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Gentile direttore, Ogni epoca solleva barricate, denigra, a volte perseguita scoperte e scopritori a seconda anche della cultura del periodo. Uno scoglio poderoso è stata la fiducia cieca nella medicina classica di Ippocrate, Galeno, Celso, seguita pedissequamente senza mai sottoporla a verifica. I primi che l’hanno fatto, svelando gli errori drammatici e costati milioni di vittime, sono stati ignorati quando gli è andata bene, altrimenti isolati o perseguitati. Un susseguirsi di passi in avanti e indietro che fa capire ed appassionare al metodo scientifico e rivela quanto sia utile anche nella vita civile cercare prove e dimostrazioni, senza fermarsi a opinioni e ragionamenti. Arnaldo D’Amico
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Martedì 09 GENNAIO 2024
Un libro per raccontare la scoperta del sistema immunitario
dopo trent’anni trascorsi a scrivere scoperte scientifiche per la Repubblica volevo togliermi la soddisfazione di raccontare il percorso per arrivarci. Nello spazio di un articolo per un quotidiano si riesce a spiegare cosa si è scoperto e l’importanza per la vita di tutti noi. Rimane fuori il come. Che sia capire cosa c’è nell’infinitamente piccolo, nell’infinitamente grande o il funzionamento della natura di cui anche il nostro corpo è parte si tratta sempre di viaggi verso l’ignoto. Avventure, come quelle che ci hanno portato in continenti sconosciuti. E poi fuori della Terra. Parafrasando poeti vari: più che sulla meta, mi sono concentrato sul viaggio.
Indagine scientifica e poliziesca hanno molto in comune. C’è un traguardo da raggiungere: per il poliziotto chi è l’assassino, per lo scienziato come funziona quel pezzo di natura. Ambedue richiedono una dimostrazione, senza prove non si può incolpare qualcuno né affermare l’esistenza di un fenomeno naturale. Simile, infine, l’inizio: c’è un mistero. Per il detective è la scena del delitto. Chi è la vittima, quando è stata uccisa, come, perché e infine, chi ha compiuto il delitto, sono le domande che la scena del crimine pone agli inquirenti. Anche una ricerca scientifica prende il via da un mistero e le domande che accende. «Questa pestilenza non colpisce più chi ne è guarito, perché»? Lo nota e lo annota il padre degli storici Tucidide durante la peste di Atene. La città è colpita da un flagello che falcia cittadini, soldati, lo stesso Pericle e le fa perdere la guerra contro Sparta. È la prima testimonianza scritta dell’avvistamento della memoria che il corpo umano conserva del nemico sconfitto. Era il 430 avanti Cristo. La risposta al mistero colto da Tucidide è arrivata alla fine dell’800, oltre duemila anni dopo. Come mai ci è voluto tutto questo tempo?
Lo racconto nel libro "La memoria del nemico, perché ci sono voluti duemila anni per scoprire il sistema immunitario", edito da Il Saggiatore, anche in e-book. «E’ la prima volta che affronto un saggio di storia della medicina e mi ritrovo a leggere un romanzo. Inoltre, quando, da storica, mi sono occupata di alcune malattie (peste e sifilide principalmente) la domanda sul perché c'è voluto così tanto tempo per scoprire il sistema immunitario non era così fondamentale o forse noi storici non lo sapevamo ancora», è stato il commento dell’insigne storica Anna Foa dopo aver letto "La memoria del nemico".
In sette anni di consultazioni di autorevoli saggi, testi originali d’epoca e con l’aiuto del Centro di documentazione dell’Istituto Superiore di Sanità, ho ricostruito la lunga e tormentata vicenda della scoperta del sistema immunitario, il pilastro della medicina che più benefici ha portato, sta portando e porterà all’umanità. Conservare la memoria dei nemici sconfitti, che siano batteri o virus o altri microbi, così da individuarli appena si ripresentano e poi ricordare le armi usate per sconfiggerli, tenendole pronte ad agire di nuovo, è la sua funzione principale. Oggi la maggior parte dei test diagnostici e delle terapie in cantiere più efficaci contro cancro e infarto, derivano dall’immunologia. Applicazioni queste ultime che stanno superando i meriti dei vaccini nell’innalzamento della vita media.
Il libro si è scritto da solo, man mano che, incontrando persone e fatti straordinari, tragici, eroici spesso comici questi me ne facevano scoprire altri. Il ricercatore non vive chiuso nel suo laboratorio e, come tutti, deve fare i conti con cosa succede intorno. Inevitabile dare conto di questioni sociali, economiche e politiche. La malaria sta per essere eradicata in Italia per ben due volte ma l’entrata nella Prima guerra mondiale e poi nella Seconda fa riesplodere il flagello e costringe a ricominciare da capo. Lo stesso succede con ciò che si scopre. La maggior parte delle volte va contro interessi economici consolidati o il modo di pensare dominante. Come la natura contagiosa del colera, conoscenza contrastata per decenni per non intralciare il commercio marittimo.
Una storia della scienza narrata attraverso le vicende di chi l’ha fatta. Pasteur, lo scienziato che più ha conosciuto fama mentre era in vita, stanco e logorato dalle lunghe notti in laboratorio sta per andarsi a godere il meritato riposo in Liguria. Ma in istituto piomba il padre di un bambino morso da un cane implorando il vaccino appena scoperto contro la rabbia. Il bambino muore, si scatena un vero e proprio linciaggio mediatico sobillato dai medici (Pasteur era un chimico) che porta il grande scienziato a dimettersi. La morte di Tschaikowsky per colera su cui ancora si discute se il contagio fosse casuale o provocato. Il capitano Esteban che non sa che fare quando ritrova il galeone carico di tesori che doveva scortare in Perù ridotto a vascello fantasma. Le vicende dei cognati Procter e Gamble a metà dell’800, i destini uniti dal flagello del momento che danno vita a quella che è ancora una delle multinazionali più potenti. Il conflitto in Norvegia tra il suocero primario e il genero assistente sull'origine della lebbra. Le disavventure della famiglia Mozart inseguita dal vaiolo da una corte europea all’altra. Il re Sole che rischia la vita per una cura rivoluzionaria a cui i suoi medici decidono di sottoporlo: un bagno caldo.
Infine i tanti che pur dotati di nome e cognome sono rimasti anonimi. Sono le vittime di cure ostinatamente praticate per buon senso o decise da raffinati e suggestivi ragionamenti su influenze di astri o aria putrida e mai verificate.
I nostri avi non erano stupidi. Hanno fatto ciò che si farà sempre: quando la vita è in pericolo, in medicina come in politica, fare qualcosa, qualunque cosa, anche sbagliata o inutile, è meno angosciante che non fare nulla.
Infine il libro, attraverso le lunghe battaglie contro la malaria e il vaiolo, racconta come anche la scienza può rimanere vittima di sopravvalutazioni pericolose. Chinino e vaccino, da soli, non avrebbero mai sconfitto i due flagelli millenari. Determinanti furono la capillare opera di tracciamento dei contagiati e dei loro contatti fatta da centinaia di medici e infermieri schierati sul territorio. Una lezione che viene sempre dimenticata.
Ricercatore e medico, poi giornalista scientifico a la Repubblica, infine, collaboratore di Scientific American e National Geographic italiane
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