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Gentile Direttore, Anche io ho ordinato ma non ho ancora letto il suo nuovo pamphlet “Medici vs cittadini. Un conflitto da risolvere”. Per cui in questa circostanza mi limito a riferirmi a ciò che ho letto fino ad ora sul suo giornale. Anche io, come è stato autorevolmente scritto dal vicepresidente dell’ordine dei medici di Bologna (QS 4 marzo 2024) di cui ho molto apprezzato l’articolo, considero il prof Cavicchi un maître a penser che conosce come pochi la sanità e la medicina e che a differenza degli altri, pur pregevoli analisti e commentatori, si prende la responsabilità di proporre in una società ormai altra, un vero pensiero di cambiamento quello che i miei colleghi inglesi con una pittoresca espressione ma molto efficace chiamano “breakthrought”, cioè la “svolta” creata attraverso (throught) una rottura (break). Io come il dottor Pizza credo che Cavicchi sia posizionato “oltre” proprio perché pensa (senza paura di farsi ridere dietro come lui dice spesso) “svolte” e “rotture” per salvare la sanità pubblica e rilanciare la medicina scientifica. Anche io quindi faccio i complimenti all’Anaao dell’Emilia-Romagna per aver dato il premio “personaggio dell’anno” al prof Cavicchi, se non a lui a chi? Ricordo che Cavicchi è colui che ha scritto per conto della Fnomceo le 100 tesi a supporto dei medici per ripensare il loro ruolo in un’ottica post-moderna, un testo successivamente snobbato dai medici stessi, ma che ai nostri occhi resta una straordinaria guida per ripensarsi ed evolvere in simmetria con le complessità della società di oggi. A questo punto non mi stupisce la sua dissociazione dalla Fnomceo come ha scritto nel suo articolo (QS 1° marzo 2024). È semplicemente un atto di coerenza. Quello che colpisce è che la Fnomceo non si preoccupi di perdere il sostegno di un maître a penser, l’ultimo che ci è rimasto come dice Pizza, cioè di perdere, se non rompere con il pensiero che è dietro a quelle 100 tesi e che ricordo avrebbero dovuto cambiare come una “magna carta” (così erano state definite dal presidente della Fnomceo) le sorti di questa importante professione. Io credo che senza “svolte” e senza “rotture” (breakthrought) la sanità sia destinata a un declino irreversibile. Oggi tutte le professioni davanti ai rinoceronti, senza un pensiero che le ripensi sono destinate ad essere anacronistiche creando un vuoto in cui i problemi si moltiplicano. La crescita del contenzioso legale contro i medici e gli altri operatori, ma anche l’incremento delle violenze contro le quali si è dovuto addirittura fare una legge (L 113/2020), l’alto turno over indubbiamente fanno parte di questo declino. E il prof Cavicchi non si smentisce e ci propone un altro break throught. Nella circostanza creata dalla commissione D’Ippolito la proposta di passare dalla depenalizzazione dell’atto professionale (la strategia del downsizing come la definisce nel suo articolo) alla depenalizzazione della complessità della medicina, ha ragione il dottor Pizza, è una idea affascinante. Personalmente considero la depenalizzazione del solo atto medico una idea sbagliata ingiusta e improbabile. La depenalizzazione della complessità di cui nessun operatore è responsabile e vale per tutti per i medici, infermieri e per tutti gli operatori diventa allora il vero breakthrought, ma per farla ci vuole una ridefinizione giuridica. A partire dallo studiare la complessità, le contraddizioni, le regressività e su questo problema ho diversi dubbi e diverse preoccupazioni. Il primo è che tutti ripropongono a ragione, la “questione medica” la grande questione dalla quale si è partiti nel 2015, analizzandola in modo banale cioè riducendo il conflitto sociale tra sanità e cittadini a lite giudiziaria. Ma se si banalizza il conflitto sociale (che è in realtà una quasi guerra civile) alla lite giudiziaria come sta facendo la commissione d’Ippolito non si risolvono le contraddizioni alla base della conflittualità. Pure il dottor Macri insiste sulla complessità della questione medica (Qs 5 marzo 2024) che proprio perché tale non può essere tradita con le semplificazioni e le banalizzazioni. Ma l’elemento che più mi sta a cuore è che oltre ai medici esistono anche altri operatori. E in quanto abitanti lo stesso sistema sanitaria, quando si presenta una questione dalla portata della questione medica, anche gli altri professionisti provenienti dalla stessa matrice biomedica-positivista ne risentono. E come ha scritto anni fa proprio Cavicchi, anche gli infermieri presentano diverse contraddizioni. Una vera e propria “questione infermieristica” evidenziata da una professione ferma nella fase della post ausiliarietà. Uno stop che si ravvisa in prassi ferme a modelli biomedici e prestazionali mentre le domande sono evolute e complesse. Ma in questo disallineamento ci siamo tutti ed espone tutti, i medici come gli infermieri e le altre professioni al conflitto sociale. E allora la proposta degli “autori”, di scambiare autonomia e responsabilità in cambio di esiti può diventare la chiave più adeguata a una ridefinizione giuridica di tutti i professionisti, siano essi medici o infermieri. Di fronte al conflitto sociale che porta gli operatori in tribunale non si possono ridefinire giuridicamente i medici che hanno delle relazioni vincolanti con altri operatori senza ridefinire giuridicamente allo stesso tempo anche gli altri operatori. I medici e gli infermieri e gli altri professionisti sono professioni diverse, ma complementari, adiacenti e contigue e appartengono agli stessi stereotipi formativi. Sono formati sostanzialmente allo stesso modo, condividono il comune paradigma positivista e hanno nei confronti dei “rinoceronti” fondamentalmente gli stessi problemi, le stesse inadeguatezze e contraddizioni. Quindi un contenzioso legale comune. Ma nonostante esiste una complessità comune, rinoceronti comuni, contesti di lavoro comuni, organizzazioni comuni, da quel che si legge sembra che esista solo il contenzioso legale per i medici. Ma non è così e ne sono la conferma gli orientamenti della Cassazione Penale che ci dicono che sui professionisti dell’area infermieristica grava l’onere della medesima “posizione di garanzia” nei confronti del paziente. La Suprema Corte ha chiarito che la responsabilità dell'infermiere è pari a quella del medico, perché anch'egli è garante della salute del paziente affidatogli[1]. Sicuramente la questione non è facile. Tuttavia, pur nella consapevolezza del lavoro difficile cui si trova di fronte la commissione D’Ippolito, mi pare che l’attenzione sia molto sbilanciata sui medici e poco attenta ai problemi delle altre professioni, addirittura per nulla attenta alle grandi questioni del lavoro di equipe quale elemento cardine nei processi di presa dei bisogni oggi prevalente nella società legati alla cronicità, disabilità e fragilità. Giuliana Morsiani [1] È un fatto ormai consolidato che esiste una responsabilità penale dell’infermiere nel lavoro di équipe.(Di Silvia Dell’Elce La responsabilità penale dell’infermiere nel lavoro di équipe Altalex 20/10/2017).
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Giovedì 07 MARZO 2024
Responsabilità professionale. Attenzione a concentrarsi solo sui medici
sto seguendo sul suo giornale con vivo interesse il confronto di idee e opinioni che ha preso forma all’indomani della pubblicazione sul suo giornale dell’articolo del prof Cavicchi sulla commissione D’Ippolito (QS 1marzo 2024) quindi sulla questione della responsabilità professionale.
Infermiere PhD
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