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Lunedì 29 GENNAIO 2024
Sanitari esonerati da mansioni pesanti. Opi Roma: “Prima causa è l’anzianità della forza lavoro”
La Regione Lazio starebbe per avviare un’indagine sui certificati dei dipendenti della sanità regionali esonerati dalle mansioni più pesanti per idoneità. Per il presidente dell’Opi Zega “i controlli rigorosi sono certamente positivi, ma non ci si illuda di risolvere con semplici misure di opportuna severità. Serve un’attenta politica sanitaria orientata ad una graduale riduzione della età media dei professionisti”.
La Regione Lazio intenderebbe avviare una indagine sui certificati di migliaia di dipendenti del Servizio sanitario regionale ‘inidonei’, vale a dire che beneficiano, in virtù di certificazione medica, del minor aggravio e dunque dell’esonero dalle mansioni più pesanti. Un’ipotesi su cui il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (Opi) di Roma, Maurizio Zega, non per contestare l’azione del governo regionale, piuttosto per chiedere che un tale eventuale accertamento porti a una analisi approfondita del fenomeno.
“È certamente positivo che si effettuino controlli rigorosi sul fenomeno degli “inidonei” nei dipendenti delle professioni sanitarie del servizio sanitario regionale. Non si può tuttavia fermarsi alla semplice constatazione del fenomeno e attribuirlo soltanto a distorsioni e mala fede”, dichiara Zega.
L’Opi cita, dunque, alcune cifre che riguardano gli Infermieri. Gli iscritti all’Ordine di Roma e Provincia sono 34.505. Di questi, 15.000 hanno più di 50 anni, vale a dire il 44,9 del totale. Il 28% degli iscritti sono addirittura ultracinquantacinquenni. L’età media di un infermiere romano è di 47 anni. “Cifre eloquenti, che ancor più lo sono quando si considera che la professione è inclusa fra quelle usuranti. Che il personale di questa età si ritrovi con percentuali cospicue di persone non idonee a diversi compiti non dovrebbe stupire più di tanto”.
Ma c’è di più. “Occorre infatti considerare – scrive l’Opi di Roma - che la carenza “di fatto” di personale, nei reparti che sulla carta sembrano sufficientemente coperti, va collegata non solo al problema degli “inidonei” ma anche agli effetti dei benefìci previsti dalla legge 104/92. I Cinquantenni è assai probabile che si trovino ad avere dei familiari “grandi anziani”, e bisognosi quindi di assistenza: donde l’uso delle opportunità offerte dalla legge richiamata; il che però significa, con i previsti 3 giorni al mese di assenza, che ogni 10 dipendenti che la utilizzano si ha una risorsa professionale in meno”.
“È dunque - prosegue Zega - il combinato disposto dell’età avanzata della forza lavoro e degli effetti della legge 104 a generare in modo per così dire strutturale il problema, ben oltre fenomeni di abuso che vanno certamente repressi. Ben vengano quindi i controlli, ma non ci si illuda di risolvere con semplici misure di opportuna severità un fenomeno che affonda le sue radici nella evoluzione demografica e, nel caso degli infermieri, sulla evidente e crescente scarsa propensione a scegliere questa professione: sono in calo gli iscritti al corso di laurea, le nuove leve non riusciranno in nessun caso a rimpiazzare quelle che la gobba pensionistica vede in dirittura di pensione”.
“Ancora una volta: non misure tampone e occasionali iniziative straordinarie possono risolvere il problema della forza lavoro infermieristica ma una attenta politica sanitaria orientata ad una graduale riduzione della età media dei professionisti, mediante accorta pianificazione a lunga scadenza: bisogna saper guardare al domani, e meglio ancora al dopodomani, come dovrebbe essere costume degli uomini di stato”, conclude il presidente dell’Opi di Roma.
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