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Lunedì 05 FEBBRAIO 2024
Emergenza-urgenza, nelle sedi disagiate è allarme. Lantini: “Necessario ripensare il sistema”

La carenza di medici nell’emergenza-urgenza si fa sentire, soprattutto nei PS periferici. “Molti si reggono con soli 4 o 5 medici in servizio. C‘è elevato stress lavoro correlato, impossibilità di godere le ferie e poca conciliazione dei tempi di vita e lavoro, nonché grosse difficoltà a garantire una assistenza di qualità. È urgente una profonda reingegnerizzazione del sistema”, dice Viviana Lantini, il direttore della S.C. d’accettazione ed urgenza della Assl di Carbonia.

Le sedi periferiche e disagiate della Sardegna sono maggiormente in sofferenza anche su quella che è l’assistenza emergenziale rappresentata dai pronto soccorso che devono poter garantire l’urgenza dei casi seri di salute. A contattare Quotidiano Sanità per affrontare l’argomento e sollevare alcuni spunti di intervento è il direttore della s.c. di medicina e chirurgia d’accettazione ed urgenza della ASSL di Carbonia, Viviana Lantini, con oltre 30 anni di esperienza che tutt’ora dedica in questa delicata branca medica.

“Il sistema dell’emergenza sta attraversando in questi anni una crisi profonda – spiega la direttrice Lantini -. I medici che lavorano nell’emergenza-urgenza sono sempre stati la cenerentola dei medici ospedalieri. Qualcosa è cambiato forse solo negli ultimi anni. La drammatica pandemia causata dal covid-19 che ci ha visto impegnati in prima linea ha fatto maggiormente emergere l’importanza dell’attività del medico di pronto soccorso. Un lavoro difficile, faticoso, pieno di insidie. Nessun altro professionista è tenuto a fare una diagnosi in tempi brevissimi a pazienti mai visti, di cui si conosce poco o nulla”.

“È necessaria competenza, occhio clinico, resistenza alla fatica e allo stress e spesso tanto tanto coraggio! Eppure per me resta il più bel lavoro che esista, penso alla sensibilità umana e all’assistenza sanitaria che riusciamo a dare ai numerosissimi casi di pazienti che ogni giorno si rivolgono a noi all’accesso del pronto soccorso. Mi chiedo allora perché tante borse di specializzazione in quest’area medica vadano deserte ogni anno, causando una grave carenza di specialisti dell’emergenza che sta mettendo in crisi il sistema e l’assistenza ai pazienti”.

“Va fatta una riflessione sulle condizioni di lavoro degli specialisti di questo reparto. Molti pronto soccorso periferici della nostra isola si reggono appena con soli 4 o 5 medici in servizio, con conseguente elevato stress lavoro correlato, impossibilità nel godimento delle ferie e poca conciliazione dei tempi di vita e lavoro e soprattutto grosse difficoltà per garantire una assistenza di qualità. Anno dopo anno i nostri P.S. hanno sempre meno medici, molti sono andati in pensione e moltissimi si sono licenziati”.

“Non possiamo permetterci, in un governo di una sanità che vantiamo per essere ‘pubblica’, di allontanare da reparti fondamentali come quello dei pronto soccorso l’attrazione dei giovani medici dalle specializzazioni di questo indispensabile ramo della medicina che cura quotidianamente l’emergenza di tantissimi pazienti. È dunque urgente e necessaria una profonda reingegnerizzazione del sistema dell’emergenza che parta da una corretta informazione ed educazione della popolazione a non intasare il P.S. per patologie risolvibili in altre tipologie di assistenza (medico di base, specialistica ambulatoriale) e da una centralizzazione delle patologie tempo dipendenti negli ospedali più idonei. E’ inoltre necessario pensare ad una incentivazione economica degli specialisti in emergenza urgenza per lavorare in sedi disagiate e periferiche, aprendo più tavoli di confronto con gli stessi per venire a capo delle problematiche che oggi portano a respingere le offerte di opportunità di lavoro in questi territori, ai quali deve essere garantita equa l’assistenza medica e sanitaria, così come la si assicura nelle città di provincia e meglio collegate”.

“Ed a proposito di collegamenti, nelle sedi periferiche e disagiate devono poter essere maggiormente garantiti trasporti veloci verso i centri HUB in caso di emergenza, così come dalle piccole isole di Carloforte e la Maddalena. Anche col servizio di elisoccorso. Ancora, devono essere potenziati i servizi di telemedicina e garantiti i tempi di intervento per le patologie tempo dipendenti come, ad esempio, nelle situazioni emergenziali di infarto, ictus, politrauma e materno infantile. La telemedicina deve poter essere resa maggiormente efficiente anche per i pazienti affetti da diabete e con scompenso cardiaco. Fare prevenzione sul territorio significa in molti casi evitare di arrivare a causare un eccessivo ricorso al pronto soccorso degli utenti per queste patologie, significa ‘curare’ anche gli stessi P.S. prevenendo situazioni di overcrowding (sovraffollamento) e boarding, che si verifica dall'accumulo nei P.S. dei pazienti che hanno già completato il percorso assistenziale ma che, per cause diverse, non possono essere dimessi dagli stessi pronto soccorso”.

“Ricordiamoci poi che registriamo sul territorio un bambino ogni sette anziani. Numerosissimi nei Comuni periferici e dell’interno Sardegna. Da qui nasce l’esigenza di sviluppare l’area medica geriatrica e reparti di lungodegenza per una presa in carico olistica del paziente dai 70 anni in su. Riguardo ciò, ben venga su questo settore la realizzazione della scuola di specializzazione in geriatria, che parte da Isili. Sia solo un punto di partenza affinché il servizio possa essere esteso nel tempo sull’intero territorio regionale” – conclude Lantini.

Elisabetta Caredda

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