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Venerdì 04 AGOSTO 2023
Bene il taglio della Case di comunità, progetto ideologico e vecchio
Il progetto delle Case di Comunità è la versione riveduta e corretta delle Case della Salute, progetto buono per alimentare l’edilizia sanitaria non quella assistenziale. Circola sui tavoli da più di vent’anni, e non è mai decollato semplicemente perché, in sostanza, riduce i servizi e non l’aumenta.
Gentile Direttore,
in questi giorni, con gli anticicloni africani fioriscono articoli che evocano visioni da miraggio nel deserto, tipo quello di definire il progetto “Case di comunità” una meraviglia, e che l’attuale governo sta brutalmente ridimensionando. Ma è così? Dal mio, e non solo dal mio, punto di vista, abbandonare schemi ideologici nel miglioramento del sistema sanitario pubblico ed approcciare al tema con sano realismo e sanissima programmazione è un passo in avanti non piccolo. È un fatto che viviamo un momento di profonda ridefinizione del sistema sanitario pubblico.
Da un lato l’articolo 32 inchioda tutti a rispettare un dettato costituzionale, salvifico aggiungo, dall’altro bisogna fare i conti con le conseguenze di errori macroscopici compiuti negli ultimi anni in ordine alla programmazione del fabbisogno di medici ed infermieri, al riammodernamento dei criteri di ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e Scienze Infermieristiche per citarne alcuni. E non ultimo bisogna fare i conti con le risorse economiche. Col regionalismo. Con gli impegni presi con il PNRR. Insomma un bel mucchio di problemi. Nel frattempo la spesa a carico dei privati sale, i tempi di attesa si allungano, le riforme rimangono sul tappeto.
Al di là dei problemi, arcinoti, quali soluzioni? Intanto a mio modesto modo di vedere cominciamo a dire le cose come stanno. Il progetto delle Case di Comunità è la versione riveduta e corretta delle Case della Salute, progetto buono per alimentare l’edilizia sanitaria non quella assistenziale. Circola sui tavoli da più di vent’anni, e non è mai decollato semplicemente perché, in sostanza, riduce i servizi e non l’aumenta.
Per di più oggi è un progetto vecchio, superato. Vent’anni fa la tecnologia non era quella di ora e la medicina di oggi che tende a personalizzare molto le cure, mal si coniuga con la medicina fatta di protocolli e linee guida generali. Oggi va potenziata la capacità del sistema di prevenire le malattie, di anticipare i tempi per la diagnosi e la cura, abbiamo gli strumenti e la capacità di farlo. Va incentivata quindi la medicina d’iniziativa, soprattutto sui grandi temi, lo stile di vita, il sovrappeso, gli screening, le vaccinazioni.
Va allargata la visione dal curare il malato a prendersi carico della famiglia, spesso incubatrice di molti problemi. Sulle patologie croniche la vittoria sarebbe quella di renderle non più tali, per quanto possibile, non certo quella di curarle per vent’anni. Va rivoluzionata la visione, la gestione, l’impostazione generale del sistema pubblico. Invece si continua con la solita tiritera, il Distretto, come se questo, già fallito, fosse la soluzione al problema.
Si addossa, neanche troppo velatamente , la colpa del fallimento di una proposta vecchia ed ideologica, le Case di Comunità, alla ferrea volontà dei medici di famiglia di non andarci, di non voler fare i turni festivi etc. etc. Niente di più falso.
Dove ci sono state proposte serie i medici di famiglia hanno partecipato, lo fanno negli ambulatori aperti sabato e domenica, nelle case della Salute, nelle Unità di Cure Primarie aperte dalle 9 alle 19 tutti i giorni, ma, probabilmente gli esegeti delle Case di Comunità non lo sanno, perché dal medico di famiglia non ci vanno, frequentano altri luoghi, che la signora Maria non può frequentare per motivi economici. E infatti le signore Maria, ti chiedono, in relazione al PNRR, “ma non è dottore che ci levano il medico nostro?”. E poi mi tocca andare a 5 chilometri e farmi visitare da chi non conosco e non mi conosce?” “E’ proprio così, Maria”. “Ma non ti preoccupare, facciamo una bella “Intra Moenia”, cioè paghi, e così magari il medico puoi sceglierlo”. Gli ospedali di Comunità?
Ma invece di costruire, già visto anche questo, strutture di degenza, perché non si investe in progetti di edilizia sanitaria, creando strutture residenziali a misura di anziano? È meglio un posto letto od un appartamento attrezzato? La tecnologia oggi lo rende quasi banale. Ma invece si continuano a progettare casermoni di degenza. Se un Progetto è un fallimento annunciato, oltre che un bagno di sangue per i costi e pure di dubbia efficienza è meglio rivederlo od andare avanti con foga trinariciuta? E se il progetto non convince gli operatori che ci devono lavorare è colpa dei progettisti o degli operatori?
Oggi le cose si fanno con i dati, non con le opinioni personali, la programmazione si fa con i numeri alla mano non “ad occhio” e i risultati vanno misurati non perché ci si aspetta sempre la perfezione ma perché bisogna essere capaci di cambiare ciò che non funziona. Avendo anche l’onestà intellettuale per riconoscere gli errori commessi e la capacità di correggere ciò che si è fatto di sbagliato.
Pier Luigi Bartoletti
Vice segretario Fimmg nazionale
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