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“La pandemia ha messo a dura prova il sistema evidenziandone i punti di forza e le vulnerabilità” e oggi “appare sempre più necessario bilanciare i costi e le risorse disponibili con l'offerta di servizi di alta qualità”. A dirlo è il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Roma e segretario generale del Sumai-Assoprof, Antonio Magi, che in questa lunga intervista a Quotidiano Sanità, fa un’analisi dei punti deboli del nostro sistema e dei cambiamenti che servirebbero per rilanciare il sistema sanitario, a livello nazionale ma anche nella Regione Lazio. “La salute è una priorità per le persone e per il paese e dovrebbe essere trattata come tale rifinanziandola in modo adeguato”. Il SSN italiano era noto per fornire un'assistenza sanitaria universale e relativamente efficiente sebbene ci fossero sfide significative come le disparità regionali nella qualità dell'assistenza, la sostenibilità finanziaria a lungo termine, le liste d’attesa e il sovraffollamento negli ospedali e nei Pronto Soccorso. La pandemia ha messo a dura prova il sistema evidenziandone i punti di forza e le vulnerabilità.
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Lunedì 29 GENNAIO 2024
“Servono risorse ma anche riforme. Contro la fuga del personale, il Governo deve fare presto”. Intervista ad Antonio Magi
Non solo risorse. Il rilancio del Ssn, per il presidente dell’Ordine dei medici di Roma e segretario del Sumai-Assoprof, deve passare attraverso riforme che puntino alla sostenibilità e all’efficienza, all’accessibilità delle cure e alla qualità dell'assistenza. Prioritarie le politiche per il personale. “I vecchi Governi hanno affossato il Ssn. Questo Governo deve dimostrare con i fatti quello che dice”. E sul Lazio di Rocca: “Molte scelte sinora approvate mancano del nostro contributo, che avrebbe certamente dato un valore aggiunto”.
Presidente Magi, come valuta la situazione attuale del Ssn?
La situazione attuale del Servizio Sanitario Nazionale a mio avviso richiede una valutazione su diversi aspetti, tra cui l'efficienza del servizio, l'accessibilità delle cure, la qualità dell'assistenza sanitaria, l'impatto della pandemia da COVID-19, le riforme o i cambiamenti recenti e quelli attualmente in itinere necessari per dare applicazione al PNRR.
Nello specifico quali sono per i punti chiave da considerare?
In primis l’accessibilità delle Cure: il SSN italiano è progettato per garantire l'accesso universale alle cure ma le liste d’attesa e la difficoltà di accesso, in tutte le regioni, evidenzia la difficoltà ad offrire risposte di cura nei tempi e nei modi giusti da parte del SSN.
Poi c’è la qualità dell'Assistenza. Generalmente nonostante gli organici depauperati di medici e infermieri la qualità dell'assistenza sanitaria resta ancora alta ma ovviamente varia significativamente tra le regioni del nord e del sud.
Inoltre, la pandemia ha messo in luce la resilienza e l'efficienza di alcune parti del sistema, le sfide relative alla risposta della domanda di salute del territorio e la capacità di ricezione ospedaliera oltre alla distribuzione delle risorse economiche e di personale.
Poi c’è la questione dell’innovazione e degli investimenti. La capacità del SSN di adottare nuove tecnologie e pratiche innovative è essenziale per la sua evoluzione e sostenibilità. Oggi abbiamo le risorse del PNRR per mettere a terra tutto questo ma mancano infrastrutture e personale sanitario pronto al loro utilizzo.
Non da ultimo la sostenibilità finanziaria. Anche le questioni relative al finanziamento del SSN sono cruciali. Con il definanziamento del FSN in questi ultimi 15 anni vi è il rischio concreto di non poterci più permettere il SSN come lo conosciamo ed infatti già vediamo i primi pezzi che cascano.
Appare sempre più necessario, pertanto, bilanciare i costi e le risorse disponibili con l'offerta di servizi di alta qualità. La salute è una priorità per le persone e per il paese e dovrebbe essere trattata come tale rifinanziandola in modo adeguato.
Ma per fare tutto ciò servono anche le riforme…
Eventuali riforme o cambiamenti politici possono avere un impatto significativo sul funzionamento e l'efficacia del SSN. I vecchi governi politici e tecnici hanno sinora affossato il SSN. Questo governo deve dimostrare con i fatti quello che dice iniziando dal personale che oggi è il meno remunerato in Europa ad eccezione di Grecia e Portogallo. Se davvero vogliamo mantenere in vita un Sistema efficiente dobbiamo portare le retribuzioni a livello degli altri paesi Ue.
Attrezzature tecnologia sono adeguatamente finanziati dal PNRR che ha messo sul campo fondi sufficienti mancano risorse per il personale a cui deve pensar l’attuale Governo. Ma deve fare presto perché siamo in ritardo e stiamo perdendo professionisti della salute. Siamo il primo paese europeo per emigrazione di medici ed infermieri nel resto del mondo.
Pensa che le misure contenute nell’ultima Legge di Bilancio possano ridurre il problema delle liste d’attesa e rilanciare la professione?
No, e le spiego perché. Questo Governo, trovandosi in grave difficoltà, ha fatto quello che ha potuto stanziando, in valore assoluto, sicuramente più risorse del passato in assenza di pandemia. È inoltre vero che gran parte di queste risorse servono per coprire il rinnovo dei contratti che erano ancora fermi al triennio 2019-2021 e mancano ancora quelli del triennio 2022-2024 con incrementi fortemente insufficienti a mantenere il personale sanitario nel SSN.
Sono state stanziate risorse aggiuntive per abbattere le liste d’attesa ma solo per parte del personale sanitario ed in orario aggiuntivo così, in carenza di organico e in presenza di burnout del personale medico ed infermieristico, come già accaduto già in passato, queste risorse aggiuntive non serviranno allo scopo rimanendo in gran parte inutilizzate.
Purtroppo, non sono stati previsti fondi per incrementare le ore degli specialisti ambulatoriali interni portandoli da una media di 25 ore settimanali a 38 ore settimanali, proprio a quei professionisti che potrebbero, per la peculiarità del loro lavoro, ridurre fortemente le liste d’attesa per prestazioni ambulatoriali. Quindi la risposta alla sua domanda è un no secco.
Pochi mesi fa ha scritto un libro in cui numeri alla mano analizza gli scenari futuri della professione. Che quadro ne emerge e che cosa bisogna fare?
Si, a ottobre nel corso del 55 Congresso del Sumai Assoprof ho presentato il libro “Medici 2023-2030 quale futuro: pubblico o privato? I numeri”. Il volume è una ricognizione statistica per quanto riguarda la professione medica in genere da cui emerge che in realtà, in numeri assoluti, oggi, vi sono in Italia 413.631 medici pari a 7.03 per 1.000 abitanti. Dopo la Svezia è quindi l’Italia il Paese europeo con il più alto rapporto medici per 1.000 abitanti. Se andiamo a distinguere medici attivi ed i medici pensionati vediamo che i primi sono 342.967 pari a 5,83 medici attivi per 1.000 abitanti mentre i medici pensionati sono 70.664 pari cioè a 1,20 medici pensionati per 1.000 abitanti.
Nel SSN oggi operano 188.113 medici attivi pari a 3,20 medici per 1.000 abitanti mentre 154.854 medici attivi non operano nel SSN pari cioè a 2,63 medici per 1.000 abitanti.
Tra i medici pensionati 42.433 medici operano nel privato anche convenzionato pari a 0,72 medici per 1.000 abitanti e 28.231 medici pensionati non esercitano più la professione pari cioè a 0,48 medici per 1.000 abitanti. Nel SSN lavorano 123.826 medici specialisti pari 59,45% di cui: 102.491 medici dirigenti, 14.424 specialisti ambulatoriali convenzionati interni e 6.921 pediatri convenzionati di libera scelta.
Nel SSN lavorano 64.287 medici non specialisti pari al 31,31% la cui: la maggioranza è in possesso del titolo regionale di formazione specifica di cui 39.270 Medici di Assistenza Primaria, 21.011 come medici della Continuità Assistenziale, 2.684 nell’Emergenza Territoriale e 1.322 nella Medicina dei Servizi. Lavorano al di fuori del SSN tra attivi e pensionati 84.469 medici specialisti pari allo 40,55% 141.039 non specialisti pari al 68,69%.
Questi operano all’estero e nel privato sia come libero-professionisti che come dipendenti. Di questi 188.113 medici di cui 123.826 specialisti e 64.287 non specialisti. Quindi appare chiaro che in Italia mancano specialisti e specialmente in alcune branche come Medicina e Chirurgia d’urgenza, Ortopedia, Ostetricia e Ginecologia, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Radiologia ma cosa assai più grave è che considerando le attuali curve di pensionamento in uscita e tutti i nuovi specialisti diplomati in entrata nel SSN si prevede nel 2025 un ammanco di 43.268 rispetto al numero stimato come ottimale del modello ponderato, sempre che occupassimo tutti i neo-specialisti e un ammanco di 64.552 rispetto al modello ponderato, senza considerare il turnover con i neo-specialisti.
C’è anche un problema di anzianità del personale…
È un altro dato preoccupante perché guardando le varie fasce d’età dei medici Italiani appare chiaro che entro il 31 dicembre 2025 avremo circa la metà dei medici attualmente operanti nel SSN per raggiunto limite di età considerando anche le attuali dimissioni anticipate volontarie. Uno scenario preoccupante se non interveniamo sulle politiche del personale urgentemente e con decisione.
I giovani medici decidono di abbandonare il nostro paese andando a lavorare all’estero. Dal 2019 al 2021 dei 21.397 medici andati all’estero 14.341 sono specialisti che hanno lasciato il nostro paese per andare a lavorarci stabilmente.
Non sono ovviamente conteggiati quelli che sono andati all’estero per motivi di studio.
Nel triennio 2019-2021 sono andati all’estero 7.132 medici e solo nel 2021 sono andati all’estero circa 4.000 medici tra specialisti e non specialisti.ù
Sempre secondo l’OCSE prima del triennio 2019-2021, dal 2000 al 2018, l’emigrazione all’estero è andata via via aumentando, specie negli anni successivi al blocco dei contratti e del turn over, con 5.771 medici all’anno tra specialisti e non specialisti che hanno lasciato il nostro Paese.
Nel 2022 i medici sono andati a lavorare stabilmente all’estero sono nuovamente aumentati, poco al di sotto dei 5.000 professionisti. I dati dimostrano che bisogna intervenire subito, nel SSN sulle retribuzioni dei medici e non solo e sulle condizioni di lavoro, depenalizzando l’atto medico, avendo protezione assicurativa certa, senza atti violenti nei loro confronti e cominciando a ragionare che l’attuale medicina è di genere femminile infatti già entro i 54 anni vi è già inversione di genere con più medici di genere femminile che maschile. È necessario trattenere i nostri medici in Italia se vogliamo salvare il nostro SSN.
In vista dell'attuazione del Pnrr e del Dm 77 come va organizzata la sanità sul territorio?
La sanità territoriale dovrebbe essere organizzata in maniera differente. Dovrebbero sparire i silos che dividono (medici medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, psicologi, infermieri, tecnici di radiologia, tecnici della riabilitazione) e nascere le vere equipe di professionisti che mettono a disposizione le loro specifiche competenze per soddisfare il bisogno di salute delle persone.
L’ospedale dovrebbe fare l’ospedale gestendo le acuzie e le cronicità, semplici e complesse, che necessitano di ricovero.
Il territorio dovrebbe essere organizzato come l’ospedale ma senza posti letto, per gestire acuzie e cronicità che possono essere trattate dalle equipe territoriali sia ambulatorialmente che a domicilio. Utilizzare i centri accreditati e convenzionati esterni per soddisfare la necessità di consulenza specialistica di tipo esclusivamente prestazionale.
Insomma, come prevede il DM 77, una medicina territoriali di prossimità che sia però in stretto contatto anche con i bisogni del sociale della popolazione aggiungendo alle equipe anche la presenza degli assistenti sociali e del volontariato.
Recentemente è stata sottoscritta con Sisac l'ipotesi di accordo della nuova convenzione per la specialistica ambulatoriale. Quali sono le principali novità?
Come specialistica ambulatoriale convenzionata interna abbiamo firmato il preaccordo in attesa di sottoscrivere con la medicina generale e la SISAC un ulteriore articolo comune nei rispettivi accordi e che metta in evidenza il rapporto tra le AFT delle varie categorie convenzionate del territorio.
Il nuovo ACN oltre al rinnovo della parte economica 2019-2021 con gli arretrati e la vacanza contrattuale ha posto i paletti normativi per l’applicazione della riforma del DM 77 in applicazione del PNRR e quindi delle Case di Comunità Hub e Spoke e degli Ospedali di comunità.
Ovviamente vi sono anche dei miglioramenti ed una semplificazione delle norme per essere meglio e correttamente interpretate dai funzionari addetti all’applicazione degli Acn delle Regioni e delle Aziende Ospedaliere ove operano gli specialisti convenzionati interni.
Nel Milleproroghe è stato presentato un emendamento che introduce lo scudo penale per i medici pensa sia la soluzione al problema?
Sicuramente è l'inizio per arrivare a una norma legislativa che permetta ai medici di lavorare senza l'incubo di una denuncia penale esattamente come succede per i magistrati quando devono esercitare la loro attività sia inquirente che giudicante.
La depenalizzazione dell'atto medico sicuramente sarebbe la soluzione più rapida e chiara. In Parlamento c’è una proposta anche dell'Ordine medici di Roma che ha ipotizzato di mantenere l'azione penale esclusivamente per il dolo e la colpa grave.
L'altro problema è legato alla facilità con cui i medici e il personale sanitario vengono denunciati per malpractice denunce che, lo sappiamo, nel 95% dei casi si risolvono con l’assoluzione del medico da ogni responsabilità penale. Dovrebbero creare il reato di “promozione di causa temeraria”.
Una legge giusta deve garantire al cittadino che ha subito un danno di essere risarcito e al medico di lavorare nella massima serenità e concentrato sul paziente senza paura di una possibile causa. Sparirebbe la medicina difensiva che costa allo stato circa 10 miliardi l'anno con il beneficio di ridurre le prescrizioni non appropriate da parte dei colleghi che oggi non hanno altro sistema per difendersi.
Come Presidente dell’Ordine medici di Roma come giudica il primo anno del presidente Rocca e cosa occorre fare per riportare in carreggiata la sanità laziale?
Come Ordine dei Medici abbiamo dato la massima disponibilità e collaborazione al Presidente Francesco Rocca insieme all’Ordine degli Infermieri per creare un tavolo di confronto sui problemi della Sanità Laziale in quanto rappresentanti di fatto dell’85% dei suoi operatori pubblici e privati. Molte delle scelte e delle delibere sinora approvate però mancano del nostro contributo che avrebbe certamente dato un valore aggiunto ed avrebbe rappresentato le varie criticità che abbiamo evidenziato.
Ad esempio, nonostante il PNRR e il DM 77 prevedano una riorganizzazione delle attività territoriali non c’è traccia di attività orientate al potenziamento della sanità territoriale che appare sempre più necessaria per superare le criticità che vediamo quotidianamente nei pronto soccorso e negli ospedali romani e laziali. Riproponiamo al Presidente Rocca l’invito a convocarci e a mettere a terra quanto abbiamo già discusso insieme per aprire una nuova stagione di confronti al fine di trovare assieme soluzioni a tutela dei cittadini Laziali che combattono tutti i giorni con liste d’attesa infinite sia a livello ambulatoriale che ospedaliero.
L.C.
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