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Giovedì 20 GIUGNO 2024
Lo “strano” silenzio sulla salute mentale



Gentile Direttore,
quello che ormai caratterizza la organizzazione della salute mentale in Italia è uno strano silenzio. Ricorda lo sterile ascolto e le deluse aspettative di chi scruta segnali dallo spazio in attesa di una qualche prova di vita intelligente. Allo stesso modo cerco invano notizie che riportino qualcosa non dico di nuovo, che rasenterebbe il miraggio, ma anche semplicemente di attenzione alla questione mentale in Italia.

Dal punto di vista istituzionale gli unici segnali, brevi e del tutto privi di coerenza sintattica, emergono nelle varie ricorrenze e celebrazioni. In questo ambito collochiamo anche le vicende elettorali, durante le quali la salute mentale ha fatto la sua comparsa nei provvedimenti governativi relativi alle liste di attesa, peraltro in maniera sempre più smorzata ad ogni nuova stesura, fino a non dire nulla, se non provvedimenti già presi in passato.

Tavoli di lavoro e relativi sottotavoli sembrano più orientati poi ad un gioco riproduttivo, generando a loro volta infiniti gruppi di lavoro ma nemmeno un provvedimento, segnalando in questo un alacre lavoro improduttivo. In psichiatria l’affaccendamento improduttivo lo troviamo facilmente nelle situazioni di deterioramento, ed anche in questo caso si tratta di un deterioramento, anche se non intellettivo, ma culturale e sociale.

Più che segnali sembra ormai di cercare l’eco nostalgico di qualcosa che avrebbe potuto essere.

Se poi scorro le linee di indirizzo dell’Agenas sulle Case di Comunità, che descrivono il modello generale in 22 pagine, non mancando peraltro di dettagliare anche la presenza del dermatoscopio, mi colpisce che liquidano la salute mentale citandola semplicemente ed una sola volta, dicendo che è una componente della rete. Ci dicono anche che il coordinamento degli interventi in rete è affidata alla Centrale Operativa Territoriale, ma quando poi si va leggere il documento relativo alle COT, elaborato sempre dell’Agenas, si scopre che la “forte dipendenza tra il benessere fisico, psichico e sociale e il contesto in cui si vive” si riduce alla citazione di sfuggita del termine CSM in una immagine grafica di schematizzazione organizzativa.

Le cronache peraltro ci riportano numerosi, brevi e frammentati segnali, legati alle tristi vicende in cui sono coinvolti pazienti o allo smarrimento dei familiari che si ritrovano tutto il carico e nessun aiuto. Qui le notizie non mancano, anzi, subentra un dolore rabbioso a leggere di suicidi, di omicidi/suicidi, di violenza legata a sofferenza mentale, pura concretizzazione episodica di una malessere che è sempre più pervasivo e contro il quale le istituzioni fanno solo retorica. Ma a quanto pare sono segnali che nessuno rileva.

Che sta succedendo? La sensazione è che, al di là degli slogan e delle frasi da inserire doverosamente nei documenti, le istituzioni semplicemente non sappiano cosa è la salute mentale e quale il suo ruolo nel benessere complessivo (anche fisico) delle persone. E che, alla fine, più che dare qualcosa ai servizi psichiatrici, si cerca di avere da essi un qualche ritorno. Lo sanno bene le case farmaceutiche che continuano a sponsorizzare convegni di psichiatria dove si tollera anche un qualche riferimento culturale e sociale, ma il nucleo centrale rimane saldamente legato alle psicofarmacologia, quasi a dire che quella è la salute mentale. E lo sanno bene le istituzioni quando, non potendo appaltare ai privati i Centri di Salute Mentale, per il semplice fatto che nessun privato li vorrebbe, appaltano loro invece i più redditizi aspetti riabilitativi, in una logica dove questa espansione della gestione della cronicità, che è poi l’espansione del fallimento terapeutico, viene fatta passare per un grande intervento ed un successo. Una psichiatria a cui non si da nulla, ma da cui si cerca di prendere tutto.

Ma noi continuiamo a cercare fiduciosi notizie sui giornali che rompano questo strano silenzio e che ci svelino segni di vita.

Andrea Angelozzi
Psichiatra

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