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In Lombardia ogni anno sono stimati circa 60.000 nuovi casi di cancro, nel 2022 in Italia sono stati 390.700. In dieci anni (2010-2020), nel nostro Paese, le persone vive dopo una diagnosi di tumore sono aumentate del 36%. L’innovazione, in particolare l’immunoncologia, ha offerto un contributo fondamentale nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti, rendendo croniche neoplasie molto difficili da curare. Per raccontare a tutti i cittadini questi importanti risultati, da oggi fino a domenica 21 maggio a Milano, in Piazza Argentina (dalle 10 alle 18), si svolge la seconda tappa della campagna di sensibilizzazione “Lo so anch’io”, presentata oggi in una conferenza stampa. Il progetto è realizzato da Bristol Myers Squibb, con la partecipazione di TUTOR (Associazione Tumori Toracici Rari), APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma), FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica), Vivere senza stomaco (si può), FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe), con il patrocinio di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). La campagna prevede incontri nelle piazze, con la presenza delle Associazioni dei pazienti e la distribuzione di materiale informativo, e l’attivazione di un portale dedicato. In Piazza Argentina sarà allestito un gazebo, per tutto il fine settimana e aperto a tutti, in cui si troverà una “macchina del tempo”, per mostrare le tappe principali nella storia dell’immunoncologia “L’immunoncologia – spiega Filippo de Braud, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano - ha aperto una ‘nuova era’ nel trattamento dei tumori. È in grado di stimolare il sistema immunitario contro il cancro e di migliorare in maniera significativa la sopravvivenza, con una buona qualità di vita. I farmaci immunoncologici tolgono il ‘freno’, costituito dai recettori CTLA-4 e PD-1, con cui il tumore blocca la risposta del sistema immunitario. I risultati ottenuti sono importantissimi e queste terapie, utilizzate da sole o in combinazione, hanno profondamente modificato lo standard di cura in molte neoplasie, dal melanoma al carcinoma del polmone, del rene, fino al mesotelioma pleurico e ai tumori gastrointestinali. L’Italia ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di queste molecole innovative”. Anche nella forma più comune di tumore del polmone, quella non a piccole cellule, l’immunoterapia ha cambiato lo standard di cura. La sopravvivenza a 5 anni nella malattia metastatica era pari a circa il 15%. “A tre anni, è vivo il 27% dei pazienti trattati in prima linea con nivolumab più ipilimumab, in associazione con due cicli di chemioterapia, rispetto al 19% con la sola chemioterapia – spiega Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano -. L’ulteriore vantaggio di questo approccio è rappresentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia, che permette di ridurre gli effetti collaterali. Il paziente in meno di un mese termina la chemioterapia e prosegue con la sola immunoterapia. La riduzione della durata della chemioterapia porta indubbi vantaggi nella tollerabilità delle cure e nella qualità di vita”. “Per la prima volta, in oltre 15 anni, l’immunoterapia ha cambiato anche il trattamento del mesotelioma pleurico, un tumore toracico particolarmente difficile da curare – continua il Prof. de Marinis -. Nella forma più aggressiva, quella non epitelioide, la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha più che raddoppiato la sopravvivenza mediana, che ha raggiunto 18,1 mesi rispetto a 8,8 con la chemioterapia standard. Sono risultati davvero significativi e inimmaginabili fino a poco tempo fa. Al dato sulla sopravvivenza si aggiunge quello estremamente rilevante per i pazienti sulla qualità di vita, nettamente a favore dell’immunoterapia”. “Bristol Myers Squibb, per prima, ha creduto nell’immunoncologia, investendo tempo e risorse in questo approccio di cura innovativo – sottolinea Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia -. Finora abbiamo ottenuto la rimborsabilità in Italia per 16 indicazioni tumorali in diverse fasi della malattia per i nostri farmaci immunoncologici, comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti. Continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone colpite da gravi malattie. Lo sviluppo di nuove tecnologie grazie alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale può permettere di individuare ulteriori setting di pazienti che rispondano all’immunoncologia, estendendone così l’efficacia. Ed è importante che i cittadini siano informati sui progressi della ricerca, per questo promuoviamo la campagna ‘Lo so anch’io’”. L’idea che il sistema immunitario sia in grado di proteggere l’organismo dallo sviluppo dei tumori risale agli inizi del Novecento. Ma sono solo i primi esperimenti scientifici, svolti nella seconda metà del secolo scorso, a generare evidenze che definiscono chiaramente il ruolo del “network di sorveglianza” dell’organismo in questo ambito. Nel 2013, la rivista “Science” riconosce l’immunoterapia come “scoperta fondamentale” per i grandi risultati ottenuti nel trattamento dei tumori. E, nel 2018, il Premio Nobel per la Medicina è assegnato a James P. Allison e a Tasuku Honjo, due ricercatori che hanno fornito le basi per lo sviluppo delle terapie immunoterapiche. “Oggi, grazie all’innovazione, sempre più pazienti possono affermare di aver superato il cancro, ma per i tumori rari con un’incidenza di 6/100.00 casi la strada è ancora lunga, anche se si stanno aprendo prospettive importanti anche in patologie aggressive come il mesotelioma – afferma Laura Abate-Daga, Presidente TUTOR (Associazione Tumori Toracici Rari) -. Per questi risultati, dobbiamo ringraziare la ricerca scientifica e tutti i pazienti che accettano di partecipare alle sperimentazioni. Aderiamo alla campagna ‘Lo so anch’io’, che vuole sensibilizzare i cittadini, perché abbiano fiducia nella scienza, nei clinici e nella ricerca e siamo certi che, tutti insieme, potremmo fare più ricerca sui tumori rari, quali mesotelioma e tumori del timo. Sono ancora numerose le sfide da affrontare per migliorare le prospettive di cura. Ad esempio, è essenziale che la diagnosi e il percorso di cura di neoplasie rare come i tumori toracici rari ed il mesotelioma siano definiti solo in strutture di riferimento, che garantiscono esperienza per numero di casi trattati e un approccio multidisciplinare”. “I risultati ottenuti grazie alla ricerca permettono di guarire definitivamente la maggior parte dei pazienti colpiti da una neoplasia sviluppata in età pediatrica. E sono ancora più incoraggianti le prospettive offerte da approcci innovativi, come quelli fondati sull’immunoncologia – conclude Paolo Viti, Presidente FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica) -. È però importante ridurre le disparità regionali che costringono i bambini e le loro famiglie a spostarsi per le cure, anche per lunghi periodi, con un flusso che va dal Sud al Nord del Paese, con gravi conseguenze in termini psicologici ed economici. Per migliorare il livello di cure è necessario, inoltre, attivare le reti pediatriche all’interno delle Reti Oncologiche Regionali. Così si potrà raggiungere un’assistenza omogenea su tutto il territorio”.
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Venerdì 19 MAGGIO 2023
Tumori. Ogni anno in Lombardia 60.000 nuovi casi. Parte la seconda tappa di “Lo so anch’io”
Da oggi fino a domenica a Milano al via il progetto di informazione nelle piazze italiane per raccontare gli importanti avanzamenti nell’immunoncologia. La campagna prevede incontri nelle piazze, con la presenza delle Associazioni dei pazienti e la distribuzione di materiale informativo, e l’attivazione di un portale dedicato
“Nel melanoma metastatico la sopravvivenza era soltanto di 6 mesi – continua il Prof. de Braud -. Oggi, grazie alla combinazione di due molecole immunoncologiche, nivolumab e ipilimumab, in prima linea in questo tumore della pelle metastatico quasi la metà dei pazienti (48%) è viva a 7 anni e mezzo. Questa combinazione è disponibile anche nel carcinoma a cellule renali avanzato, dove, storicamente, la sopravvivenza a 5 anni non superava il 13%. Oggi invece, grazie alla duplice immunoterapia in prima linea, il 43% è vivo a 5 anni. E negli adenocarcinomi gastroesofagei (stomaco, giunzione gastro-esofagea e esofago), in fase avanzata o metastatica, possiamo offrire ai pazienti un’opzione efficace in prima linea, costituita dall’immunoterapia con nivolumab in combinazione con la chemioterapia”.
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