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Venerdì 05 LUGLIO 2024
Il Caring senza l’art. 32 resta prestazionalismo



Gentile Direttore,
la nomea che gira nei nostri ambienti sul prof. Cavicchi a parte quella dell’intellettuale che ci spiega, come pochi, i problemi della medicina e della sanità, in realtà è quella di un bravissimo “oftalmologo” in grado di togliere le fette di salame o di prosciutto dai nostri occhi come se fossero cataratte.

In tanti, e io sono tra questi, che grazie ai suoi libri hanno “aperto gli occhi” cominciando a vedere il mondo della sanità in modo diverso.

Sicuramente di cataratte ce ne sono tante e rientrano in quella che, nel suo ultimissimo libro a proposito di sanità, chiama la “visione standard” (standard view) invitandoci a contestarla perché troppo convenzionale e tutt’altra che pragmatica, ma soprattutto poco adeguata alle complessità in gioco e alle grandi contraddizioni in essere.

E grazie ad un “oftalmologo” di questo tipo che nel mio piccolo ho potuto dare il mio modesto contributo all’impresa che il prof. Cavicchi riassume nel discorso fondamentale della ri-contestualizzazione dell’art 32.

Da poco ho pubblicato un libro sul “Caring” cioè su una idea di nuova assistenza sanitaria, ma che senza un diritto alla salute ri-contestualizzato, non avrebbe nessuna possibilità di avverarsi. (Caring: dalla visione agli esiti assistenziali. Riformare le prassi dell’infermiere. Cea, 2024).

Senza un nuovo articolo 32, inteso naturalmente come “metavalore” (la definizione corretta è in “Sanità pubblica addio”), in sanità non è possibile per nessuno ridefinirsi nel cambiamento e se come professioni, nelle complessità date, non ci ridefiniremo, inevitabilmente saremo tutti destinati a diventare i “server” dei sistemi assicurativi di cui parla Cavicchi nel suo ultimo pamphlet (Medici vs cittadini un conflitto da risolvere” Castelvecchi 2024).

L’ultimo libro che il prof. Cavicchi ha appena pubblicato (Salviamo la sanità. Una riforma necessaria per garantire il diritto di tutti, Castelvecchi Editore) e il suo “appello alla ragione” lanciato su questo giornale (Salviamo la sanità. Un appello alla destra e alla sinistra QS 25 luglio 2024) non mi hanno sorpreso. Essi, a mio avviso, sono l’esatta conseguenza logica di ciò che Cavicchi ha denunciato sino ad ora.

Se mi si dice, autorevolmente, che la sanità è alla fine, allora è probabile che ciò che segnerà la sua fine, prima o poi, busserà alla porta. Se mi si dice che il “Caring”, nel mio caso, ha senso perché esiste un diritto alla salute ri-contestulizzato nella società di oggi e se però questo diritto è declassato dalle politiche liberiste prevalenti, allora il caring a sua volta perde di senso. Non ha senso curare un malato inteso come persona se il malato torna ad essere un organo, quindi null’altro che un fatto biologico. Non ha senso curare meglio un malato se l’unica cura possibile è addirittura delegabile a degli algoritmi quindi a dei robot o a dei parametri assicurativi.

Se si vuole curare al meglio i cittadini di questo paese, prima di tutto bisogna ridare ai diritti il loro significato costituzionale e ricontestualizzarli in questa società post-moderna, poi dedurre da questi diritti una medicina adeguata e quindi dei servizi sufficientemente finanziati, degli operatori formati in modo adeguato e anche dei cittadini responsabili.

Se invece l’art. 32 lo si vuole far diventare quel famoso “diritto potestativo” denunciato da Cavicchi in quella posizione subordinata agli interessi speculativi in gioco, allora si cambia gioco e si cambia sistema.

Il messaggio che il prof. Cavicchi ci manda è inequivocabile: se si torna indietro con l’art 32 torna indietro tutto il sistema, compreso la medicina, le professioni e le organizzazioni. Per questo, secondo lui, vale la pena tentare un accordo tra destra e sinistra per salvarlo.

Quello che mi ha sorpreso e che il più grande critico della ragione medica, cioè l’autore della “medicina della scelta” e della “scienza impareggiabile” faccia a sua volta un appello alla ragione. Ma l’appello alla ragione che lancia Cavicchi non è alla razionalità, ma è al buon senso o meglio ancora, è alla ragionevolezza e al pragmatismo cioè a tutto quello che serve per salvare l’art 32. Per chi conosce i lavori di Cavicchi sulla medicina, il buon senso e la ragionevolezza sono da lui addirittura chiamati in causa pragmaticamente a sovraintendere l’uso delle evidenze scientifiche e degli algoritmi, quindi del metodo e della procedura che ad esse si rifanno.

La “ragione” alla quale si appella il prof Cavicchi non è quella tipica alla quale si rivolgono i famosi “problem solvers”, ma è quella politica e sociale del “salviamo il salvabile” perché tutto secondo Cavicchi sta andando a pezzi.

Il libro di Cavicchi è un libro scritto da un professore che dopo 50 anni di esperienze e di serrate riflessioni sul campo si rende conto, prima degli altri, della famosa “catastrofe” (QS La teoria della catastrofe, 15 maggio 2024) e allarmato, ma ignorato dai più, tenta con tutte le sue forze un modo per evitarla. Cioè prova a convincere la politica e tutta la società, quindi la destra e la sinistra a evitarla nell’interesse di tutti e del paese.

Il suo è l’ennesimo tentativo da parte di un ostinato “oculista” che crede nella sanità pubblica di toglierci ancora una volta le cataratte dagli occhi.
Purtroppo, mi sento di condividere lo scetticismo del dottor Pizza che applaude all’iniziativa dell’appello alla ragione, ma che ci dice che con questi chiari di luna, quindi con questa destra e questa sinistra e purtroppo con questa sanità, purtroppo la catastrofe non avverrà, ma è già avvenuta. (G. Carlo Pizza Salviamo la sanità, la speranza è sempre l’ultima a morire 28 giugno 2024).

Mi colpisce che all’appello accorato lanciato da Cavicchi il PD della Schlein non abbia risposto, il M5S abbia taciuto, la sinistra tutta abbia taciuto, gli esperti che scrivono su questo giornale abbiano taciuto, i sindacati che ci rappresentano abbiano taciuto.

Difronte al solito ossimoro, il silenzio assordante, mi sono ricordata di un verso di Alda Merini “Chi tace spaventa”.

Non posso che ammettere che di fronte a questo enorme silenzio, a parte qualcuno che oltre alle complicità rivela le incapacità e gli enormi interessi in gioco, mi sento davvero spaventata e nello stesso tempo amareggiata nel fare parte di una generazione che non ha saputo controvertire questa catastrofe.

Questo silenzio prelude davvero alla catastrofe che tutti avremmo dovuto e potuto evitare (la politica prima di tutto) e sulla quale nessuno è intervenuto in modo adeguato, lasciando che essa accadesse. E con molta probabilità, come dice Cavicchi, essa accadrà.

Giuliana Morsiani
PhD, infermiera

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