano del supporto sociale dovuto ai caregiver ed al paziente stesso. Pertanto, rendere effettivo su tutto il territorio nazionale il diritto alla cura totale e il diritto a non soffrire nella malattia inguaribile, rappresentato dalle cure palliative e dalla terapia del dolore, è una urgenza imprescindibile e una “priorità assoluta” per il SSN e per le politiche sanitarie, anche regionali.

La prima Raccomandazione che si dovrebbe proporre in materia è, allora, assicurare concretamente la possibilità di un accompagnamento reale e adeguato a ogni persona nella malattia inguaribile – anche nelle fasi non terminali della malattia - sotto il profilo dei sintomi fisici e psicologici, non dimenticando la domanda di senso che la malattia comporta, prevedendo supporti concreti, anche sociali, alla famiglia e al caregiver, senza cadere in alcuna prospettiva di accanimento terapeutico né di abbandono.

Un recente articolo dal titolo Psychosocial intervention in palliative care: What do psychologists need to know, pubblicato su Journal of Health Psychology ha ricordato come in letteratura è dimostrata l’importanza della cura totale (fisica, ma anche psicologica, esistenziale e sociale) per la persona nella malattia inguaribile. Si evidenzia, inoltre, che i ritardi nell’offerta di cure palliative e la mancanza di interventi psico-sociali possono contribuire ad aumentare il dolore e la sofferenza delle persone coinvolte.

Secondo i dati OMS ogni anno nel nostro Paese avrebbero bisogno di cure palliative, nel solo ultimo periodo di vita, tra le 524mila e le 723mila persone. Sono tantissime in Italia le persone nella malattia inguaribile che sono in attesa di cure: ne hanno il bisogno fisico, psicologico, esistenziale e sociale. Tali cure rappresentano la pratica clinica assistenziale, indicata anche dall’OMS, nella malattia inguaribile e un diritto fondamentale della persona (art. 32 Cost.). Come scrisse Giorgio La Pira nella Relazione sui principi relativi ai rapporti civili, in seno alla Prima Sottocommissione sui Diritti e doveri dei cittadini, durante i lavori in Assemblea costituente, “senza la tutela dei diritti sociali…la libertà e l’indipendenza della persona non sono effettivamente garantite”. Sembra, pertanto, un “paradosso” - lo stesso indicato dalla Consulta – raccomandare di istituire procedure “trasparenti” di suicidio assistito nelle strutture pubbliche del SSN “senza avere prima assicurato l’effettività del diritto alle cure palliative”, compito oggi assolutamente prioritario della sanità pubblica.

Uno stato laico, se vuole realmente ritenersi civile, deve rendere oggi effettivo il diritto a non soffrire attraverso le cure palliative, anche precoci, offrendo sostegni reali al caregiver. Senza l’effettività di tale diritto non è garantita, infatti, la stessa libertà e libera scelta della persona. Dal punto di vista legislativo lo sviluppo delle reti è perfettamente normato oltre che dalla legge n. 38 del 2010 anche dal DM 77 e le cure palliative sono inserite a pieno titolo nei LEA con gli articoli 23 e 31. Le Leggi di bilancio dello Stato del 2023 e 2024 pongono come obiettivo imprescindibile la realizzazione delle Reti di Cure Palliative ed il “potenziamento delle cure palliative al fine di raggiungere entro l’anno 2028 il 90% della popolazione interessata”.

Quindi se uno sforzo si deve chiedere a Regioni ed Aziende Sanitarie non è quello di normare la “La richiesta di aiuto medico a morire” ma di applicare la Legge realizzando Reti Locali e Reti Regionali di cure palliative funzionanti ed efficienti.

Francesco Scarcella
Medico Palliativista

Francesca Piergentili
Docente di Diritto Costituzionale

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