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Gentile direttore, A guardare i dati del già citato Rapporto OASI 2023 il problema non sarebbe consistente visto che dei 41,5 miliardi di euro di consumi privati in Italia del 2023 solo 1,8 e cioè il 4,5% riguarderebbe i ricoveri ospedalieri. La fonte è una elaborazione dell’Osservatorio sui Consumi Privati in Sanità (OCPS) del CERGAS-SDA Bocconi su dati ISTAT e quindi, immagino, dati provenienti dalle rilevazioni campionarie dell’Istituto. Ma per i ricoveri ospedalieri sarebbe molto più utile utilizzare di dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) che hanno un campo preciso riservato all’onere della degenza. Se andiamo alla edizione del 3 maggio 2018 delle indicazioni ministeriali sulle specifiche funzionali della SDO (sperando che sia l’ultima) troviamo un campo dedicato all’onere della degenza (vedi Tabella) in cui figura un elenco di valori ammessi tra cui: 1 = ricovero a totale carico del SSN; 4 = ricovero senza oneri per il SSN; 5 = ricovero, a prevalente carico del SSN, con parte delle spese a carico del paziente (libera professione). Tradizionalmente le linee guida regionali alla compilazione delle SDO (vedi le ultime recentissime della Regione Emilia-Romagna di altissimo profilo tecnico) si riferiscono alla parte clinica. Credo, e suggerisco, che analoga attenzione vada oggi riservata anche alla parte “amministrativa” e in particolare a quella relativa all’onere della degenza. Il relativo campo va rivisto alla luce di una classificazione aggiornata dei possibili relativi valori in modo da riconoscere ad esempio in modo diretto il ruolo delle Assicurazioni e delle altre forme di spesa intermediata. Ovviamente ogni ricovero in qualunque struttura anche solo autorizzata va tradotto in una SDO correttamente e integralmente compilata in modo da poter analizzare e monitorare un fenomeno allarmante come il ridimensionamento dei LEA chirurgici. Tutte le analisi condotte dal Ministero e dall’Agenas (compreso il Programma Nazionale Esiti) dovrebbero cominciare ad includere nei sistemi di reporting il ruolo dei consumi di ricovero privati in modo da identificarne il peso, la natura e le cause. Le stesse analisi andrebbero effettuate a livello regionale e portate, ove possibile, ad includere anche le prestazioni di chirurgia ambulatoriale. Con questi dati poi si potrà ragionare meglio in base al principio sempre valido di “In God we trust; others must bring data”.
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Giovedì 30 NOVEMBRE 2023
I Lea chirurgici si stanno restringendo sempre di più? Facciamo parlare i dati
penso che sia comune l’impressione che una parte crescente della attività chirurgica ed interventistica in Italia stia uscendo dai LEA, nel senso che, pur essendo ovvio che a farsene carico dovrebbe essere il Ssn, la lunghezza delle liste di attesa spinge i cittadini a ottenere la prestazione in regime privato. Usando la terminologia del capitolo 6 dedicato ai consumi privati del Rapporto OASI del Cergas della Bocconi, consideriamo consumi privati “l’insieme di beni e servizi sanitari finanziati attraverso una spesa posta direttamente a carico delle famiglie (out of pocket), delle imprese (per esempio, la medicina del lavoro) o intermediata da soggetti collettivi non pubblici (assicurazioni, casse aziendali, fondi sanitari integrativi e società di mutuo soccorso).”
Il fenomeno interessa sia le strutture private che quelle pubbliche, che offrono le prestazioni in regime di libera professione. L’impressione è inoltre che la quota di queste prestazioni non più coperte direttamente e completamente dal Ssn sia non solo in aumento, ma stia diventando decisamente consistente e stia coprendo anche attività complesse erogate in regime di ricovero ad esempio di area ortopedica e urologica. Del resto l’Agenas documenta nel suo Portale Statistico che nel 2022 il tempo di attesa di un mese per le prestazioni di chirurgia oncologica con classe di priorità A è stato rispettato solo nel 73,78% dei casi, percentuale che scende però al 50% per il tumore maligno della prostata. Se aspetta tanto questa patologia figuriamoci quanto può aspettare la ipertrofia prostatica benigna cui, non a caso, alcune Case di Cura dedicano una linea di attività ad alta intensità produttiva.
Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche
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