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Gentile Direttore, Si parla infatti di “potenziare le risorse finanziarie, umane, digitali, strumentali, strutturali e tecnologiche del sistema sanitario, in modo da fornire un contributo tangibile al rafforzamento dell’assistenza sanitaria”, ma poi di fatto ci si imbatte con un astratto “percorso di implementazione dei modelli e degli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale”. Quando si indica la attivazione (speriamo anche con adeguato personale ..) delle Case della comunità e l’Ospedale di comunità, sappiamo che questi non daranno soluzione ai gravi problemi in cui si dibattono servizi territoriali quali salute mentale, neuropsichiatria infantile, servizi per le dipendenze e consultori familiari. E poco aiuto verrà, in questi ambiti, ove è centrale la interazione diretta, dallo sviluppo di una assistenza domiciliare che favorisca le interazioni medico-paziente a distanza, attraverso la telemedicina. Siamo convinti che sia importante attivare le Centrali Operative Territoriali (COT) per coordinare presa in carico della persona e raccordo tra servizi coinvolti nei diversi setting assistenziali, ma di domandiamo quale efficacia potrà avere nel momento in cui i servizi coinvolti non hanno personale o risorse per intervenire. Ed è certo importante l'implementazione di nuovi modelli di assistenza territoriale con la raccolta uniformata dei dati sanitari e all’aggiornamento delle cartelle cliniche, ma risolverà il problema di cosa fare di questi dati, e soprattutto con quali strumenti? Quando poi di parla del capitale umano, "leva essenziale della sanità pubblica e nessuna innovazione tecnologica lo potrà sostituire”, gli interventi sono la formazione ed un vago affrontare le carenze "attraverso la realizzazione di condizioni economiche e assunzionali” senza chiarire se questo significa una reale politica sui tetti di spesa, sul blocco delle assunzioni, e sulle garanzie di standard certi. Ci colpisce che la attuazione del Programma Nazionale Equità nella salute, sostenuto da risorse dei Fondi Europei, che fra le sue quattro aree di intervento indica anche “prendersi cura della salute mentale”, preveda specifici Piani di intervento solo in sette Regioni del Mezzogiorno, dimenticando che le carenze nel funzionamento dei servizi sono a livello nazionale, e Regioni del nord brillano per budget dedicati inferiori a molte regioni del sud. E’ certamente importante che vi sia un aggiornamento dei LEA con l’inserimento di nuove prestazioni, ma il modesto finanziamento per queste non aiuterà a risolvere cil problema che i Lea già esistenti nella salute mentale non possono essere garantiti. Il paragrafo specifico (11.3) indica per la salute mentale alcune aree. In primo luogo la necessità di affrontare la problematica relativa alla prevenzione dei comportamenti suicidari, in particolare per la popolazione giovanile, chiedendo una preliminarmente analisi di contesto prima di elaborare linee di indirizzo specifiche. Ma la traduzione non sarà: nessuna indicazione chiara con risorse adeguate ma un tavolo di lavoro che in futuro fornirà indicazioni? E cosa significa poi "lavorare all’aggiornamento del Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale (PANSM)”? Significa dire ancora una volta cosa bisogna fare, o questa volta dirà anche con quali strumenti reali? E quando, dichiarando la intenzione di proseguire con le attività volte al miglioramento dell'assistenza alle persone con Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, si fa riferimento a quanto già raccomandato dai documenti di indirizzo, questo lascia qualche ipotesi che ci saranno particolari finanziamenti per garantire risorse adeguate? In fondo, per quanto riguarda l’Autismo si parla di proseguire le azioni ed interventi di sistema finalizzati alla presa in carico, specificando che i fondi sono quelli già finanziati con il Fondo per la cura dei soggetti con Disturbo dello Spettro Autistico. E lo stesso concetto di continuità (di interventi e di risorse) avviene per quanto riguarda la tutela della salute mentale in ambito penitenziario, sia per quanto riguarda la tutela della salute mentale nelle carceri, sia per quanto riguarda gli autori di reato affidati ai Dipartimenti di Salute Mentale ed alle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). Per le Dipendenze si parla solo di disturbo da gioco d'azzardo, con particolare attenzione alla dipendenza da internet e al gaming disorder nell'infanzia e nell'adolescenza; e per quanto riguarda la neuropsichiatria infantile troviamo pochi riferimenti nel paragrafo sui Consultori, con la indicazione di una “promozione del benessere psicofisico degli adolescenti, anche attraverso la tutela della salute sessuale e riproduttiva”; di un “sostegno alle attività del Comitato Nazionale per l’Assistenza pediatrica e adolescenziale per il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi in area pediatrico-adolescenziale”; oltre a una “prosecuzione delle attività di prevenzione e promozione della salute dei giovani”. Alla fine, per quanto riguarda la salute mentale, in questo documento conta più quello che non viene detto rispetto a quello che viene detto. Non viene detto che tutto rimane immutato, specie per quanto riguarda organizzazione e risorse, ma poi è l’unica cosa che emerge chiara. E solo pochi ambiti al suo interno sono meritevoli di menzione. Occorre essere autistici, con un disturbo alimentare, tentativi suicidari e qualche reato per essere degni di attenzione (anche se poi rischia di rimanere sulla carta). Tutto il resto è invisibile. E pensare che fioriranno celebrazioni per i 100 anni dalla nascita di Basaglia! Andrea Angelozzi
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Mercoledì 13 MARZO 2024
Se sulla salute mentale la scelta è di far restare tutto immutato
è con rinnovato ottimismo che ho cominciato la lettura dell’Atto di Indirizzo 2024 del Ministero della Salute, di cui Quotidiano Sanità ci offre tempestivamente notizia. Un ottimismo che ha dovuto però fare subito i conti con la maniera in cui venivano declinate alcune importanti premesse che iniziano il documento.
Psichiatra
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