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Lunedì 13 MAGGIO 2024
Reponsabilità professionale. Il comitato valutazione sinistri snodo strategico del decreto attuativo

Per la determinazione del fondo rischi e del fondo riserva sinistri, i processi di valutazione, di cui la struttura si dota, dovranno tenere conto dell'insorgenza di nuovi rischi. Un problema rilevante riguarda la disponibilità di risorse economiche per la mitigazione o eliminazione dei rischi. Questo aspetto ha una importante ricaduta in termini di Responsabilità delle Direzioni Strategiche. La stessa costituzione di due Fondi al posto di uno solo produrrà un impatto importante sui bilanci

L’articolo 1 comma 539 lettera d) della legge 208/2015 aveva già posto una stretta relazione tra risk management e gestione del contenzioso, indicando, tra i compiti attraverso i quali esercitare le funzioni di gestione del rischio, l’assistenza tecnica verso gli uffici legali in caso di contenzioso. D’altronde, solo ipotizzando un meccanismo circolare di interazione tra sinistro denunciato, verifica di quanto accaduto e le connesse azioni correttive, è possibile avviare un miglioramento continuo all’interno delle strutture.

L’articolo 15 del decreto attuativo dell’articolo 10 comma 6 della legge 24/2017 (D.M. 15-12-2023 n. 232) stabilisce che la struttura, in completa o parziale auto-ritenzione del rischio, o con copertura assicurativa, gestisce il sinistro, avvalendosi di un apposito Comitato Valutazione Sinistri, proprio o in convezione, previa individuazione del ruolo e delle funzioni con apposito regolamento o atto organizzativo.

Poi, però, l’articolo 16, declinando la lettera d) del comma 539 articolo 1 della legge 208/2015, ne individua le funzioni e ribadisce che, all’interno delle strutture, uno snodo fondamentale è rappresentato dalla profilazione di uno strutturato “sistema di garanzia”, finalizzato al governo del rischio assicurativo e valutazione dei sinistri. Trattasi di un organismo a composizione multidisciplinare, di cui viene individuata la componente minima obbligatoria:
a) medicina legale
b) perito («loss adjuster»);
c) avvocato o altra figura professionale, con competenze giuridico legali, dell'ufficio aziendale incaricato della gestione dei sinistri;
d) gestione del rischio («risk management»).

Stupisce che, tra le figure che costituiscono la componente minima obbligatoria, non figuri la direzione sanitaria/direzione di distretto, vista la grande prevalenza dei rischi di natura organizzativa nell’erogazione di prestazioni sanitarie. Nei casi complessi, oltre l’intervento da parte del medico legale, si renderà necessaria anche la figura di uno specialista medico di branca, che possa supportare il medico legale. Peraltro, la gestione del rischio non può certo essere confinata all’area clinica, implicando la necessità di un focus su tutti i processi organizzativi. L’art.1 della legge 24 stabilisce che la sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

Il Global Patient Safety Action Plan 2021 -2030 dell’Oms ha invitato ogni stato membro a considerare la gestione del rischio quale processo trasversale a tutte le attività aziendali. Pertanto, il rischio va gestito in un’ottica di Enterprice risk management, includendo tutti i rischi organizzativi (sicurezza delle cure, sicurezza sul lavoro, privacy, cybersecurity, anticorruzione, reputazione della struttura, rischio economico-finanziario, strutturale, di continuità operativa).

La stessa versione aggiornata della UNI EN ISO 7101:2024, il Sistema di Gestione per la Qualità, utilizza un ulteriore nuovo approccio all’implementazione del sistema stesso basato sul risk-based thinking, che permette all'organizzazione di determinare i fattori che potrebbero fare deviare i suoi processi e il suo sistema di gestione per la qualità dai risultati pianificati, di mettere in atto controlli preventivi per minimizzare gli effetti negativi e massimizzare le opportunità, quando esse si presentano. I sistemi di gestione del rischio e qualità devono essere necessariamente due sistemi integrati, non solo fra di loro ma anche con tutti gli altri, trattandosi di processi che governano l’organizzazione. Ne consegue l’opportunità di integrare i componenti del Comitato Valutazione sinistri, previsti in composizione minimale dal decreto, con le professionalità necessarie ad una gestione integrale dei rischi che di volta in volta si affrontano.

Il decreto specifica che la funzione valutazione dei sinistri deve essere attivata senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, condizione assolutamente inattuabile, in considerazione sia del necessario investimento in profili professionali necessari per il suo espletamento (ad esempio, nella grande maggioranza delle strutture non esiste la figura e lo skill professionale del loss adjuster), sia della mole di contenzioso presente nelle grandi aziende, che necessitano di una struttura dedicata, specializzata e articolata con una pluralità di professionisti, che possono essere anche esterni. Difatti, il decreto ha ben delineato la vera funzione del Comitato Valutazione sinistri, superando l’ottica di mero organismo di gestione del contenzioso a favore di quella di fulcro centrale di gestione e prevenzione del rischio, da affrontare attraverso un team multidisciplinare, che, in primis, ha necessità di un investimento e di un forte commitment da parte della direzione strategica.

Il decreto richiede, in primis, che la funzione valutazione dei sinistri sia in grado di valutare sul piano medico-legale, nonché clinico e giuridico, la pertinenza e la fondatezza delle richieste indirizzate alla struttura. Tuttavia, è da rilevare che il comma 539 lett. d) dell’articolo 1 l.208/2015 stabilisce che tale funzione debba essere svolta anche nelle attività di stipulazione di coperture assicurative, oltreché nella gestione di coperture auto-assicurative. In realtà, il decreto avrebbe dovuto menzionare anche siffatta finalità assegnata dalla norma primaria e motivata dal fatto che gli indicatori ritenuti più utili per la scelta del modello di gestione (diretta o mista assicurativa), sono tutti nella disponibilità del Comitato Valutazione Sinistri (indice di sinistrosità, costo dei sinistri liquidati, importi accantonati, valutazione dell’assetto organizzativo e della capacità di adeguare l’organizzazione al modello di gestione sinistri risultato adeguato).

In particolare, il Comitato valutazione sinistri:
- valuta i sinistri allo scopo di individuarne il nesso causale con gli eventi che li hanno prodotti;

- individua una strategia condivisa di gestione del sinistro, favorendo i contatti con i legali di controparte per una migliore gestione dei sinistri gestiti «in proprio»;

- in caso di regime assicurativo, valuta l’impatto economico dei rischi, anche al fine di collocare il sinistro “sopra” o “sotto” il limite della Self Insurance Retention (SIR)/franchigia, secondo quanto previsto dal contratto di polizza, e si interfaccia con la Compagnia di Assicurazioni per una migliore gestione congiunta dei sinistri denunciati. E’da rilevare che anche le strutture assicurate hanno di massima sempre una quota di franchigia/Sir, al fine di rendere sostenibile il premio assicurativo, alleggerendolo di una parte dell’onere risarcitorio. La funzione gestione sinistri gestisce, in tutte le sue fasi, le richieste risarcitorie di valore rientrante nella sir, intrattenendo contatti con la controparte, decidendo le «strategie» da adottare ed esaminando i profili sanitari e legali, tenendo anche conto delle posizioni assunte dalla controparte;

- valuta le tipologie e l’entità degli eventuali danni arrecati a terzi con il coinvolgimento delle varie professionalità aziendali, anche ai fini della comunicazione di cui dell’articolo 13 della legge 24/2017, necessarie per una analisi dei sinistri, in una ottica preventiva finalizzata a scongiurare che si ripetano;

- in considerazione delle funzioni consultive, a carattere obbligatorio, ancorché non vincolante, formula la propria proposta motivata di definizione del sinistro sottoponendola alla Direzione generale/organo decisore, sulle richieste risarcitorie formulate nei confronti della struttura. Certamente, visto il carattere tecnico e multidisciplinare del Comitato, nelle strutture pubbliche, qualora la Direzione non voglia aderire al parere e decidere in difformità, dovrà adeguatamente motivare, per non incorrere in responsabilità erariale;

- contribuisce a individuare le aree di criticità che, dal punto di vista organizzativo e tecnico-professionale, sono suscettibili di dar vita a contenzioso, suggerendo le opportune azioni correttive, con il coinvolgimento dei professionisti chiamati in causa. Da questo punto di vista, uno strumento imprescindibile di monitoraggio della qualità e sicurezza delle cure è fornito dal Programma Nazionale Esiti, che va utilizzato sistematicamente per audit nel caso in cui, dal raffronto dei dati con le medie regionali e nazionali, emergano criticità;

- concorre alla definizione delle priorità di intervento e verifica i risultati conseguiti;

-contribuisce all’elaborazione dei dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso che vengono trasmessi dalle strutture sanitarie e sociosanitarie annualmente al Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente regionale, per la successiva trasmissione, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità.

In conformità a quanto stabilito dal citato comma 539, articolo 1, lett a) della legge 208/2015 e s.m.i., i verbali e gli atti conseguenti all'attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di procedimenti giudiziari. Tale divieto tiene conto del fatto che l’aspetto più rilevante della gestione del rischio è quello preventivo, fondato su un costante e sistemico meccanismo di controllo, verifica, check list, nel quale l’audit assume il rilievo di uno degli strumenti cardine della gestione. Attraverso l’audit il sistema sanitario si verifica, auto apprende, si mette in discussione. L’audit diventa mezzo di analisi dei percorsi, momento di consapevolezza per il sanitario e per chi gestisce l’intero processo da esaminare, il ponte gettato tra quello che talora e’ irrimediabilmente sbagliato e il processo da rettificare, affinché non si sbagli mai più o, comunque, con minore probabilità: in altre parole, l’esito dell’audit costituisce la base per una immediata azione correttiva, ove ve ne sia bisogno, e necessita della massima collaborazione di chi abbia eventualmente commesso un errore.

E’ evidente che tale collaborazione verrà prestata in maniera piena dai professionisti coinvolti solo se siano certi della impermeabilità dell'audit rispetto ai procedimenti giudiziari: ogni possibile contaminazione tra l'indagine interna ed un'eventuale indagine giudiziaria è destinata a frustrare forma di collaborazione del personale sanitario alla segnalazione ed al riconoscimento dell'errore e, conseguentemente, alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari. Per la stessa ratio, il suddetto divieto deve ritenersi esteso anche alla utilizzabilità di tali atti nell’ambito dei procedimenti disciplinari.

In questo ambito, tuttavia, si assiste a posizioni diverse della giurisprudenza amministrativa la quale, da un lato, afferma che il privato non detiene una posizione di interesse legittimo tutelabile avanti al giudice amministrativo in ordine agli atti con i quali l’amministrazione sanitaria organizza e attua al proprio interno l’attività di prevenzione e gestione del rischio per una più efficiente implementazione, sul piano generale, dei livelli essenziali di assistenza e una miglior tutela della salute dei pazienti che si rivolgono al Servizio sanitario nazionale, dall’altro, distinguendo tra l’attività di risk management e quella istruttoria relativa a specifici sinistri in concreto verificatisi, giunge ad affermare che l’esclusione normativa riguarda solo la prima, mentre deve confermarsi l’ostensibilità della seconda in ragione della finalizzazione di detta attività istruttoria all’accertamento della corretta applicazione delle regole della scienza medica, anche allo scopo della definizione in sede stragiudiziale dei sinistri.

Il Cvs ha anche un grandissimo rilievo nel processo di stima dei fondi (fondo rischi e fondo di messa a riserva), per le strutture in totale o parziale autoritenzione. Il Fondo Rischi opera a copertura dei rischi individuabili al termine dell'esercizio e che possono dar luogo a richieste di risarcimento a carico della struttura, per il quale l'importo accantonato deve tener conto della tipologia e della quantità delle prestazioni erogate e delle dimensioni della struttura; il Fondo riserva sinistri è costituito come messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi a sinistri denunciati e comprende l'ammontare complessivo delle somme necessarie per far fronte alle richieste di risarcimento presentate nel corso dell'esercizio o nel corso di quelli precedenti, relative a sinistri denunciati e non ancora pagati e relative spese di liquidazione.

La Struttura, per la costituzione del fondo rischi, deve includere nel bilancio preventivo una posta passiva relativa al valore delle richieste di risarcimento attese, calcolate in base ad una serie di parametri oggettivi per eventi dannosi non ancora conclamati ma che hanno la probabilità di verificarsi e valutazioni tecnico/attuariali, per le quali e’ dirimente il supporto del Comitato Valutazione Sinistri, che, grazie alla composizione multidisciplinare, deve avere contezza dei suddetti parametri.

Di prassi, il metodo di valutazione che la Struttura utilizza per la quantificazione del fondo di messa a riserva si basa sulla analisi tecnica dei fascicoli relativi ai singoli danni ancora aperti, effettuata dal loss adjuster, con il supporto del medico legale. Il decreto specifica, infatti, che il processo di stima dei fondi, in applicazione degli specifici principi contabili di riferimento, laddove necessario, dovrà richiedere particolari conoscenze e l'utilizzo di tecniche probabilistico-attuariali ed idonee esperienze ai fini della misurazione dei relativi oneri da fronteggiare con la costituzione dei fondi. Attualmente le strutture hanno un solo Fondo, ma, entro 24 mesi, dovranno costituire ambedue i Fondi, basati sui dati storici aggregati e proiettati nell’arco dell’anno di riferimento.

Ovviamente, soltanto le passività probabili dovranno confluire nei fondi, con mera annotazione nella Nota Integrativa per quelle possibili. Rispetto alla definizione della probabilità emergono, tuttavia, alcuni aspetti critici. Talora si ritiene che tra le passività probabili rientrino esclusivamente i danni in contenzioso, ma tale impostazione non appare corretta, sia per difetto (carente valutazione) che per eccesso (pretesa ritenuta infondata). Altro aspetto riguarda quale quantum prendere a riferimento. È necessario che, almeno a livello regionale, ci siano Linee operative comuni per l’appostazione delle riserve, sia per le strutture pubbliche che per quelle accreditate. Tali Linee dovrebbero essere precedute dalla disponibilità di dati certi sulle passività probabili (non necessariamente limitate al contenzioso in essere) e sulle relative appostazioni in bilancio. Disporre di dati certi e verificati servirà anche a monitorare l’efficacia delle azioni di risk management.

Sarà il Cvs a dover fornire il supporto al fine della determinazione di corrette e congrue poste da inserire in bilancio. La congruità degli accantonamenti dei due fondi deve essere certificata da un revisore legale ovvero dal Collegio sindacale. Occorrerà, pertanto, che la struttura, con un processo di massima trasparenza, predisponga un cruscotto informativo adeguato. Sarebbe necessario uno strumento informatico per la gestione dei rischi su più livelli dell’organizzazione, uniforme per tutte le strutture, che possa supportare il management nelle scelte politiche di gestione nei piani di prevenzione del rischio e di finanziamento dello stesso.

Il lavoro da fare sarà notevole, per la raccolta e la valutazione dei dati storici, propedeutici alla costituzione dei fondi, soprattutto per le aziende in autoritenzione da molto tempo, che spesso hanno agito in assenza di qualunque indicazione regionale in materia; trattasi di tematica molto delicata che comporta alti livelli di responsabilità della direzione strategica.

La definizione dei Fondi è un’attività dinamica, che prevede l’aggiornamento periodico del valore al sopraggiungere di circostanze che impongono una rivalutazione del danno nell’an o nel quantum (consulenze medico legali di parte o d’ufficio, consulenze medico specialistiche, pronunce del Comitato di Valutazione Sinistri, pareri di second opinion, orientamenti del contenzioso giudiziale, risultanze dell’ATP), in cui gioca un ruolo imprescindibile il Comitato Valutazione Sinistri, in quanto organismo competente all’individuazione dei rischi da tradurre in elementi necessari all’assicuratore per l’offerta relativa alla definizione del premio, ovvero in grado di definire l’andamento di Fondi congrui con la dimensione e complessità della struttura. La congruità deve essere una variabile dipendente di un processo sistematico di identificazione dei rischi, analisi e valutazione degli stessi, accompagnata da una strategia di mitigazione, che deve essere monitorata nel tempo.

Il mondo sanitario è in profonda trasformazione, soprattutto grazie ai finanziamenti del PNRR, che hanno determinato la necessità di riforma dell’assistenza territoriale, licenziata con il DM 23 maggio 2022 n 77, Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale. I nuovi modelli territoriali (Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative territoriali, 116117, Assistenza Domiciliare Integrata, telemedicina) sicuramente porranno nuove tematiche in tema di gestione del rischio, in un ambito tutto da esplorare, monitorare e valutare, anche ai fini della costituzione del fondo rischi.

Difatti, il comma 2 dell’articolo 17 del decreto richiede alla struttura di valutare, gestire e monitorare i rischi in un’ottica attuale e prospettica. Lo sviluppo della nuova sanità territoriale, in stretta correlazione con le riforme previste dalla Missione 5 del PNRR, porrà nuove questioni di gestione del rischio rispetto alla presa in carico globale del paziente, alla continuità delle cure, alla casa quale primo luogo di cura, aprendo nuovi scenari di prevenzione del rischio, anche sul versante della prevenzione, degli screening, delle strutture sociosanitarie, della telemedicina, dell’Intelligenza artificiale, tutti aspetti ad oggi non sufficientemente approfonditi. Sul fronte della sanità territoriale, l’articolo 7 comma 2 della l.24/2017 estende la responsabilità contrattuale della struttura, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, alle prestazioni sanitarie svolte in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.

La disposizione presenta non poche criticità, soprattutto relativamente all’estensione della responsabilità delle aziende alla medicina convenzionata, che comprende il mondo delle cure primarie (Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta) e degli specialisti ambulatoriali. Le Aziende, infatti, si trovano ad essere responsabili sotto il profilo professionale di professionisti che non governano sotto il profilo dell’organizzazione, soprattutto con riferimento ai MMG e ai PLS, che costituiranno il pilastro della nuova sanità territoriale. Il PNRR Missione 6 prevede, altresi’, l’investimento “Telemedicina per un migliore supporto ai pazienti cronici” che, con il DM del 1° aprile 2022, è stato articolato in due sub-interventi: Piattaforma di Telemedicina e Servizi di Telemedicina. Rispetto alla tematica della sicurezza delle cure praticate con la telemedicina, un primo problema riguarda la necessità di una piattaforma di consenso che garantisca scambi sicuri. Inoltre, è indispensabile una diffusa educazione digitale sia degli operatori sanitari che dei pazienti e loro caregiver.

Le linee guida delle società scientifiche devono, infine, includere indicazioni per il processo in remoto, oggi praticamente assenti. L’impiego dei software di Artificial Intelligence introdurrà, effettivamente, un ulteriore livello nella responsabilità in sanità. In Italia, al momento, le tecnologie, gli strumenti, i dati, le infrastrutture, le competenze, si stanno facendo via via sempre più disponibili, ma esistono lacune a livello normativo e regolamentare che il Governo sta cercando di colmare, mentre il quadro regolatorio europeo avanza. Bisogna affrontare sfide in termini di formazione, evoluzione regolatoria, collaborazione pubblico-privato, sviluppo della cultura digitale, rischi da governare ed imputare correttamente al fine di creare le necessarie precondizioni per una piena adozione dell’innovazione digitale basata su IA in ambito sanitario.

L’obiettivo deve essere quello di promuovere la creazione di un ecosistema dinamico, in grado di produrre nuove soluzioni sulla base di un accesso ai dati più fluido e capillare e minimizzare i rischi all’uso di tecnologie avanzate. Dopo l’esperienza del Covid, una valutazione del rischio da tenere presente riguarda anche la preparazione delle emergenze, per identificare e ridurre i rischi associati a disastri naturali, emergenze sanitarie e altri eventi catastrofici. Tra gli esempi, la valutazione dei rischi legati alle procedure di evacuazione, ai piani di risposta alle emergenze, ai sistemi di comunicazione e alla disponibilità di forniture mediche durante le emergenze. Altra criticità di rilievo riguarda le infezioni nosocomiali, oggetto di una recente sentenza della Suprema Corte, con oneri probatori piuttosto impegnativi per la struttura.

In conclusione, come stabilito dal comma 3 dell’articolo 17 del decreto, per la determinazione del fondo rischi e del fondo riserva sinistri, i processi di valutazione, di cui la struttura si dota, dovranno tenere conto dell'insorgenza di questi nuovi rischi.

Un problema rilevante riguarda la disponibilità di risorse economiche per la mitigazione o eliminazione dei rischi. Questo aspetto ha una importante ricaduta in termini di Responsabilità delle Direzioni Strategiche. L’intero impianto del decreto attuativo ribadisce l’invarianza finanziaria degli interventi necessari, come aveva già fatto la legge 24/201. La stessa costituzione di due Fondi al posto di uno solo produrrà un impatto importante sui bilanci, almeno nella prima fase di costituzione.

Tiziana Frittelli

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