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Gentile Direttore, Non vi è alcuna norma che preveda queste prescrizioni che si traducono molto spesso in inviti/suggerimenti, ma con la sottostante minaccia di ripercussioni sull’esercizio della responsabilità genitoriale se il genitore non aderisse “spontaneamente” al trattamento psicologico imposto. Stiamo parlando di veri e propri Trattamenti Sanitari Obbligatori, in nome di un presunto interesse del figlio minorenne coinvolto nel contenzioso civile. La Cassazione si è già pronunciata sul tema, in ultimo con l’ordinanza n. 17903 del 22 giugno 2023 in cui si ribadisce ciò che dovrebbe essere ovvio: nessun trattamento sanitario può essere imposto contro la volontà della persona, richiamando tra l’altro gli artt. 13 e 32 della Costituzione. A supporto, vi sono inoltre la L. 219/17 (artt. 1 e 3), l’art. 33 della L. 833/78 e il Codice Deontologico degli Psicologi che verrà sottoposto a referendum in settembre di quest’anno. A tal proposito, è stato completamente revisionato l’art. 24 che riguarda il consenso informato: Articolo 24 – Consenso informato sanitario nei confronti di persona adulte capaci Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge. L’acquisizione del consenso informato è un atto di specifica ed esclusiva responsabilità della psicologa e dello psicologo. Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni al contesto e alle condizioni della persona, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazione o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. La psicologa e lo psicologo informano la persona interessata in modo comprensibile, completo, e aggiornato sulla finalità e sulla modalità del trattamento sanitario, sull’eventuale diagnosi e prognosi, sui benefici e sugli eventuali rischi, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario. Il tema è molto delicato poiché il Servizio Sanitario Nazionale, nello specifico i Consultori familiari, sono letteralmente invasi da continue richieste dei Tribunali di avviare “percorsi” psicologici coatti e di relazionare gli esiti al Giudice. Così le Psicologhe e gli Psicologi dipendenti pubblici, il cui numero è già carente da anni, si trovano a doversi destreggiare tra Tribunali, genitori, figli, avvocati ed improbabili consulenti tecnici di parte alla stregua di una CTU in cui i colloqui clinici vengono confusi con le operazioni peritali presso il Consultorio. Una grave commistione tra ambito giudiziario e sanitario in cui la Psicologo e lo Psicologo dovrebbero “curare” i genitori e allo stesso tempo giudicarli per mezzo di relazioni periodiche da inviare alla magistratura, così come sancito dal nuovo art. 473-bis.27 c.p.c. introdotto in seguito alla riforma Cartabia. L’Ordine degli Psicologi della Calabria è stato il primo ad occuparsi della questione deliberando un importante documento nel marzo 2022 dal titolo “Sulle prescrizioni psico-giudiziarie da parte dei Tribunali nei casi di separazione, divorzio e affidamento dei figli” in cui si sostiene, tra l’altro, che i Consultori familiari erogano i LEA, ma sono affogati da queste incessanti richieste da parte dei Tribunali in “nome dell’interesse supremo del minore” che ormai è diventato uno slogan passpartout più che un principio. Marco Pingitore
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Venerdì 30 GIUGNO 2023
I Consultori familiari ostaggi dei Tribunali?
vorrei porre alla sua cortese attenzione e quella delle lettrici e dei lettori una spinosa questione inerente l’ambito sanitario contaminato da quello giudiziario. E’ prassi assai diffusa da parte di alcuni Tribunali italiani di prescrivere ovvero “invitare” uno o entrambi i genitori separati o in corso di separazione un trattamento sanitario di tipo psicologico, nello specifico un sostegno psicologico alla genitorialità o una psicoterapia.
Dirigente Psicologo CSM Mesoraca
Segretario Ordine Psicologi Calabria
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