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Le sindromi beta-talassemiche sono un gruppo di malattie ereditarie del sangue caratterizzate da una ridotta produzione o assenza delle catene della beta-globina, elemento costitutivo dell’emoglobina, proteina responsabile del trasporto di ossigeno attraverso l’organismo. Generalmente, i pazienti affetti da beta-talassemia soffrono di sintomi di diversa gravità, quali astenia, pallore della cute, ittero, ingrossamento della milza e del fegato. La diagnosi in Italia avviene generalmente entro i primi due anni di vita. Si stima che in Italia vi siano circa 7.000 persone affette da beta-talassemia, concentrate soprattutto in alcune Regioni del Sud (Sicilia, Sardegna, Puglia) e del Centro-Nord (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna). Di queste, si stima che il 73% sia affetto da talassemia trasfusione-dipendente. Negli anni, la terapia di questa patologia è migliorata sensibilmente, ma i pazienti hanno ancora bisogno di trasfusioni ogni 2-3 settimane, di assumere farmaci quotidianamente, di monitorare costantemente i propri valori. Ed è per questo che, per chi ha la beta-talassemia il tempo scorre diversamente. Trasfusioni e visite in media occupano 3 giorni al mese, 36 in un anno. Chi convive con la beta-talassemia dedica quindi ore e ore, ogni settimana, alla malattia e alla sua gestione: in media sono 4 le ore impiegate ogni settimana per esami specialistici e 19 i giorni che ogni anno vengono dedicati solo alle trasfusioni. In tutto, un mese che viene ‘rubato’ alla propria vita ogni anno. La “misura” dell’impatto della malattia nella quotidianità dei pazienti e dei loro caregiver è stata al centro dell’incontro “Strade parallele: il significato del tempo nella beta-talassemia” che si è tenuto oggi presso il Centro Studi Americani a Roma, che ha coinvolto anche rappresentanti del mondo scientifico e istituzionale. Nel corso dell’evento sono stati presentati i risultati dell’indagine nazionale realizzata su pazienti e caregiver, tuttora in corso, condotta da Elma Research. I dati si basano sulle risposte di un campione di 106 partecipanti e fanno emergere come la patologia abbia un peso importante non solo sui malati, ma anche su chi se ne occupa. “La dimensione del tempo è fondamentale nel vissuto dei pazienti con beta-talassemia, come emerge anche dalla survey che abbiamo condotto: la necessità di dedicare così tanto tempo a cure e controlli influenza il modo in cui i pazienti vivono la loro vita”, spiega Patrizia Amantini, Direttore di Ricerca Elma Research. I dati lo dimostrano: se si considerano i pazienti fra 21 e 40 anni si vede che il 46% afferma che la malattia modifica le abitudini, il 54% la possibilità di viaggiare, il 38% di avere una relazione stabile o sposarsi, il 42% di fare dei figli. “La presenza della beta-talassemia significa per molti pazienti dover chiedere spesso aiuto (68%) per la gestione dei figli, per la cura della casa o per essere accompagnati alle visite; significa anche dover fare delle rinunce rispetto ai propri hobby e interessi, a vacanze e viaggi e a momenti di relax in generale, e per il 30% corrisponde a un re-set della propria vita in termini di lavoro e progetti familiari”. “Siamo di fronte a un problema sanitario, ma anche sociale – ha sottolineato Luciano Ciocchetti, vicepresidente della Commissione XII Affari sociali della Camera dei deputati - che apre a considerazioni relative alla necessità di una maggiore umanizzazione del nostro SSN, che possa migliorare la qualità di vita di pazienti, famiglie e caregiver. I temi posti alla base dell'indagine sono esattamente quelli che dobbiamo affrontare: primo fra tutti la raccolta e donazione di sangue. Dobbiamo fare di più come politica, governo e regioni nell'intensificare e sburocratizzare la donazione di sangue: soprattutto per chi è donatore regolare, va fatto uno sforzo per semplificare la raccolta dati e anamnesi, nell'era dell'intelligenza artificiale, per riuscire ad arrivare a una autosufficienza che tutt’ora non abbiamo nell’approvvigionamento di scorte di sangue. Il secondo tema è relativo all’accompagnamento del paziente e in questo sarà utile l’attuazione nel 2025-2026 della riforma della sanità territoriale prevista dal PNRR, per integrare e mettere insieme una equipe multidisciplinare che affronti anche le questioni relative al loro tempo. Infine, la commissione nei prossimi mesi cercherà di mettere mano alla legge sui caregiver perché esiste una normativa ma manca l’attuazione e una serie di provvidenze che aiutino a riconoscerne il ruolo fondamentale con misure anche dal punto di vista occupazionale e previdenziale. Ci stiamo lavorando e spero che in questa legislatura riusciremo a dare una soluzione”. “La beta-talassemia è una condizione genetica con la quale oggi si può convivere, diventare adulti e anziani. Nonostante i miglioramenti delle cure e una prospettiva di vita inimmaginabile sino a pochi decenni fa, la necessità di terapie quotidiane e le frequenti ospedalizzazioni continuano a influire profondamente sulla vita dei pazienti e dei loro cari. Oggi in Italia si contano almeno 7mila persone che hanno la malattia, di cui il 73% ha necessità di trasfusioni. Migliaia di famiglie, quindi, che sono chiamate a una gestione impegnativa della cura e dei controlli, giorno dopo giorno, anno dopo anno”, sottolinea la Prof.ssa Raffaella Origa, Presidente della Società Italiana Talassemie e Emoglobinopatie (SITE). “Basti pensare che 1 malato su 4 ha bisogno, ogni volta che va a fare una trasfusione o una visita, di essere accompagnato da un caregiver. Chi accompagna i pazienti nel loro percorso di cura è molto spesso un genitore, anche oltre i 18 anni di età. Esistono in sintesi una serie di complessità legata alla cronicità, complessità di tipo clinico e gestionale che non sono banali. E i pazienti vivono con la sensazione di non avere tempo, per molti di loro la percezione è che i granelli di sabbia della loro clessidra stiano per finire e questo condiziona la loro vita”. Per accendere i riflettori su questa condizione, SITE promuove la campagna “Strade parallele. Beta-talassemia: voci, immagini, bisogni”, realizzata con il contributo non condizionato di Vertex Pharmaceuticals: un progetto che, attraverso storie, testimonianze e approfondimenti scientifici vuole far riflettere su come il tempo sia un elemento fondamentale nella vita di ogni individuo e come la beta-talassemia possa influenzare profondamente la sua gestione. “È proprio a partire dalla valutazione di questa dimensione di sottrazione del tempo – allo svago, agli affetti, allo studio o al lavoro – ben fotografata dalla ricerca di Elma, che pensiamo sia fondamentale far emergere le sfide che devono affrontare i pazienti, ma anche come clinici e Istituzioni debbano collaborare per trovare delle soluzioni e risolvere le criticità sul piano clinico e organizzativo”, afferma il Dott. Giovan Battista Ruffo, Consigliere del Comitato Direttivo SITE. All’indagine faranno seguito iniziative, contenuti e materiali che diventeranno strumenti di informazione e sensibilizzazione per il pubblico e per le istituzioni, a livello nazionale e locale. Tra questi, una campagna pubblicitaria che sarà on air sia in ambito digitale che sul territorio – attraverso affissioni in diverse città italiane – e la realizzazione di un booklet che raccoglierà le storie e le testimonianze dei pazienti insieme al contributo degli esperti che sono al loro fianco per aiutarli ad affrontare e gestire la patologia. Inoltre, sono previsti alcuni eventi di sensibilizzazione che nei prossimi mesi toccheranno alcune regioni italiane con maggior prevalenza della malattia. Per maggiori informazioni sulla patologia e sulla campagna “Strade Parallele” è stata creata la landing page dedicata: www.stradeparallele.it
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Martedì 23 GENNAIO 2024
Beta-talassemia. Terapie e spostamenti ‘rubano’ un mese l'anno. Site promuove la campagna “Strade Parallele. Beta-talassemia: voci, immagini, bisogni”
Il progetto, presentato oggi a Roma, attraverso storie, testimonianze e approfondimenti scientifici vuole far riflettere su come il tempo sia un elemento fondamentale nella vita di ogni individuo e come la beta-talassemia possa influenzare profondamente la sua gestione
Non stupisce, quindi, che nei pazienti con meno di 20 anni, sentimenti comuni siano quelli di incomprensione, confusione e scoraggiamento; in quelli fra i 20 e i 45 anni a pesare di più siano solitudine e stress; mentre per quelli più anziani sia, soprattutto, l’affaticamento a condizionare la vita. Per i caregiver sono sentimenti comuni incomprensione, stress e scoraggiamento. In generale più di 3 pazienti su 10 pensano che la patologia abbia un impatto importante sulla loro vita, sentimento che si acuisce per la fascia più attiva – fra i 40 e i 50 anni. Oltre il 30% richiede l’intervento di uno psicologo o uno psichiatra.
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