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Giovedì 14 SETTEMBRE 2023
Professioni sanitarie. Udu-Fp Cgil: “Numero chiuso all’università è modello sbagliato”
Per Udu e Fp Cgil è un metodo che “taglia fuori tanti validi candidati” ma “soprattutto impedisce al Paese di fornire delle risorse di cui ha estremamente bisogno”. Per Udu e Fp Cgil è “Serve un investimento serio nell’ampliamento delle strutture accademiche e sanitarie, in modo da garantire a tutti gli aspiranti di intraprendere questo percorso, ma anche nell’integrazione tra la rete formativa universitaria e le aziende sanitarie”.
Il numero chiuso ai corsi universitari per le professioni sanitarie è un errore. Ne sono convinti Udu e Fp Cgil, che approfondiscono il loro punto di vista in una nota diramata per augurare buona fortuna alle decine di migliaia di studenti e studentesse che parteciperanno ai test d'accesso ai corsi di studi delle professioni sanitarie per 34 mila posti in tutta Italia, tra cui 20.487 per infermiere, 2.832 per fisioterapista, 1.680 per tecnico di radiologia, 921 per tecnico per la prevenzione della salute. “Questi sono solo alcuni dei numeri ma tutti insufficienti a garantire il fabbisogno ottimale del servizio pubblico”, osservano Udu e Fp Cgil, che puntano il dito proprio contro il numero chiuso:.
“Taglia fuori tanti validi candidati e candidate negando loro il diritto all’accesso agli studi universitari e di conseguenza quello a voler fare il lavoro che sognano, costringendoli a dover scegliere tra aspettare un anno o cambiare percorso formativo e professionale. Ma soprattutto un metodo che impedisce al Paese di fornire delle risorse di cui ha estremamente bisogno, a partire dal Servizio Sanitario Nazionale”, sostengono Udu e Fp Cgil.
“Quello proposto dalla legge 264/99 – argomentano ancora - un modello che presenta diverse criticità e lo denunciamo da anni. L'imposizione di un filtro all'accesso allontana gli studenti e le studentesse dall'intraprendere questo tipo di professioni, come dimostrato dal numero degli iscritti ai test drammaticamente in calo di anno in anno. Tutto questo in un contesto in cui resta inadeguata la programmazione dei fabbisogni: se pensiamo solo alla professione infermieristica, sulla disponibilità di 20.487 posti, tenendo conto di chi non riesce a terminare il corso di studi e di coloro che andranno a lavorare nella sanità privata o che si trasferiranno all’estero, solo poco meno di 7.000 saranno i professionisti a disposizione del SSN per garantire l’assistenza, riforme e turnover. Un numero assolutamente insufficiente”.
Per Udu e Fp Cgil è “indispensabile rivedere il modello della programmazione degli accessi e abolire il numero programmato per le professioni sanitarie e, contemporaneamente, rivedere il funzionamento dei tirocini formativi previsti all'interno di questi percorsi. Serve un investimento serio nell’ampliamento delle strutture accademiche e sanitarie, in modo che queste possano garantire a tutte e tutti gli aspiranti professionisti della salute di intraprendere questo percorso, ma anche nell’integrazione tra la rete formativa universitaria e le aziende sanitarie e nel miglioramento delle condizioni di lavoro del personale a partire dal salario sia per i contratti pubblici che quelli privati. Solo così è possibile rendere nuovamente attrattive quelle professioni che garantiscono un diritto fondamentale: quello alla salute", concludono Udu e Fp Cgil.
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