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L' importante contributo di Di Silverio e colleghi su QS dal titolo "Il sovraffollamento dei pronto soccorso: analisi e prospettive della rete pubblico/privato" oltre ad offrire un'analisi puntuale ed esaustiva dell'esistente in termini di presidi ospedalieri, strutture per acuti e posti letto pubblici e privati dedicati alla emergenza/urgenza, suggerisce anche delle soluzioni concrete per uscire dalla drammatica situazione di sovraffollamento dei pronto soccorso. Altrettanto vero, come sostiene lo stesso che un mero incremento numerico di ospedali e posti letto senza criteri di programmazione non avrebbe senso. Specie se spinto da campanilismi come avviene in alcune regioni dove, dopo decenni, ci è stato un cambio di colore politico nell’amministrazione Adottando tale principio basterebbe definire dieci reti cliniche integrate con i punti di accesso e primo livello correttamente distribuiti per razionalizzare il sistema e integrare case delle comunità e ospedali, evitando sotto e sopra dimensionamento come sembrerebbe avvenire in alcune regioni come le Marche. Roberto Polillo
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Mercoledì 05 LUGLIO 2023
Per rilanciare il Ssn e realizzare l’integrazione territorio-ospedale servono reti cliniche integrate
La mancanza di un reale collegamento funzionale tre le strutture che a vario titolo operano nel Ssn rappresenta un problema cui mettere mano con urgenza. È mia convinzione infatti che senza una razionale programmazione e la definizione di precisi Pdta per la presa in carico e gestione complessiva del paziente, anche un significativo incremento del Fondo sanitario nazionale avrebbe effetti modesti sulla qualità delle cure e sulla disuguaglianza di accesso ai servizi sanitari.
Gli autori, senza demonizzare le strutture private il cui ruolo è importante nell'offerta complessiva di posti letto per acuti, le richiama alle loro responsabilità. O meglio richiama alle sue responsabilità il decisore politico che, incredibilmente, ha conferito l'accreditamento per posti letto per acuzie a strutture private che erano completamente prive non solo di DEA ma anche di pronto soccorso.
Di fatto nulla è stato fatto per organizzare la rete dei servizi di urgenza ed emergenza; un modello organizzativo che rappresenta l'unico modo per coordinare funzionalmente strutture caratterizzate da diversi livelli di complessità assistenziale, non lasciando solo al pubblico l'onere e i costi complessivi sia in termini di risorse finanziarie che di personale, dei servizi di emergenza.
Se questo avvenisse, con la formalizzazione di una rete dedicata le strutture private, anche se prive di servizi di emergenza, dovrebbero comunque mettere a disposizione posti letto per i pazienti accettati nei pronti soccorso e necessitanti ricovero per acuti. Così facendo si risolverebbe in larga misura il problema dell'indecente stanziamento in PS dei pazienti barellati in attesa di posti letto disponibili.
L’implementazione delle reti cliniche per rilanciare il SSN
Vado sostenendo da molto tempo che uno dei modi possibili per rilanciare il nostro SSN e realizzare quella integrazione tra ospedale e territorio che si rincorre invano da 30 anni e più è quella di implementare le reti cliniche assistenziali, ampliandone il numero previsto nel DM70
Prendendo in considerazione un precedente intervento di Maria Maffei sul DM sugli standard ospedalieri e sul decreto di istituzione di un tavolo di concertazione ministeriale è difficile negare, come invece fa l'autore che nel nostro paese la riduzione del numero di ospedali e di posti letto sia diventato un ulteriore problema; un sottodimensionamento ormai compiuto della rete ospedaliera che crea enormi problemi e che peraltro ci pone agli ultimi posti di tutte le classifiche.
Che fare per impedire duplicazioni e spezzatini assistenziali?
Cosa si dovrebbe fare allora? Sicuramente impedire spezzatini, duplicazioni e la nascita di nuovi ospedaletti privi di reparti e tecnologie come sembrerebbe avvenire in alcune realtà regionali. Sarebbe invece opportuno stressare quella parte del DM 70 o per meglio dire dell'ultima bozza disponibile che definisce e amplia le reti cliniche a partire da quella dedicata all’emergenza /urgenza le cui potenzialità assistenziali gli autori citati all'inizio del mio intervento hanno illustrato molto correttamente.
L’assistenza reticolare e distribuita in ambito regionale
E' quello delle reti un modello organizzativo ben definito sia in termini di personale dedicato che di strutture sanitarie necessarie e ordinate sulla base di livelli crescenti di complessità; dal primo livello di accesso al secondo e infine al terzo a valenza di area vasta o regionale nel caso di piccole regioni come le Marche. I nodi della rete verrebbero definiti numericamente in base alla prevalenza della patologia, della popolazione residente e delle caratteristiche del territorio e varierebbero ovviamente a seconda delle caratteristiche di ogni singola regione
Lavorare sulle reti per integrare ospedale e territorio
Lavorare sulle reti cliniche delle malattie a più ampia prevalenza (malattie immuno- allergiche, cardiologiche, degenerative, metaboliche, onco-ematologiche, cerebrovascolari, disabilità punti nascita etc), potrebbe essere il modo per riuscire dove finora si è sempre fallito: integrare realmente cure primarie e assistenza ospedaliera e questo sia per il trattamento/gestione delle patologie acute, a rapida soluzione, e sia per quelle croniche di lunga durata e maggiore estensivita assistenziale.
I MMG e gli specialisti ambulatoriali come punto di accesso
In questo approccio le cure primarie, intese come case della comunità in cui operano MMG e specialisti ambulatoriali, rappresenterebbero il punto di accesso della rete e presa in carico del paziente con una determinata patologia e la sua gestione complessiva verrebbe definita attraverso specifici PDTA. Il paziente dunque non dovrebbe più cercarsi da solo il luogo di cura, laddove ci fosse necessità di un livello superiore, ma sarebbe inserito in un percorso assistenziale trasparente, certo ed efficiente.
Un modo per dare dignità al lavoro medico dando valore al contributo di tutti gli operatori in quanto inseriti in un percorso che hanno contribuito a realizzare e modificare dopo le opportune successive verifiche.
Il ruolo di Agenas e la responsabilità delle regioni.
Il lavoro generale di programmazione del sistema delle reti dovrebbe essere affidato all'Agenas con l'attiva partecipazione della commissione salute della conferenza delle regioni, mentre la effettiva implementazione sarebbe di responsabilità regionale.
Parlo di responsabilità perché in caso di inadempienza la regione verrebbe penalizzata per quanto riguarda il trasferimento delle risorse vincolate a progetti.
Considerazioni conclusive
Per concludere e tornando all'articolo di Di Silverio e colleghi è evidente come la mancanza di un reale collegamento funzionale tre le strutture che a vario titolo operano nel SSN rappresenta un problema cui mettere mano con urgenza.
E’ mia convinzione infatti che senza una razionale programmazione e la definizione di precisi PDTA per la presa in carico e gestione complessiva del paziente, anche un significativo incremento del Fondo sanitario nazionale avrebbe effetti modesti sulla qualità delle cure e sulla disuguaglianza di accesso ai servizi sanitari.
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