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Mercoledì 18 OTTOBRE 2023
Quanto ancora i camici bianchi potranno accettare questo fallimento del Ssn?



Gentile Direttore,
cosa hanno in comune queste tre figure: infermiera, paziente, presidente Odv? Vi risponderò alla fine di questa lettera, ora vi spiego cosa vuol dire essere un’infermiera, oggi.

Essere infermiera è stata una scelta consapevole che ho fatto circa 30 anni fa e oggi lo sono ancora con più convinzione. In questo periodo ho avuto la possibilità di osservare la professione dall’altro lato della barricata, ovvero, da paziente. Non nego che fa un certo effetto e ti pone di fronte a tanti interrogativi, tante sensazioni e nuove emozioni. Osservi, ascolti, provi ciò che i tuoi pazienti provano, le loro paure, le loro ansie, la risposta al dolore (sempre molto diversa), la tolleranza. Assumi comportamenti tipici di chi erige le liste dei buoni e dei cattivi. Rischi di diventare insofferente ed intollerante.

Poi viene necessariamente fuori “l’infermiera”. L’empatia con il tuo collega, colui che per 12 ore non arresta il suo passo. Quando lo chiami, perché afflitta dal dolore post-operatorio, dopo mille riserve perché sei consapevole del suo carico di lavoro, ti risponde e si appresta a rassicurarti. In quei momenti, il paziente, ha solo bisogno che il dolore passi e il resto non conta. E quella persona in divisa che ti somministra il farmaco è sempre gentile e premurosa davanti a quella nuova sensazione che il paziente prova, inaccettabile e insopportabile.

Nonostante i numerosi pazienti da seguire, l’infermiera, la mia collega, è lì con me a spiegarmi il decorso post-operatorio, mi aiuta ad alzarmi dal letto, mi segue perché non cada, mi dedica del tempo per sincerarsi che io abbia compreso tutto e non commetta errori. Nel mio letto, inerme e senza forze, rifletto, apprezzo e ammiro il linguaggio utilizzato dalle giovani colleghe: professionale, scientifico e rispettoso.

Il rapporto tra l’infermiere e il paziente è di incontro, fatto di parole, di sguardi e di gesti. Un accoglimento colmo di compassionevole dedizione

Oggi dalla mia condizione di degente mi pongo domande cruciali del tipo: ma quando indosso la divisa il paziente cosa pensa di me? Percepisce quanto tengo alla riuscita della sua cura? È soddisfatto della mia professionalità?

Io, certe volte, non mostro importanza ai gesti e alle parole e non mi soffermo sui dettagli. A me interessa molto quello che prova il paziente e come percepisce la cura che io erogo nei suoi confronti.
Per me è importante. Questa non è una professione come tante.

Il ruolo dell’infermiera passa anche attraverso bisogni nuovi di cui oggi la società necessita. Viviamo una realtà in cui i cittadini, più fragili, rinunciano alle cure perché il Sistema, di fatto, non è riuscito a tutelarli.

Chi non può attendere un anno e mezzo, anche due, per una visita, una prestazione, decide di abbandonare le cure, oppure, di non intraprenderle. Questo vale anche per la prevenzione di patologie gravi. I più esposti a tali situazioni solo soggetti fragili, che vivono in condizioni di povertà e deprivazione, persone affette da disabilità, extracomunitari con figli a carico, anziani soli con pensioni inconsistenti.

Come l’infermiere può dare il suo contributo in questo vortice di dissesto sanitario?

Io, Gabriella, infermiera, ho deciso di portare aiuto in luoghi dove la vita è più difficile, come ad esempio all’interno dei complessi delle case popolari di Milano.
Noi infermieri possiamo curare, fare prevenzione, educazione sanitaria terapeutica alimentare, essere un punto di riferimento per coloro che non sanno a chi rivolgersi, che non sanno di essere affetti da una patologia cronica, perché non effettuano controlli.

Per questo che con altri infermieri ho dato vita all’Associazione di volontariato Ali di Leonardo, di cui sono presidente, per portare opera di assistenza gratuita presso due ambulatori infermieristici in due zone di Milano.

Tornando alla domanda iniziale: cosa hanno in comune l’infermiera, la paziente, la presidente di un’associazione di volontariato? La consapevolezza del valore della professione infermieristica. Un valore che si esprime attraverso una dimensione: scientifica, biologica, spirituale, valoriale.

Ma dopo aver sperimentato ciò che si prova nelle vesti di paziente mi chiedo come mai le Istituzioni, insomma chi ci governa, come ha potuto destinare solo 3 miliardi di euro alla sanità, su 24 come da manovra nella Legge di bilancio 2024, totalmente insufficienti per coprire le esigenze attuali, una fra tutte le liste d’attesa e le sempre maggiori esigenze del territorio.

Ci si dimentica che le spese sanitarie aumentano di anno in anno a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle patologie croniche, ma aumenta anche l’inflazione e il costo della vita. Fagocitando di fatto i pochi miliardi messi a disposizione.

Con quanto previsto in manovra (pochi spiccioli) non vi saranno risorse sufficienti per garantire servizi essenziali e potenziamento del territorio.
Non si può pensare di tenere conto della spesa lineare, perché questa deve necessariamente essere rapportata al PIL.
Mi rendo sempre più conto che se oggi la sanità italiana regge ancora è solo grazie al lavoro degli infermieri, dei medici, degli specializzandi e di tutte le altre figure sanitarie.

Così facendo temo che tutto continuerà a gravare sul personale sanitario, che oggi già allo stremo delle forze, non potrà più reggere un carico di lavoro che non solo non viene apprezzato e ripagato adeguatamente, ma che viene sempre più schiacciato e umiliato da una politica che non ne riconosce alcun valore.

Maria Gabriella Scrimieri
Presidente Ali di Leonardo ODV
Infermiera presso noto nosocomio milanese

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