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Giovedì 21 MARZO 2024
Gli errori sui fondi per la messa in sicurezza degli ospedali

Fare di una scelta politica (che per quanto sbagliata sia) l’occasione per giustificarla a tutti i costi, anche ricorrendo alle favole, è l’errore più grosso che si possa fare. Occorrerebbe ammettere lo sbaglio e riparare. Non già peggiorare le cose ricorrendo alla confusione sulle regole.

Il contendere sul tema sottolineato dal Giudice dei conti «che al 31 dicembre 2023 le risorse non ancora utilizzate attribuite all’articolo 20 sono pari a 9,9 miliardi e che esse sono state ripartite tra le regioni, il loro utilizzo effettivo è subordinato alla indicazione in bilancio di importi spendibili compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica», rappresenta l’assurdo. Ciò in quanto, l’assunto non è altro che la fotografia del saldo delle disponibilità dell’art. 20 della legge 67/1988 che finanzia (malissimo perché distribuita con criteri di squisita convenienza politica e non sulla base del reale fabbisogno) la edilizia sanitaria delle regioni.

Supporre quindi di trovare in questo la giustificazione al taglio di 1,25 miliardi al Fondo Nazionale Complementare (FNC) al PNRR, è un errore politico marchiano della premier Meloni. Primo perché ammette la sottovalutazione che il Governo fa di una sanità in officina con il motore fuso. Secondo perché non conosce bene le regole e le confonde, perché non adeguatamente informata.

Del resto, i ministri coinvolti (Fitto, Giorgetti e Schillaci) consentono solo al primo di fare il portavoce di tutto, invero con un fare francamente inadatto all’ascolto di chi dell’assistenza ha bisogno assoluto, finanche per vivere.

Indisporre dialetticamente sui temi della sanità e andare sempre a testa bassa sull’operato della Corte dei conti, più esattamente sulla memoria sul decreto-legge 2 marzo 2024 n. 19, è fare male il ministro. Specie allorquando critica duramente la Corte dei conti. Quella che ha giustamente rilevato una assurda decurtazione degli anzidetti fondi destinati alla messa in sicurezza degli ospedali, dei quali tantissimi ad elevato rischio sismico.

Raffaele Fitto pare che, da tempo, abbia sotterrato l’ascia di guerra contro il Giudice contabile che esercita la giurisdizione, costituzionalmente attribuitagli, indispensabile al controllo dei conti della politica. Da qui, dalla battaglia scatenata sul controllo concomitante in poi, un continuo offendere e sminuire il ruolo della Corte dei conti arrivando ad attribuire alla medesima la paternità, riferita al contenuto della suddetta memoria, di dedicare all’operato del governo cui lo stesso fa parte «inutili polemiche strumentali». Il sottolineare poi la discontinuità del Magistrato “inquisito”, nel senso di accusarlo di “maggiore attenzione” negativa sul facere dell’attuale Governo, diventa pericoloso e diseducativo, atteso che mette in dubbio la obiettività della magistratura contabile, nei cui confronti sono in tanti a riconoscergliela, e ampiamente.

Fare di una scelta politica (che per quanto sbagliata sia) l’occasione per giustificarla a tutti i costi, anche ricorrendo alle favole, è l’errore più grosso che si possa fare. Occorrerebbe ammettere lo sbaglio e riparare. Non già peggiorare le cose ricorrendo alla confusione sulle regole.

Ma cosa c’entrano con quanto sottolineato dalla Corte dei conti l’affermazione del ministro Fitto che «Il decreto non ha operato nessuna riduzione delle risorse alla Missione Salute: la dote complessiva è rimasta a 15,625 miliardi, e in aggiunta il Governo ha assicurato ulteriori 500 milioni di euro per l’incremento dei costi delle materie prime»? E ancora. Con l’altra che «residuano 2,2 miliardi liberi e per i quali non risulta alcuna richiesta di impiego da parte delle Regioni».

Praticamente nulla!

Togliere quattrini alla Calabria e simili per rimettere in piedi l’assistenza è praticamente un “reato” della politica, inteso nel senso che è fatto esercitando scelte scellerate.

Ettore Jorio

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