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Mercoledì 05 GIUGNO 2024
Personale del NHS e del SSN: un capitale da tutelare e valorizzare 

Occorre dedicare tempo ed energie alla valorizzazione del capitale umano della sanità che va considerato il protagonista dei cambiamenti organizzativi e gestionali necessari e improcrastinabili per ridare centralità, resilienza, flessibilità e appropriatezza ai sistemi sanitari nazionali “pubblici”

Abbiamo letto con molto interesse l’articolo “ll futuro del SSN dipende dalla sua forza lavoro” apparso su BMJ 2024; 384 , pubblicato il 27 marzo 2024, DOI: https://doi.org/10.1136/bmj-2024-079474 , in cui Mary Dixon-Woods, Charlotte Summers, Matt Morgan, Kiran Patel affermano che “… il futuro del servizio sanitario nazionale dipende dalle persone che vi lavorano, quindi la gestione della forza lavoro dovrebbe essere una priorità fondamentale”.

Gli autori sulla base della loro conoscenza del settore, della letteratura e dell'ascolto dei pazienti e del personale,” …identificano tre aree chiave interconnesse in cui è urgente intervenire: configurare la forza lavoro, migliorare le condizioni e gli ambienti di lavoro e migliorare i percorsi di carriera e formazione.”

Propongono cosa si potrebbe fare per affrontare le sfide attuali, sottolineando che “… la gestione della forza lavoro deve essere condotta con particolare riguardo alla diversità, all'inclusione e all'equità e deve essere fatta in collaborazione con il personale, i pazienti e il pubblico”.

Come ASIQUAS condividiamo queste considerazioni e abbiamo deciso di dedicare a questo tema il prossimo nostro Congresso Nazionale a Roma in ottobre 2024.

Configurare la forza lavoro per il futuro dei sistemi sanitari pubblici, universalisti ed equi

Carenza di personale

Il futuro dei sistemi sanitari pubblici e universalistici dipende – senza dubbio alcuno - dall’avere il giusto numero di personale nei ruoli giusti, nei tempi giusti e nei posti giusti. Al momento attuale (2021-2023) sia il NHS che il nostro SSN non hanno abbastanza personale per raggiungere i loro obiettivi e i loro impegni: hanno meno infermieri, e in prospettiva meno medici specialisti, rispetto ad altri Paesi Ue e OECD. A seguire i dati italiani:

Occorre verificare quanto saranno sufficienti le nuove soglie di iscrizioni in Italia per i Corsi di laurea in Medicina e in Scienze Infermieristiche, nonché per le Scuole di Specializzazione per compensare i posti vacanti.
Il problema è anche che sono cambiate le motivazioni nelle scelte dei giovani e molti non scelgono più la sanità come settore di impiego. Inoltre abbiamo una forte riduzione delle classi di età per la denatalità (da quasi 840.00 e circa 470.000): questo riduce il numero dei possibili iscritti e rende difficile garantire le quote necessarie.

Abbiamo una assenza di politiche adeguate a mantenere e motivare il personale, per cui perdiamo migliaia di giovani laureati ogni anno verso Paesi Ue e non UE.

A seguire l’andamento assoluto del numero dei medici e degli infermieri in Italia dal 2011 al 2021 rispetto agli standard UE:

(Fonte: elaborazione su dati Ministero Sanità e AGENAS)

Infine l’ineguale distribuzione dei posti vacanti tra le aree geografiche contribuisce alle disuguaglianze, lasciando alcune aree, comprese quelle più svantaggiate, sotto servite.

La strategia di puntellare la carenza di forza lavoro attraverso il reclutamento all'estero è insostenibile, soprattutto perché crea conflitti potenziali nel rapporto tra strutturati e terzi.

Lo stesso vale per la crescente dipendenza dal personale temporaneo (terzisti, gettonisti, etc.), che non solo è costoso (il costo annuale nel NHS è stimato in 10,4 miliardi di sterline nel 2023 e anche nel SSN in Italia è superiore ai 10 miliardi di Euro), ma introduce anche altre problematiche quali la mancanza di familiarità con le politiche aziendali e gli ambienti di lavoro e interferenze negative nella costruzione e mantenimento di un buon clima di lavoro nei team.

Ci sono infine evidenze che possono influenzare negativamente i risultati degli indicatori di outcome, sia clinici che derivati dall’esperienze dei pazienti.

Diversificazione dei ruoli

La diversificazione dei ruoli è diventata una caratteristica sempre più importante nel NHS e nel nostro SSN negli ultimi anni, con l'assistenza primaria che fornisce un esempio importante.

Sebbene il numero di medici generici sia in calo e si attesti sui 27 487 GP nel dicembre 2023 in UK, mentre in Italia siamo a rischio di crisi della rete per l’età media avanzata di ¾ dei MMG e PLS, il numero di personale a tempo pieno nell'assistenza primaria che fornisce assistenza diretta ai pazienti, ma non è un GP o MMG, come infermieri e ausiliari è aumentato significativamente tra marzo 2019 e settembre 2023 in UK per 34.380 unità.

In Italia mancano dati simili utili ad un confronto a sappiamo che il 70% del carico assistenziale è a carico delle famiglie.

È stato introdotto l’infermiere di famiglia e comunità (da circa 4 anni) oltre al servizio ADI, ma questa figura non è ancora diffusa su tutto il territorio, e quindi non riesce a garantire la necessaria copertura dei bisogni.

(Fonte FNOPI su Quotidiano Sanità agosto 2022)

Gli infermieri hanno già operato con successo come membri di team multiprofessionali nell'assistenza primaria da molti anni, ma in quest’ambito già da tempo per rispondere a tutti i bisogni espressi dal cittadino è stata introdotta la figura degli OSS, peraltro più veloci e meno costosi da formare rispetto ad altri profili.

Come ogni innovazione, e come tutta la questione dello “skill-mix-change” o meglio del “task-shifting”, i passaggi di funzioni o di attività dai gruppi professionali che storicamente li attuavano ad altri, hanno e stanno creando tensioni e nuovi conflitti di attribuzione di competenze (ad esempio: medici e infermieri e ostetriche e OSS).

Nuove tecnologie

Per configurare la forza lavoro per il futuro del SSN in Italia e del NHS in UK non è, ovviamente, solo una questione di posti vacanti.
È necessario pensare a come svolgere in modo innovativo il lavoro e a come può essere intrapreso in modo efficace ed efficiente. È necessario tenere conto della natura dinamica e spesso in rapida evoluzione degli sviluppi scientifici, della demografia, dell'innovazione dei servizi e della tecnologia.

Il personale impiega molto tempo per formarsi e raggiungere la massima competenza, ma il lavoro che deve svolgere potrebbe cambiare più rapidamente.

Le nuove tecnologie, tra cui l'intelligenza artificiale, l'assistenza a distanza, la salute digitale e la medicina basata sulla genomica, sono ricche di opportunità, ma anche altamente dirompenti dei profili professionali attuali. Più in generale, la pianificazione della forza lavoro e la definizione dei nuovi ruoli devono essere affrontati in base a consultazioni e progettazioni rigorose e condivise per garantire che siano specificati, valutati, gestiti e regolamentati con chiarezza i confini dei ruoli esistenti, valutando bene gli impatti gestionali e i risultati assistenziali per non generare conseguenze indesiderate.

Miglioramento delle condizioni
Soddisfazione e valore

I livelli retributivi sono una importante fonte di insoddisfazione per il personale dell'NHS e del SSN.In survey specifiche svolte da Associazioni professionali, sindacali con il supporto di istituzioni scientifiche, la maggioranza del personale afferma di non essere soddisfatto della propria retribuzione sia in Inghilterra che da noi. Le indagini svolte mostrano che la soddisfazione retributiva rimane al di sotto dei livelli pre-pandemia (2019). Per i professionisti sanitari la soddisfazione per la retribuzione è ora inferiore rispetto al 2020. Per alcuni lavorare per il “pubblico” sembra costituire una forma di “sfruttamento”.

Solo circa la metà degli intervistati dichiara di essere soddisfatto della misura in cui la propria organizzazione apprezza il loro lavoro.

Un infermiere italiano - Fonte FNOPI “Quotidiano sanità” agosto 22 – guadagna in media secondo il Conto annuale della Ragioneria Generale dello Stato 2020 circa 34.711 euro l’anno lordi, cioè circa 22.600 euro netti che su tredici mensilità sono circa 1.700 euro al mese. Lo stipendio è lo stesso da circa 10 anni, nonostante il rinnovo contrattuale e le nuove aeree di qualificazione poco è cambiato alla fine del mese in busta paga.

La media annuale lorda del Servizio Sanitario Nazionale di tutte le professioni è di 42.731 euro (quindi circa 10mila in più, considerando che ad esempio i dirigenti sanitari guadagnano in media 84 mila euro lordi l’anno circa).

La media OCSE è di 48.100 euro lordi l’anno. Ma ad esempio in Svizzera (dove molti infermieri italiani vanno a lavorare) si sfiorano i 56 mila euro, in Spagna i 55 mila, in Germania i 59 mila fino al top in Lussemburgo dove nel 2019 un infermiere guadagnava in media poco più di 100 mila euro l’anno lordi.

Condizioni di lavoro
Le condizioni di lavoro, sia nel NHS che nel SSN, sono una delle principali fonti di preoccupazione. La maggioranza del personale ha riferito di essersi sentito male per lo stress da lavoro negli ultimi 12 mesi. In tanti si sentono sovraccarichi, demoralizzati o esauriti. Molti si sono affidati a sostegni psicologici.

Recenti survey svolte da Associazioni professionali degli operatori sanitari confermano queste dinamiche in entrambi i Paesi. Il personale soffre dell'incapacità di fornire l'assistenza che ritiene di essere in grado di fornire. La sensazione di deludere i pazienti è dannosa per l'esperienza lavorativa degli operatori sanitari. Lo stress da carico di lavoro è aggravato dalla natura altamente complessa ed esigente dell'ambiente istituzionale e normativo dei sistemi sanitari.

Ambiente ad alto stress
Gli operatori nel NHS e anche nel SSN devono spesso lavorare in ambienti altamente stressanti e impegnativi, utilizzando sistemi di lavoro che però sono scarsamente ottimizzati.

Gli operatori spesso trascorrono una parte sostanziale del loro tempo nello svolgere compiti che li distolgono dal lavoro per il quale sono qualificati, il che indica una tolleranza da parte del management e delle istituzioni preposte verso l’uso non ottimale della forza lavoro e dei relativi sprechi di tempo e di competenze.

Il lavoro quotidiano è spesso frustrante: la maggioranza del personale dichiara di non avere materiali, forniture e attrezzature adeguate a svolgere il proprio lavoro.

Il fatto che queste sfide siano anche profondamente problematiche per i pazienti non fa che aumentare il senso di frustrazione professionale, eppure la maggioranza del personale si sente in grado di poter apportare miglioramenti nella propria area di lavoro.

Comportamenti sul posto di lavoro

I comportamenti sul posto di lavoro, compresi i comportamenti di colleghi, pazienti, parenti e pubblico, sono una delle principali preoccupazioni per la forza lavoro del NHS in UK e anche in Italia nel SSN/SSR.

Nei sistemi sanitari inglese e italiano alcune culture del posto di lavoro sono negative e portano a cattive esperienze lavorative, burnout e conseguenti effetti negativi sulla sicurezza e sulla qualità dei pazienti, compresi quelli che sfociano in crisi organizzative.

I tassi segnalati di bullismo e mancanza di rispetto, molestie, compresi abusi sessuali sono allarmanti e diffusi. I giornali e le agenzie e testate web ne sono pieni.

Migliorare la carriera e lo sviluppo professionale

Lo sviluppo professionale e l’avanzamento di carriera sono essenziali sia per fidelizzare il personale sia per garantire che le sue competenze siano adeguate ai compiti loro assegnati.

Sono necessari livelli adeguati di istruzione e di formazione per tutti i gruppi del personale per supportare la selezione, la supervisione, la valutazione, lo sviluppo e il mantenimento di competenze e comportamenti ottimali. Quanto sopra è comunque costoso, a rischio di tagli finanziari o a essere mal implementato.

A questo proposito un rischio recente sono moduli di e-learning mal progettati ed il fatto che perdipiù il personale è costretto a seguirli nel proprio tempo libero.

Pratiche più efficaci, come le simulazioni e il debriefing qualificato, sono purtroppo sottoutilizzati.

Inoltre assistiamo a livelli importanti di abbandono dei percorsi formativi in sanità e questa è una ulteriore minaccia per la sostenibilità dei sistemi sanitari.

Le ragioni sono molteplici. Per i medici in formazione specialistica, a parte le questioni importanti del ripristino della retribuzione e dei debiti formativi, includono spesso programmi di formazione burocratizzati e rigidi caratterizzati da un “degrado” dei profili e un loro non aggiornamento e molte procedure documentali pesanti, mal progettate poco flessibili.

Un’ulteriore grande preoccupazione è che la forza lavoro accademica clinica – vitale per le attività di ricerca, istruzione e formazione dei Servizi Sanitari Nazionali – è in gravi difficoltà.
Vi è una carenza di accademici clinici con conseguenze inevitabili sulla ricerca e sulle sperimentazioni cliniche.

Mentre per gli infermieri c’è una mancanza di carriera clinica chiara, nonostante il contratto abbia introdotto dei percorsi. Ad aggravare tutto questo concorre una mancanza di riconoscimento soprattutto nell’ambito dei percorsi interni ai sistemi organizzativi, dove per la sopracitata necessità dovuta all’”under staffing”, ancora oggi non rende possibile riconoscere specializzazioni e assegnazioni di settore.
Questo avendo di contro la necessità di gestire i professionisti come “generalisti”.

Per quanto riguarda la ricerca e la carriera universitaria la situazione è ad oggi ancora più preoccupante, considerando che su circa 460.000 infermieri, nel ruolo di professore con cattedra ci sono oggi meno di 10 persone in tutta Italia. Molti sforzi vengono fatti nell’ambito delle scuole di dottorato e delle facoltà in accordo con la FNOPI e la consulta delle società scientifiche, ma il cammino è ancora molto lungo.

Conclusioni e raccomandazioni
Concordando con quanto proposto dai colleghi inglesi, formuliamo le seguenti raccomandazioni specifiche per realizzare questa visione anche nel nostro Paese:

I decisori istituzionali dovrebbero dare priorità ai finanziamenti e sostenere il miglioramento dell'infrastruttura amministrativa, del funzionamento operativo e della progettazione del sistema di lavoro. Questo dovrebbe avvenire tramite sistemi di co-progettazione di alta qualità, con centralità sui fattori umani e innovazione, con sperimentazioni pilota da consolidare prima di una loro diffusione.

Infine sarà indispensabile un’attività di revisione indipendente per individuare come migliorare la qualità dei percorsi di formazione, con particolare attenzione al miglioramento dell'esperienza assistenziale e delle condizioni di lavoro e al sostegno finanziario (retribuzioni e loro dinamiche).

Alcune di queste raccomandazioni possono essere gestite a livello organizzativo e manageriale nelle aziende sanitarie. Altre dovranno essere guidate da policy istituzionali ai vari livelli (nazionali, regionali, aziendali), in quanto devono affrontare sfide strutturali e comportamentali al di fuori delle singole organizzazioni.

Per quanto sopra riteniamo che sia necessario dedicare grande attenzione alle politiche attive del personale, superando impostazioni legate alla sola applicazione di standard formali e burocratici.

Occorre dedicare tempo ed energie alla valorizzazione del capitale umano della sanità che va considerato il protagonista dei cambiamenti organizzativi e gestionali necessari e improcrastinabili per ridare centralità, resilienza, flessibilità e appropriatezza ai sistemi sanitari nazionali “pubblici”.

È comunque necessario promuovere innanzitutto una riforma culturale dei modelli operativi e gestionali della sanità anche nel nostro Paese. A queste problematiche deve essere dato adeguato spazio nelle nuove policy di sistema.

Silvia Scelsi,
Presidente Nazionale ASIQUAS, Resp. Professioni Sanitarie Istituto “Gaslini”, Genova
Caterina Amoddeo,
Vice Presidente Nazionale ASIQUAS, Roma;
Antonio De Belvis, Coordinatore CTS ASIQUAS, Università “Cattolica”, Roma;
Giorgio Banchieri. Segretario Nazionale ASIQUAS, DiSSE, Università “Sapienza”, Roma;
Andrea Vannucci, Membro CTS ASIQUAS, Docente DISM, Università Siena.

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