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Martedì 29 AGOSTO 2023
Il “person-neglect” e l’insostenibilità prossima ventura del Ssn

Questo approccio di negligenza attenzionale verso gli aspetti legati al funzionamento dell’intera persona e della sua dimensione umana (psicologica), non trova neanche giustificazione nella mancanza, inefficacia o costo di un approccio più integrato, visto che esistono oramai conclamate evidenze che l’attenzione a questi aspetti riduce i costi e aumenta l’efficacia degli interventi, oltre che la soddisfazione delle persone. Persino la psicoterapia risulta meno costosa dei farmaci in tante situazioni, ma il Ssn praticamente non la utilizza più.

Nonostante i tanti proclami la programmazione nazionale e regionale del SSN risente, in particolare, di alcune condizioni limitanti: 1) il permanere di una visione della malattia come qualcosa che è legato (nelle cause, negli effetti, nelle cure) solo alla dimensione biologica, con un focus organizzativo e clinico centrato sull’organismo e non sulla persona; 2) un conseguente neglect su tutti i determinanti non strettamente biologici della salute e sui fattori non biologici che favoriscono (fattori di rischio) la patologia, determinano la reazione e la gestione della stessa da parte della persona, influenzano l’andamento clinico della stessa, il “peso” complessivo della condizione sul piano sociale e relazionale.

Questo approccio è figlio di un ritardo nel travaso tra evoluzione delle evidenze e formazione, per cui gli studi di gran parte delle professioni sanitarie non contemplano i fattori soggettivi (e spesso anche ambientali e di contesto) che interagiscono con la biologia ma solo quelli intra-biologici, nonostante ci siano prove schiaccianti sul peso e il ruolo di questi fattori extra-biologici per la biologia, a cominciare dall’attività del DNA, dei mitocondri, dei telomeri. Una formazione ben tarata sul riparare corpi ma ignara del valore della relazione, della comunicazione, dei processi umani.

E’ figlio del ruolo preponderante delle grandi case produttrici di farmaci e tecnologie, che non hanno interesse a considerare questi fattori poiché non sono il target dei loro prodotti, che agiscono sostanzialmente sui processi biologici e non hanno come finalità, contrariamente alle pubbliche istituzioni, di promuovere salute, prevenire e ridurre il peso delle malattie.

E’ anche figlio di un “combinato disposto” tra approccio e gestione. Questo approccio di fatto è in linea con l’idea di salute come assenza di malattia, quindi si è sani sino al giorno nel quale “compare” la malattia. Ci si muove così in una visione dicotomica salute o malattia che non tiene conto che nella maggior parte delle situazioni c’è una lunga fase nella quale la persona non sta più bene anche se non ha le soglie cliniche della patologia.

La gestione del SSN è basata su logiche di breve periodo e sui costi correnti e quindi poco propensa a programmare azioni e politiche che richiedono orizzonti più ampi. Ripete con piccole varianti il modello novencentesco della malattia acuta (comparsa, cura, esito) e quindi è in affanno col fatto che ormai gran parte delle situazioni hanno un andamento cronico (e una comparsa lenta, progressiva e spesso evitabile).

Facciamo solo alcuni esempi: è dimostrato che alcuni fattori psicologici sono condizioni di rischio per le malattie cardiovascolari (primo settore di spesa) molto più del colesterolo o della sedentarietà; che ansia, stress e depressione condizionano in modo significativo il decorso e la mortalità di queste e di molte altre patologie; che la depressione è il secondo fattore predittivo delle demenze dopo l’ictus; che il vissuto e l’atteggiamento psicologico verso la malattia cronica sono il principale fattore che incide sui costi, sull’aderenza e sulla gestione della stessa.

Le assicurazioni americane, che fanno i conti, hanno visto che questi fattori psicologici, a causa dell’impatto che hanno sul comportamento, sulla biologia e quindi sull’aumento della richiesta e del bisogno di procedure mediche, aumentano i costi sanitari legati alla malattia sino a raddoppiarli.

Si tratta nel complesso di una visione che, essendo incentrata su una serie di aspetti e trascurandone altri (attenzione parziale, cioè appunto neglect), che pure contano e incidono, appare non solo scientificamente arretrata ma anche inappropriata dal punto di vista dei reali bisogni e dei costi, ovvero del migliore investimento delle risorse pubbliche, originate dalla fiscalità generale.

Un processo difficile da modificare se non in una visione ampia e di lungo respiro, basti vedere il divario tra l’evoluzione delle norme (leggi, LEA, Piano Cronicità, linee guida, ecc.), che progressivamente hanno incluso alcuni aspetti legati alla persona e la loro reale applicazione, gap fotografato bene dagli indicatori scelti per il monitoraggio che evitano accuratamente queste ampie zone scoperte.

Si parla di “one health” ma è solo l’ultimo slogan di un sistema che arranca, perché un approccio unitario alla salute presuppone una visione integrata dell’essere umano e della sua vita nel contesto e non il semplice affiancamento di variabili.

Non vorrei restringere questo più ampio discorso alla psicologia ed al suo ruolo nei contesti sanitari, un tema a me caro da decenni e ben prima del mio attuale ruolo di rappresentanza, ma il sotto-utilizzo e la sistematica sottovalutazione di questa scienza e di questa professione è uno degli aspetti più lampanti di quanto evidenziato sopra. Basti pensare che una semplice legge di efficientamento dei pochi psicologi presenti nel SSN, che prevede il loro coordinamento a livello di azienda sanitaria (funzione aziendale di psicologia) per meglio organizzarli, a quasi tre anni dalla sua promulgazione attende ancora l’intesa Stato-Regioni sulle linee attuative, nonostante la commissione ministeriale (con dentro le regioni) abbia concluso i suoi lavori da molti mesi.

Questo approccio, che abbiamo definito “person-neglect”, ovvero di negligenza attenzionale verso gli aspetti legati al funzionamento dell’intera persona e della sua dimensione umana (psicologica), non trova neanche giustificazione nella mancanza, inefficacia o costo di un approccio più integrato, visto che esistono oramai conclamate evidenze che l’attenzione a questi aspetti riduce i costi e aumenta l’efficacia degli interventi, oltre che la soddisfazione delle persone. Persino la psicoterapia risulta meno costosa dei farmaci in tante situazioni, vista la maggiore efficacia, i benefici più duraturi e i minori effetti collaterali, giusto per fare un esempio, ma il SSN praticamente non la utilizza più.

Perdurare con questo neglect non solo rende sempre più insoddisfatti i cittadini (e spesso gli stessi operatori) ma, se non superato, sarà una delle cause del default del SSN, a meno che questa non sia la reale intenzione.

David Lazzari
Presidente CNOP, past president SIPNEI

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