quotidianosanità.it
stampa | chiudi
Lunedì 18 DICEMBRE 2023
I “fondamentali” e l’Assistenza Territoriale di Base
Gentile Direttore,
un paradigma, secondo la filosofia della scienza, corrisponde ad una “matrice disciplinare” stabile nel tempo e condivisa all’interno di una vasta comunità scientifica che studia quella parte della conoscenza. Dal 1946 l’OMS ha adottato il modello Bio Psico Sociale (BPS) come paradigma di riferimento per l’approccio alla complessità della persona con particolare attenzione alla sua salute. Oggi il modello ha quasi 80 anni è e pare essere tutt’ora saldo anche se nel tempo ha affrontato numerose declinazioni.
Il tema della integrazione tra le sue componenti (oggi più correttamente si dovrebbe utilizzare il termine co-operazione) è così essenziale che qualsiasi intervento che si dovesse concentrare su uno solo dei fattori riportati nel paradigma inevitabilmente produrrebbe effetti inadeguati sia concettuali che operativi. E’ quindi auspicabile una costruttiva co-operazione tra le specifiche dimensioni sociali (cultura, spiritualità, aspetti esistenziali), psicologiche e professionali (albero delle competenze costitutive Wonca per la Medicina Generale di base 2011-2012-2023).
Alcune premesse risultano quindi inevitabilmente fondamentali per impostare argomentazioni relative ad una riforma del SSN e delle Cure Primarie al fine di protegge il dibattito da dissertazioni che già in origine contengano contraddizioni foriere di derive di convenienza e di interessi parziali.
L’approfondimento intellettuale e scientifico deve poter proseguire nonostante che normative, accordi, strutture organizzative, processi decisionali attualmente dominanti rappresentino una vera “fiera delle incoerenze” e una conseguente negazione del paradigma BPS.
Qualche esempio tra i tanti:
• la modifica della situazione che riguarda il Titolo V non può avvenire se non ci si occupa di una riforma del SSN e di quella parte della Carta Costituzionale;
• non è coerente dichiarare che si considera necessario riformare l’attuale normativa che guida il Titolo V e nello stesso tempo sostenere il potenziamento dell’aziendalizzazione delle AUSL e delle sovrastrutture territoriali;
• la mitizzazione normativa della “governace” contenuta in numerosi elaborati istituzionali e laici non corrisponde al sentire di professionisti e cittadini;
• il CCM (Chronic Care Model) è un emblematico esempio di modello “esotico” che non riesce ad aderire pienamente al Paradigma BPS in quanto le numerose criticità evidenziate offrono una plastica prevalenza della dimensione “bio” su altre componenti del modello ( epidemiologia, demografia, frammentazione informativa, devastazione delle forme organizzative inerenti la continuità assistenziale e la continuità dell’assistenza, presa in carico difformi, scarsi effetti positivi su mortalità, accessi al Pronto Soccorso e ospedalizzazione);
• è velleitario pensare ad un coinvolgimento nel processo decisionale dei professionisti territoriali (titolari di responsabilità differenti) e dei cittadini se non si “scaravolta” la piramide gerarchica/oligarchica dando un ruolo vincolante alle comunità ristrette e ai loro professionisti;
• può sommessamente essere ricordato che dal punto di vista “economico” (oggi motore immobile di ogni valore relazionale) i mmg, oppressi dal “consumismo” normativo aziendale non beneficiano di tutele, non ottengono tredicesime e nemmeno TFR;
• se la medicina territoriale (servizi e Cure Primarie) mantiene una certa scarsa attrattività (per ora) da parte del privato forse potrebbe diventare la pietra d’angolo per costruire un nuovo ed esplicito servizio sanitario pubblico, accessibile, universale e gratuito;
• gli attuali decisori dei destini del SSN dopo anni di egemonia prima o poi dovranno lasciare i ruoli decisionali ma cosa resterà in mano ai cittadini e ai professionisti? Forse numerosi siti di interesse archeologico (rovine)?
Può esistere un fondamentale epistemologico acclarato da cui partire nell’elaborazione intellettuale per una riforma del SSN ed in particolare delle Cure Primarie che possa avere concrete ricadute sui territori e sulle comunità? Le conseguenze del DM 77, dell’imminente ACN, del frettoloso, confuso e discriminante piano di riordino delle cure territoriali apparso con il PNRR (Case della Comunità, ospedali di Comunità, Distretti, CAU…) autorizzano un pensiero sfavorevole.
Questo capita perché è assente la cultura della complessità quando si pensa di gestire il territorio. Tralasciando in questa sede i noti fallimenti programmatori, pare non sia possibile ragionare di auto-organizzazione e di auto-formazione pur essendo queste caratteristiche tipiche dei sistemi complessi (quasi un marchio di fabbrica) e quindi perfettamente applicabili ai territori. In natura l’auto-organizzazione emerge come fenomeno bottom-up cioè a piramide gerarchica annullata o rovesciata. Le istituzioni continuano però a non volere accettare questa sfida o questa sperimentazione radicale. Molto presto sarà il privato ad accorgersi che questi valori potrebbero essere produttivi e molto remunerativi. Infatti i sistemi complessi presentano proprietà omeostatiche che evidenziano capacità auto-organizzative e auto-formative (come dimostrato dai comportamenti organizzativi liberi, diagnostici e terapeutici di molti mmg che, autonomamente, in periodo covid sono riusciti a ridurre o annullare i ricoveri seguendo scrupolosamente gli assistiti, senza correre rischi ma basandosi su una propria cultura/formazione inerente processi diagnostici e sistemi terapeutici per altro ostacolati da alcuni protocolli aziendali).
Le formiche, gli sciami, i fringuelli, i pesci, gli stormi, i moscerini, le cellule, le molecole non hanno sistemi di predominio gerarchici o oligarchici. I leader sono assolutamente fiduciari o di servizio (es.: ape regina) o possono cambiare in relazione alle contingenze. È l’insieme che presenta le caratteristiche specifiche in grado di adattarsi, autoregolarsi, innovarsi in modo non prevedibile linearmente.
Il consumismo sanitario e quindi le spese di settore non riguardano tanto gli esami, i farmaci, i ricoveri, il welfare fai da te ma l’aspetto cognitivo dei soggetti e il significato che questi danno alla vita. Si può e si deve approfondire ogni aspetto della vita ma deve essere molto chiaro che non si potrà mai possederla del tutto.
Non si scappa, per non creare aspettative irrazionali c’è solo una strada, per nulla semplice, da percorrere (molto impegnativa per chi svolgerà ruoli di leadership responsabile e competente): è quella di un patto assolutamente fiduciario tra cittadini e professionisti territoriali in grado di recuperare una fiducia e forse una nuova “affabilità servizievole” nei confronti di possibili stili di vita umani, solidali, compossibili, liberi da preconcetti relativi alla vita serenamente consapevoli che anch’essa ha un suo traguardo incommensurabile.
Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV
© RIPRODUZIONE RISERVATA