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Ancora una volta ricorro a Quotidiano Sanità per richiamare l’attenzione su quello che sta avvenendo nella Regione Marche in cui la Giunta di centrodestra insediatasi nell’ottobre 2020 sta facendo una programmazione ospedaliera totalmente e grossolanamente difforme dalle indicazioni e dai vincoli del DM 70. Una programmazione che prima avveniva sotto traccia attraverso i programmi di edilizia sanitaria (il cosiddetto Masterplan aggiornato nel febbraio 2022) e adesso avviene addirittura in modo esplicito con la Bozza di Piano Socio Sanitario 2023-2025 messa a disposizione di alcuni interlocutori istituzionali, di cui la programmazione ospedaliera è il piatto forte, visto che tutto il resto delle oltre quasi 500 pagine sono in pratica solo generiche dichiarazioni di intenti o dati non interpretati e non correlati ad alcuna azione programmatica degna di questo nome. Quello che colpisce in questo documento è che, pur in presenza di una drammatica crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), si ritenga possibile fare un atto programmatorio contro una norma, il DM 70, che pure costituisce il riferimento per la determinazione del fabbisogno di personale ai sensi del recente Decreto del 24 gennaio 2023, che all’Art. 3così recita: “Nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, l’applicazione della metodologia di cui al comma 1 è operata in coerenza con le disposizioni di cui al decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n.70.” Quindi se una Regione vuole accedere alla pur timida possibilità di incrementare la propria spesa per il personale che il Decreto prevede deve rispettare le disposizioni del DM 70. Il modo più semplice di verificare il rispetto del DM 70 in un atto programmatorio è quello di verificare il numero di unità operative previste nella rete ospedaliera rispetto alla popolazione residente. Nel caso delle Marche il calcolo è reso semplice dalle dimensioni della sua popolazione che è di un milione e mezzo di abitanti. Quindi basta usare come traccianti le discipline che operano in regime di degenza più comuni. Per quelle con un bacino di utenza tra i 100.000 e i 200.000 abitanti ( e cioè Medicina Generale, Chirurgia Generale e Ortopedia e Traumatologia ci dovrebbero essere al massimo 15 sedi operative tra strutture pubbliche e private, ma la Bozza di Piano censisce ed esplicitamente mantiene nella rete degli ospedali pubblici (con l’esclusione di quelli di area disagiata di cui parlerò dopo) 15 sedi operative di Medicina Generale e di Chirurgia Generale e 12 di ortopedia cui ne vanno aggiunte almeno 6 delle stesse discipline presenti nelle strutture private. Se poi si prendono le discipline con un bacino di utenza tra i 150.000 e i 300.000 abitanti (e cioè ad esempio la Cardiologia, la Terapia Intensiva, la Pediatria e la Ginecologia e Ostetricia), di cui ci dovrebbero essere al massimo 10 sedi operative, la Bozza di Piano censisce ed esplicitamente mantiene nella rete degli ospedali pubblici (gli unici che ne dispongono) 14 cardiologie, 13 terapie intensive (con una in più prevista in un nuovo ospedale in via di completamento) e 11 Punti Nascita. Dove invece la Bozza di Piano interviene in modo esplicito e diretto è sul potenziamento di due dei tre presidi ospedalieri di area disagiata, quelli per il cui riconoscimento, come noto, vale il criterio di una distanza di più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presidi di pronto soccorso), tempi da definirsi sulla base di oggettive tecniche di misurazione o di formale documentazione tecnica. Uno dei tre presidi di area disagiata, quello di Cingoli (10.000 abitanti circa), dista solo 24,4 chilometri da Jesi, sede di ospedale con Pronto Soccorso, e non svolge da molti anni attività per acuti. Essendo l’attuale Assessore Regionale alla Sanità l’ex Sindaco di Cingoli, nella Bozza di Piano si prevede per questa struttura ospedaliera la riapertura della Chirurgia e della Medicina Generale e la trasformazione del Punto di primo Intervento in Pronto Soccorso. Del resto ai miracoli questo presidio è abituato visto che la sua riconversione era stata prevista sin dal primo Piano Sociosanitario delle Marche del 1983 e non è mai stata completata. Ancor più pesante è l’investimento sul presidio di area disagiata di Pergola (paese di circa 6.300 abitanti distante 44,4 chilometri da Urbino sede di ospedale con Pronto Soccorso), dove è previsto un fortissimo investimento strutturale già iniziato da un paio di anni e in continuo incremento che si avvantaggia dell’essere l’ex Sindaco di Pergola l’attuale Assessore Regionale ai Lavori Pubblici. Il che spiega come la Bozza di Piano accanto al forte potenziamento della attività chirurgica e di quella di area medica e di post-acuzie e alla trasformazione del Punto di Primo Intervento in Pronto Soccorso preveda anche l’attivazione della medicina nucleare e l’attivazione/potenziamento di altre 22 discipline da erogarsi a livello ambulatoriale. Anche l’Ospedale di Pergola andava riconvertito in base al primo Piano Sociosanitario delle Marche del 1983. Altra struttura di grande resilienza. Il fatto che la Giunta delle Marche possa prevedere in atti di questa importanza in una fase così delicata investimenti così politicamente mirati senza alcuna verifica di compatibilità normativa, economica e di personale fa pensare che o si spera in un Ministero distratto sul piano tecnico o in un Ministero compiacente su piano politico. Non so quel che è peggio. Claudio Maria Maffei
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Mercoledì 19 APRILE 2023
Gli atti di edilizia ospedaliera delle Marche sono sfacciatamente contro le norme
Il fatto che la Giunta delle Marche possa prevedere in atti di questa importanza in una fase così delicata investimenti così politicamente mirati senza alcuna verifica di compatibilità normativa, economica e di personale fa pensare che o si spera in un Ministero distratto sul piano tecnico o in un Ministero compiacente sul piano politico.
Questa rete ridondante di strutture ha gravi problemi di sottoutilizzo delle sale operatorie e di ricorso massiccio ai medici delle cooperative per non parlare dei riflessi sulla carenza di servizi territoriali. Su questa rete così descritta la Bozza di Piano non prevede alcun intervento rimandando agli Atti Aziendali eventuali interventi “correttivi”, ma solo temporanei e irrilevanti rispetto al numero delle sedi ospedaliere.
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