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Martedì 18 APRILE 2023
Salute mentale. L’appello della Sardegna per Bruno, affetto da picacismo con le mani legate e una maschera
Le misure per contenere i rischi della malattia, che porta il ragazzo ad ingerire qualsiasi cosa trovi accanto a sé. Per il Garante delle persone con disabilità “va pensato un piano ‘terapeutico’ alternativo”. Pais: “Il Consiglio regionale interverrà perché si studino percorsi più adeguati”. Doria: “Necessaria una sorveglianza H24 per casi come questo, manca però la disciplina legislativa. Interesserò la Commissione Salute in ambito di Conferenza Stato-Regioni ”.
“Siamo tutti con Bruno”. E’ il forte appello di sensibilizzazione che dalla Sardegna si solleva affinché si possa trovare un piano “terapeutico” alternativo per un malato affetto da una forma grave di picacismo, una patologia psichiatrica che lo porta ad ingerire qualsiasi cosa, motivo per il quale gli vengono legate le mani e sul viso gli viene fatta indossare una maschera ‘protettiva’ alla “Hannibal Lecter” che gli copre l’intero volto. Il paziente è seguito dalla struttura Aias di Cortoghiana, in provincia di Carbonia-Iglesias.
A denunciare le condizioni in cui è costretto a vivere Bruno è stata la garante regionale delle persone sottoposte a restrizione della libertà personale, Irene Testa: “Ho atteso un giorno prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura AIAS di Cordoghiana – spiega in una nota - . Un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti. Non mi sto riferendo alla struttura ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla Presidente dell'Unasam (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale) Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all’allora Ministro della Salute Speranza e di interrogazioni in Consiglio Regionale della Sardegna. E’ di Bruno che parlo, affetto da picacismo: una patologia che lo porta a ingerire qualsiasi cosa gli capiti davanti”.
“Bruno da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno legato per le mani con un casco in testa – prosegue Testa -. Apparentemente non perché pericoloso verso gli altri, ma verso di sé. Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva: sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi. Non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura. Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno”.
Le immagini e l’appello diffuse dalla Garante delle persone sottoposte a restrizione della libertà personale hanno raggiunto la stampa nazionale. Il giorno seguente ad esprimere un impegno di sensibilizzazione è anche il presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Michele Pais: “Sul caso di Bruno, affetto da picacismo e costretto da 16 anni a vivere legato e mascherato nella struttura Aias di Cortoghiana ho già sentito il presidente della commissione Sanità per concordare un’azione rapida affinché si studino i percorsi i più adeguati possibili per questo paziente che ha bisogno di personale dedicato”.
“Senza entrare nel merito della terapia e dell’assistenza – continua Pais - ritengo sia umanamente insostenibile che chiunque possa vivere legato e mascherato. E’ una questione prima di tutto di dignità della persona. Il Consiglio regionale interverrà con ogni mezzo per garantire a Bruno, e in generale a chi soffre, un’assistenza mirata e che non leda i diritti umani”.
In proposito, da l’Unione Sarda si apprende della difficoltà di gestire la grave forma della malattia di questo paziente anche dal direttore amministrativo Aias Cagliari, Vittorio Randazzo, che spiega che “si tratta di un paziente grave che si trova nelle stesse condizioni da quando era un ragazzino, e che rischia la vita, come gli è già capitato, in assenza delle contenzioni che adoperiamo. Tra l'altro per la sua cura, che necessita di un'attentissima sorveglianza, abbiamo sempre ricevuto una retta minima che solo dal 2021 è stata adeguata alle necessità. Noi facciamo il massimo possibile per tutelarlo, se poi qualcuno ha in mente soluzioni migliori, sposti Bruno in un altro centro”.
Sul caso Quotidiano Sanità ha chiesto all’assessore regionale alla Sanità, Carlo Doria, di esprimersi. “Quando ho appreso della notizia dai giornali – ha detto Doria - mi sono profondamente preoccupato dello stato in cui veniva tenuto Bruno che, a primo impatto, sarebbe potuto apparire quasi come una condizione di segregazione con relative implicazioni penali nella gestione del malato. Ho allora immediatamente parlato con la direzione generale della Asl di Carbonia e con la direzione generale dell’assessorato stesso che dirigo che erano a conoscenza del caso. La storia del paziente è infatti conosciuta da entrambe le direzioni e mi è stato assicurato che ci si è trovati costretti ad adottare questo tipo di contenzione perché il paziente ha purtroppo una forma di malattia psichiatrica molto grave nota come picacismo che si manifesta con la tendenza a mangiare tutto quello che trova con ovvie complicanze sanitarie gravi”.
“Una situazione umana e molto difficile da gestire – prosegue il professore -. Per quanto riguarda l’impegno che posso dare in questa delicata circostanza e quel che posso dire è che tenterò di trovare tutte le soluzioni di legge anche per andare incontro a una gestione di un caso complesso come questo, che richiede una sorveglianza H24 e che ovviamente ha dei costi anche maggiori. Alla luce di quello che ci consentirà la norma, vedremo di trovare delle soluzioni”.
“In proposito alle tariffe che possono essere applicate per una sorveglianza H24 – puntualizza l’assessore -, riferendomi sempre a pazienti gravi come nel caso specifico, pare che a livello nazionale non sia prevista ancora una disciplina normativa. La soluzione dunque va studiata confrontandosi con altre esperienze a livello nazionale anche interessando la commissione Salute nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni affinché pazienti come Bruno possano essere seguiti con dignità ovunque in tutta Italia alla luce di norme di legge chiare ed eque”.
Elisabetta Caredda
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