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Lunedì 19 GIUGNO 2023
Personale e pazienti, vittime della crisi (non risolta) dell’emergenza sanitaria



Gentile Direttore,
si parla tanto, forse troppo di emergenza urgenza, ma di soluzioni, al netto di interventi spot economici una tantum, ad oggi, se ne intravedono poche. Il problema dell’emergenza urgenza ha due facce, una stessa medaglia con risvolti concatenati tra loro. Da una parte il personale che ormai allo stremo, tra delusione, stanchezza burn-out (più del 65% ne soffre) e dimissioni, vive ogni giorno il personale conto alla rovescia che lo porterà fuori da un ospedale ormai percepito come una gabbia.

Dall’altra parte il paziente che, sempre meno garantito e soddisfatto dei tempi di cura più che della cura stessa, aggredisce, denuncia, e poi inevitabilmente cerca altre strade, tra cui il privato, (37 miliardi costano le cure out of pocket).

In mezzo un articolo 32 della Costituzione che continua a esser calpestato, vilipeso, disatteso.

Nella totale indifferenza della società civile che ad oggi invece di scagliarsi contro chi a questo stato ci ha condotti (e non è certo tutta colpa di questo governo che si trova ad affrontare una congiuntura economico politica e bellica dura) se la salute pubblica è a rischio.

Seppur alcuni investimenti e alcune scelte odierne appaiono discutibili, come i 200 milioni spesi per eliminare il super bollo dalle auto di lusso o gli 800 milioni per il lodo Lotito salva calcio, o ancora il miliardo destinato al pay-back in assenza di legislazione attinente, rappresentano comunque evidentemente le reali esigenze del paese o meglio di chi il paese lo vive.

Purtroppo, aggiungiamo che tali scelte non sembrano andare nella direzione di chi al paese e nel paese sopravvive.

Non è servita sembra neanche la mole di soldi che dovrebbe arrivare, è già arrivata o arriverà del PNNR.

Anche in questo caso una gran confusione regna, tra chi dovrebbe spenderli, questi soldi, come, e quando, complice una gestione europea degli stessi farraginosa.

L’unico dato certo è che i soldi del PNNR sono destinati alla implementazione della medicina territoriale per creare finalmente quella medicina di prossimità di cui tanto si parla ma che oggi sembra ancora al palo.

Eppure, il tempo stringe non solo per le normali o anormali scadenze europee, ma soprattutto per la tenuta di un sistema sociale che è una bomba ad orologeria.

Il modello che si sta cercando di creare in Emilia Romagna in tal senso ci appare sensato.

Creare due distinti canali confluenti per le urgenze di media bassa e alta intensità di cure, con la partecipazione attiva della medicina territoriale, cercare di ridurre gli accessi impropri in Pronto Soccorso veicolando le richieste di cure minori (CAU) su strutture territoriali, mettere finalmente in contatto continuità assistenziale e medicina di base, dotandole di strumenti diagnostici e informatici in grado di rispondere alle richieste dei pazienti e dei professionisti salvaguardando al contempo la distribuzione geografica per evitare di ‘isolare’ chi vive in zone meno agiate, ci sembrano un buon punto di partenza e di confronto.

Una proposta sensata che, avendo a disposizione i professionisti, potrebbe essere l’inizio di un percorso virtuoso utile ai cittadini e forse anche agli operatori sanitari.

Resta certo da comprendere il ruolo della specialistica ambulatoriale che sicuramente potrà completare quello che ad oggi è un complicato puzzle di cure.

D’altro canto siamo ad un bivio, deprofessionalizzare il sistema delle emergenze urgenze, abdicando ruolo funzione e responsabilità, o investire nei professionisti e di conseguenza nella qualità delle cure.

Di certo è il punto di partenza per una riforma dell’emergenza che deve necessariamente essere integrata.

L’operatore sanitario di pronto soccorso resta al momento alla finestra, anzi alla porta dal momento che le dimissioni crescono quotidianamente.

Ci auguriamo che tale impegno e interesse possa esser riposto anche nella medicina ospedaliera che certo avrebbe effetti positivi indiretti da tale percorso, ma che necessità di investimenti sui professionisti in termini numerici, e organizzativi nonché economici, tanto quanto la medicina del territorio.

Certo senza un incremento dei letti almeno in reparti specifici, e senza una metodologia di assegnazione dei ricoveri o di pianificazione delle dimissioni e senza un investimento deciso sui professionisti sarà difficile risolvere il problema del over boarding nei Pronto Soccorso.

Insomma, non commettiamo l’errore di pensare che il problema sia esclusivamente la medicina di prossimità, del territorio, o che il problema possa essere risolto solo con le infrastrutture e l’organizzazione.

Il vero problema è la presa in cura del paziente e la possibilità che oggi il professionista ha di prendere in carico il paziente. E con questi numeri di professionisti è difficile continuare ad erogare le cure come fatto fino ad oggi.

Occorre pertanto investire ora sul numero di medici, di operatori sanitari affinché i sistemi di gestione e organizzazione dele cure, soprattutto in emergenza, possano trovare il naturale sfogo e la loro naturale funzione.

Prediamo spunto dal giudice Falcone quando affermava con convinzione che le idee camminano sulle gambe degli uomini e delle donne, soprattutto le buone idee.

Pierino Di Silverio
Segretario nazionale Anaao Assomed

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