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Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le vaccinazioni permettono di prevenire dai 3,5 ai 5 milioni di morti ogni anno, costituendo dunque il principale strumento di controllo e prevenzione delle malattie infettive e una risorsa fondamentale per la salute pubblica globale. L’OMS sottolinea inoltre il ruolo dei vaccini nella lotta all’antimicrobicoresistenza, dal momento che riducendo i casi di infezione, si permette un risparmio di antibiotici sia nelle forme batteriche, per le quali è indicata l’antibioticoterapia, sia in quelle virali per cui spesso si ricorre ad essa impropriamente o per il trattamento delle frequenti sovrainfezioni batteriche. Oltre a costituire un successo sul piano sociale ed etico, l’immunizzazione della popolazione rappresenta un sistema di investimento economico grazie al rapporto costo-beneficio vantaggioso dei vaccini e al loro alto profilo di sicurezza, che permette di ridurre l’impatto sulle preziose – e, purtroppo, sempre più limitate – risorse dei sistemi sanitari. Quali sono i soggetti più rischio? Alcuni soggetti, come gli individui immunocompromessi o affetti da patologie croniche, sono considerati a più alto rischio di contrarre malattie infettive e sviluppare complicanze. Questi pazienti, se esposti a rischio infettivo, hanno maggiori probabilità di andare incontro a un peggioramento della loro patologia di base e sviluppare quadri clinici gravi con conseguente ospedalizzazione e talvolta il decesso. La prevenzione primaria mediante vaccinazione è essenziale per: i soggetti anziani, i pazienti oncologici e trapiantati, i soggetti affetti da immunodeficienza primaria o acquisita, i pazienti con asplenia anatomica o funzionale e deficit del sistema del complemento, i soggetti affetti da malattie croniche epatiche, cardiache, polmonari, renali (specialmente se sottoposti a emodialisi) e metaboliche, prima tra tutte il diabete mellito. Ad oggi, esistono vaccini efficaci e sicuri per più di venti malattie infettive potenzialmente letali, molte delle quali più frequenti nei soggetti fragili e immunocompromessi: la loro prevenzione migliora la sopravvivenza e la qualità della vita di questi pazienti. Che cos’è l’herpes zoster e in quali pazienti si manifesta più frequentemente? L’herpes zoster (anche noto come “fuoco di sant’Antonio”) è causato dalla riattivazione del virus Varicella Zoster (VZV). il VZV appartiene alla famiglia dei virus erpetici ed è responsabile della varicella, una malattia esantematica molto comune in età infantile che costituisce la manifestazione clinica dell’infezione primaria. A seguito dell’infezione primaria, il virus Varicella Zoster è in grado di permanere a lungo in forma latente nei gangli sensitivi del sistema nervoso e può riattivarsi sotto forma di eruzione cutanea vescicolare dolorosa, tipicamente unilaterale, particolarmente grave se coinvolge l’occhio (herpes oftalmico) o gli organi viscerali. Sebbene lo zoster possa verificarsi a tutte le età, più del 50% dei casi si osserva nei soggetti di età superiore a 60 anni o con condizioni di immunocompromissione, come neoplasie, malattie autoimmuni, terapie immunosoppressive e infezione da HIV; in questi pazienti il rischio di recidiva e di complicanze è maggiore rispetto alla popolazione generale. Si calcola che circa una persona su tre sviluppi zoster nell’arco della vita, con recidive dopo il primo episodio in circa il 5% dei casi. Secondo uno studio retrospettivo condotto su 51 milioni di soggetti, tra il 2005 e il 2009 l’incidenza di zoster ogni 1000 persone/anno (PY) è risultata pari a 4,82/1000 PY, ma tale incidenza aumenta in determinate categorie di pazienti a rischio, soprattutto i pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo o di cellule staminali, per i quali l’incidenza era circa 9 volte superiore. Quali sono le complicanze dello zoster? La nevralgia post-erpetica (PHN) rappresenta la complicanza più frequente dell’herpes zoster. Si tratta di una condizione di dolore neuropatico cronico, spesso profondamente debilitante ed impattante sulla qualità della vita, che si verifica nel 10-30% dei soggetti colpiti e può durare per mesi o anni. La nevralgia post-erpetica è più frequente quando lo zoster compare in età più avanzata. A causa del coinvolgimento delle arterie e delle arteriole cerebrali, lo zoster si accompagna a un aumentato rischio cerebrovascolare con un aumento dell’incidenza di casi di ictus ischemico o emorragico almeno nelle prime settimane dopo l’insorgenza della patologia. È stato inoltre osservato un aumentato rischio di insorgenza di sindrome di Guillain-Barré (GBS), una rara polineuropatia immunomediata che si manifesta con paralisi muscolare flaccida, e si ipotizza un ruolo del VZV nella patogenesi dell’arterite a cellule giganti di Horton, una malattia infiammatoria che coinvolge le arterie temporali provocando cefalee intense e cecità improvvisa. Quali vaccini abbiamo a disposizione per prevenire lo zoster? Esistono due tipi di vaccini per la prevenzione dell’herpes zoster: un vaccino a virus vivo attenuato (live zoster vaccine, LZV) e un vaccino ricombinante (recombinant zoster vaccine, RVZ). Il vaccino a virus vivo attenuato è stato approvato per la prima volta nel 2006 sulla scorta di un trial clinico condotto su soggetti non immunocompromessi di età uguale o superiore ai 60 anni, nei quali l’efficacia nella prevenzione dello zoster era risultata pari al 51%, con una riduzione del 67% dell’incidenza di nevralgia post-erpetica. Secondo le indicazioni dell’Agenzia del Farmaco Europea (EMA), questo vaccino viene somministrato in singola dose intramuscolare nei soggetti di età uguale o superiore ai 50 anni. Alcuni studi condotti successivamente, tuttavia, hanno osservato che la protezione indotta dal vaccino sembra ridursi drasticamente a distanza di circa 5 anni a causa del fenomeno della vanishing immunization, ovvero la perdita di efficacia protettiva di un vaccino nel corso del tempo. In alcuni soggetti, inoltre, tale vaccino è controindicato poiché l’inoculo di un virus vivo, per quanto attenuato, potrebbe causare malattia disseminata: la sua somministrazione è infatti sconsigliata nei pazienti con grave immunodeficienza da HIV/AIDS, sottoposti a chemioterapie o terapie immunosoppressive e nei soggetti con malattie oncoematologiche. Il vaccino ricombinante è stato approvato in Europa nel 2020 e sfrutta la combinazione dell’antigene, costituito dalla glicoproteina E del virus Varicella Zoster, con un sistema adiuvante (AS01B) in grado di attivare precocemente l’immunità innata dell’ospite, stimolando una risposta immunitaria robusta e durevole. Due trial randomizzati e controllati hanno validato l’efficacia del vaccino ricombinante nei soggetti di età ≥ 50 anni (studio ZOE-50) e ≥ 70 anni (studio ZOE-70), confermando una riduzione dell’incidenza di zoster rispettivamente del 97,2% e del 89,8% e una riduzione complessiva dell’88,8% di nevralgia post-erpetica nei soggetti di età uguale o maggiore a 70 anni. I dati attualmente disponibili indicano che anche nei pazienti più anziani la protezione indotta dal vaccino sembra conservare la sua efficacia nel corso del tempo. Il RZV si è dimostrato sicuro ed efficace anche nei pazienti immunocompromessi: in soggetti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche due dosi di vaccino ricombinante hanno mostrato una riduzione del 68,2% di incidenza di herpes zoster a 21 mesi di follow-up; analogamente, nella popolazione affetta da tumori di organo solido in corso di chemioterapia, malattie oncoematologiche o nei pazienti con infezione da HIV, RZV ha mostrato un elevato profilo di sicurezza e una risposta immunitaria umorale e cellulo-mediata efficiente. Quali pazienti possono ricevere il vaccino ricombinante? Tale vaccino viene somministrato per via intramuscolare in due dosi a distanza di 1-6 mesi l’una dall’altra, ed è attualmente approvato dall’EMA per tutti i soggetti di età uguale o superiore a 50 anni e per i soggetti di età uguale o superiore a 18 anni che presentino fattori di rischio per sviluppare lo zoster e la nevralgia post-erpetica. La sua somministrazione è indicata anche nei pazienti che hanno ricevuto la vaccinazione per la varicella, in quelli precedentemente vaccinati con vaccino a virus vivo e nei pazienti che hanno già avuto episodi di zoster in passato. La principale controindicazione è l’allergia agli eccipienti del vaccino o reazioni allergiche gravi alle dosi precedenti. I dati attualmente a disposizione non forniscono informazioni sull’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle donne in gravidanza. Quali sono i possibili effetti collaterali del vaccino ricombinante? Gli effetti collaterali del vaccino sono generalmente lievi e si manifestano più frequentemente nei soggetti giovani. I più comuni sono dolore locale, gonfiore e eritema in corrispondenza del sito dell’iniezione, talvolta accompagnati da mialgia, cefalea, febbre, brivido, spossatezza, disturbi gastrointestinali e sincope. Nella maggior parte dei casi, si risolvono spontaneamente in circa 2-3 giorni e rispondono al trattamento con gli antinfiammatori. Altri eventi sistemici sono esternamente rari. In conclusione, la vaccinazione anti-zoster con vaccino ricombinante è un’arma estremamente utile nella prevenzione di una malattia frequente e gravata da complicanze potenzialmente severe. Consiglio a tutti i soggetti con età maggiore di 50 anni o anche più giovani ma con malattie croniche (come diabete, cardiopatie, patologie dei polmoni o del fegato) o immunodepressione (pazienti con cancro o leucemia, anche durante chemioterapie) di vaccinarsi. Vaccinarsi vuol dire proteggere noi stessi e i nostri cari, vuol dire far risparmiare cure e costi alla nostra sanità. Quando qualcuno mi chiede quali sono gli eventi avversi dei vaccini, rispondo che essi “ci fanno invecchiare”, nel senso che allungano la nostra vita! Ivan Gentile
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Mercoledì 06 SETTEMBRE 2023
Perché è importante vaccinarsi per Herpes Zoster: tutto quello che c’è da sapere
Oltre a costituire un successo sul piano sociale ed etico, l’immunizzazione della popolazione rappresenta un sistema di investimento economico grazie al rapporto costo-beneficio vantaggioso dei vaccini e al loro alto profilo di sicurezza, che permette di ridurre l’impatto sulle preziose – e, purtroppo, sempre più limitate – risorse dei sistemi sanitari.
Professore Ordinario di Malattie Infettive
Direttore UOC, Università e Azienda Ospedaliera Federico II di Napoli
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