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Giovedì 30 MARZO 2023
Il Ssn è a rischio. Medici da tutta Italia in piazza a Bari

Fnomceo, Anaao, Cimo, Smi e Fismu saranno accanto a Cgil, Spi e Fimmg Puglia per le due manifestazioni in programma domani e sabato in difesa del Ssn. “Siamo preoccupati che possa venir meno il Ssn assieme la capacità di garantire il diritto costituzionale alla salute per tutti”, dice la Cgil pugliese, che sarà in piazza domani. Per la Fimmg, promotrice della protesta del 1° aprile, "senza sufficienti finanziamenti aumentano i debiti ed il rischio di tornare ad un sistema mutualistico, affidato alle assicurazioni, diventa ogni giorno sempre più plausibile".

In Puglia Cgil, Spi e Fimmg scendono in piazza a Bari con due distinte manifestazioni in difesa del Ssn che hanno raccolto il sostegno dei medici anche a livello nazionale. Fnomceo, Anaao, Cimo e Smi annunciano infatti la loro presenza, Fnomceo e Smi alla protesta promossa domani, 31 marzo, da Cgil e Spi Cgil in difesa del Ssn e contro i rischi connessi all’Autonomia differenziata, Fnomceo, Anaao e Cimo saranno poi a Bari per la manifestazione della Fimmg Puglia il 1° aprile.

“Purtroppo, senza sufficienti finanziamenti aumentano i debiti ed il rischio di tornare ad un sistema mutualistico, affidato alle assicurazioni, diventa ogni giorno sempre più plausibile. Mai avremmo pensato che si potesse tornare ad un sistema ove per potersi curare bisognerà avere una assicurazione e le prestazioni gratuite saranno erogate in base a quello che ognuno potrà pagare alla sua assicurazione”, dichiara Donato Monopoli, segretario generale Fimmg Puglia, in una lettera rivolta ai cittadini, invitati a partecipare alla manifestazione del 1° aprile. “Per questo bisogna scongiurare questa evenienza, mobilitandoci e chiedendo ai nostri Governanti nazionali e regionali il massimo impegno a sostegno del Ssn”, aggiunge Monopoli.



“Siamo preoccupati – dichiara in una nota Pino Gesmundo, segretario generale della Cgil pugliese - che possa venir meno il sistema sanitario nazionale e assieme la capacità di garantire il diritto costituzionale alla salute per tutti”.

Il 31 marzo non una data a caso, “perché nel 2020 fu scelta – spiega Gianni Forte segretario generale dello Spi Cgil Puglia – come giornata di lutto nazionale per ricordare le vittime del Covid, che in Puglia furono 9mila con gli anziani tra i più colpiti. Quale modo migliore per commemorare queste migliaia di uomini e donne se non stare in campo e rivendicare investimenti sulla sanità pubblica, che rimane l’unica forma di tutela della salute delle persone più fragili. Penso a quel 60 per cento di anziani con assegni pensionistici sotto i mille euro: per loro non c’è altro accesso alle cure se non il sistema pubblico”. Perché oggi il sindacato registra “una deriva inaccettabile anche nel pubblico dove chi può paga a riceve prestazioni in poco tempo, altrimenti si è costretti ad aspettare mesi se non anni per un esame. Tutto questo esaspera i cittadini, e in troppi casi si scarica tutto questo su personale medico e paramedico: troppi i casi di aggressione”.

Per il segretario dello Spi “serve un intervento strutturale, a partire dall’utilizzo delle risorse che ci sono, come i 30 milioni ottenuti grazie alle mobilitazioni dalla Regione per allungare i tempi dell’erogazione delle prestazioni e attenuare il carico delle liste d’attesa, ma al momento risultati non ne vediamo. Allora saremo in piazza per sensibilizzare tutte le persone, iscritti e non, a difesa della sanità pubblica. Non un momento estemporaneo ma un momento di una mobilitazione che intendiamo portare avanti”.

Preoccupazioni condivise dai medici, tanto che Fnomceo, Anaao, Cimo e Smi hanno già annunciato la propria adesione alle manifestazioni pugliesi.

“Per garantire il diritto alla salute del cittadino servono riforme che vadano incontro ai nuovi bisogni di salute ma tutelino lo spirito universalistico, equo e solidale del nostro ssn”, dichiara Filippo Anelli, presidente Omceo Bari e Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici), che parteciperà, insieme al vicepresidente Fnomceo Giovanni Leoni e al segretario generale Roberto Monaco, alla manifestazione organizzata dalla Cgil Puglia e anche a quella di sabato che, sempre a tutela della sanità pubblica, promuoverà la Fimmg Puglia.

“Come Federazione degli Ordini dei medici – aggiunge Roberto Monaco, segretario generale Fnomceo - rileviamo il grave disagio della professione e la crisi in cui versa il sistema sanitario, che mette a rischio il diritto alla salute del cittadino, riconosciuto dalla Costituzione. Domani e sabato saremo quindi accanto alle rappresentanze sindacali dei medici per difendere la Sanità pubblica e il patrimonio di valori che rappresenta per il nostro Paese. Chiediamo al Governo e alle Regioni di vincolare una parte delle risorse del fondo sanitario nazionale al sostegno dei professionisti. Aver investito 30 miliardi in 4 anni in sanità è sicuramente una nota positiva, ma se non si investono analoghe risorse sul personale si mette a rischio il ssn”, conclude Monaco.

Anaao e Cimo aggiungono, in una nota congiunta:
“Esattamente tre mesi e mezzo dopo la manifestazione organizzata a Roma dall’intersindacale della dirigenza medica e sanitaria ‘Uniti per la sanità’, i camici bianchi tornano dunque in piazza per rivendicare il rispetto di quel diritto alla salute sempre più compromesso. La Fimmg lo fa, com’è ovvio, puntando i riflettori sulle difficoltà della sanità territoriale, dalla carenza di medici fino all’eccessivo carico burocratico, che ruba tempo prezioso da dedicare ai pazienti. Si tratta, con lievi ma dovute differenze, degli stessi problemi che riscontriamo negli ospedali di tutta Italia, afflitti dalla stessa carenza di medici, che si tenta di rattoppare affidando i turni al far west delle cooperative non controllate né regolate da nessuno, e da infinite incombenze amministrative. Problemi denunciati con forza, insieme alle altre sigle sindacali, in piazza Ss. Apostoli lo scorso dicembre, e che saranno al centro di simili azioni di protesta in programma nei prossimi mesi”.

“I problemi – proseguono Anaao e Cijmo - sono comuni, e anche strettamente concatenati: se il territorio non funziona, non potrà funzionare l’ospedale, e viceversa. Le soluzioni, allora, dovrebbero essere altrettanto intrecciate, intervenendo contemporaneamente su territorio e ospedale con una riforma coraggiosa e complessiva di tutto il Servizio sanitario nazionale. Un obiettivo certamente ambizioso ma non più rinviabile, se è vero che politici e decisori hanno a cuore la tutela della salute dei cittadini. E sono proprio i cittadini che devono essere coinvolti in questa battaglia per la sanità pubblica, come giustamente sta facendo la FIMMG Puglia. Considerata la grave crisi del Servizio sanitario nazionale, è questa l’unica (e l’ultima?) opzione a disposizione per cercare di cambiare davvero le cose”.

“Creare un grande movimento che coinvolga i cittadini e tutti i lavoratori del settore, vittime parallele delle inefficienze della sanità pubblica, dovrebbe essere allora l’obiettivo di tutti, per cui l’Anaao Assomed e la Federazione Cimo-Fesmed, insieme agli altri sindacati di categoria, hanno già iniziato a lavorare”, conclude la nota dei due sindacati.

Per lo Smi “la salute è un diritto fondamentale per tutte le persone, che la nostra Costituzione tutela e che lo Stato deve garantire. L’approvazione agli inizi di febbraio in Consiglio dei Ministri del progetto di autonomia differenziata darà, invece, il colpo di grazia alla sanità del Mezzogiorno”, dichiarano in una nota Ludovico Abbaticchio, presidente nazionale Smi e Francesco Pazienza, segretario regionale Smi Puglia. “La pandemia da Covid – aggiungono - avrebbe dovuto generare un grande ripensamento di un modello di sistema sanitario e una sua maggiore statalizzazione, superando le inefficienze delle regioni a partite da quelle meridionali. Si ritorna, invece, a una proposta che non tiene conto di cosa sia successo in questi due anni di pandemia. Il covid 19 è stato arginato solo grazie all’azione di coordinamento dello Stato! Siamo contrari, per queste ragioni, a qualsiasi ipotesi che metta in pratica uno stravolgimento dell’ azione redistributiva dello Stato legata alla fiscalità generale e alla gestione in toto, senza più una compartecipazione nazionale, alle regioni di servizi come quelli erogati dalla sanità. La sanità deve tornare ad essere un diritto per tutti i cittadini del Paese”.

“In questo senso – prosegue lo Smi - la fondazione Gimbe ci ricorda nel suo rapporto, del mese scorso fa, che la mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, visto che nel decennio 2010-2019, tredici Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di euro. Le cinque Regioni con saldi negativi superiori a 1 miliardo sono tutte al Centro-Sud: Campania (- 2,94 miliardi), Calabria (- 2,71 miliardi), Lazio (- 2,19 miliardi), Sicilia (- 2 miliardi) e Puglia (- 1,84 miliardi).Bisogna invertire questa tendenza alla desertificazione sanitaria del sud e della Calabria interrompendo i viaggi della speranza per motivi di salute verso il Nord del Paese”.

Purtroppo – dichiarano Abbaticchio e Pazienza - le condizioni in cui versa il nostro SSN sono drammatiche. Rispetto alla riforma del 1978 c’è stato un cambiamento demografico non ancora metabolizzato in modo adeguato con un aumento dell’età dei cittadini. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie, professionali, riforme. L’impatto della pandemia sulla gente non ha insegnato ancora nulla a chi ci governa. Abbiamo in parte raggiunto risultati efficaci grazie allo straordinario impegno professionale di tutti i lavoratori sanitari e sociali del sistema assistenziale pubblico. All’impatto pandemico si sono aggiunte le ricadute economico-finanziarie dovute alla guerra in Ucraina, l’inflazione, il caro bollette, aggravando ulteriormente la situazione finanziaria delle Regioni, dei Comuni e delle famiglie. Siamo di fronte ad un aumento delle povertà, interventi pubblici non omogenei sul territorio nazionale aggraveranno quelle diseguaglianze che sempre più caratterizzano il nostro Paese. Oggi serve con urgenza un coordinamento delle forze del lavoro e della politica che si impegnino nella tutela della salute pubblica”.

Lo SMI da tempo combatte anche contro “logiche sindacali autoreferenziali di settore” con l’obiettivo di:
- “avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale per garantire accesso ai servizi, recupero liste d’attesa, riorganizzazione dei servizi territoriali. Personale adeguatamente formato e valorizzato, riconoscendone il ruolo strategico e adeguando salari, diritti, progressioni di carriera”;
- “rafforzare l’assistenza territoriale per dare concretezza alla presa in cura delle persone più fragili e affette da malattie croniche migliorando l’integrazione sociale e sanitaria per garantire la domiciliarità. Particolare attenzione va posta alle aree interne, montane e collinari”;
- “rivedere l’organizzazione della medicina generale e pediatrica di libera scelta e assicurare l’operatività di team multi professionali”;
- “tagliare le liste di attesa”;
- “mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai PP.SS e dall’Emergenza-Urgenza”;
- “fare realmente delle Case della Comunità una sede in grado di semplificare l’accesso ai servizi, un luogo di partecipazione dei cittadini, del volontariato, del terzo settore”;
- “rafforzare i dipartimenti di salute mentale, prevenzione, sicurezza sui luoghi di lavoro”;
- “rivedere e innovare anche i percorsi formativi con maggiore collaborazione fra SSN e Università”;
- “investire in ricerca pubblica e intervenire sul mercato farmaceutico. Revisione del prontuario farmaceutico e abolizione delle note Aifa”.

“Al Parlamento chiediamo – conclude lo Smi - maggiore attenzione e più risorse per servizi sociali e sanitari e un ripensamento profondo sull’Autonomia Differenziata. Occorre superare le differenze regionali e dotare il Ministero della Salute di reali poteri di intervento che vadano oltre la regionalizzazione della sanità, mettendo a frutto sulle grandi questioni della salute (ad esempio: la ricerca, i malati cronici, le patologie oncologiche, l’accesso ai farmaci per tutti ) l’utilizzo dei fondi del PNNR, per sviluppare una collaborazione interregionale foriera di innovazione organizzativa e operativa che ponga al centro il cittadino e la sua salute. La regionalizzazione è stata pensata storicamente non per dividere ma per compensare delle differenze strutturali. Dentro questo quadro a tinte fosche anche gli Ordini professionali sono in silenzio o nicchiano per non andare contro chi comanda. È giunto il momento di dire basta per questo oggi siamo con voi per percorrere una strada comune per il bene dei lavoratori della sanità e dei cittadini/pazienti”.

In piazza a Bari, il 1° aprile, ci sarà anche la Fismu. “Inerzia e scelte sbagliate da parte della Regione Puglia sulla sanità”, questa la denuncia della Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu, che sottolinea “lo stato di grave disagio e preoccupazione dei medici dopo tre anni di pandemia che hanno visto tutta la categoria in prima linea, dimostrando anche la centralità della Medicina Generale nel contenere gli effetti devastanti del virus. Un periodo in cui i professionisti sono stati chiamati ‘eroi’, per poi essere ‘dimenticati’ dalla Politica”.

Dura Anna Lampugnani, segretaria regionale della Federazione: “La ‘riconoscenza’ ha un sapore amaro in Puglia: nonostante il nostro impegno la Regione vuole penalizzare i medici sottraendo risorse a loro garantite dall’AIR (accordo integrativo regionale) del 2007, peraltro, destinate al personale (collaboratori di studio, infermieri) e necessarie per aiutare una professione sempre più burocratizzata. Dopo anni, il tentativo è quello di fare cassa chiedendo la restituzione retroattiva di indennità previste dal contratto e chiaramente già investite (necessarie per far funzionare gli ambulatori). Altro che riconoscimento del nostro duro lavoro: una beffa”.

“Vogliamo ribadire - continua Lampugnani - che le nozze non si fanno con i fichi secchi, che la Regione Puglia deve onorare un contratto ancora vigente, con tutte le indennità previste e che ci spettano, mentre deve reperire altri fondi adeguati per tutti i colleghi che si vogliono avvalere di collaboratori e di infermieri per sostenere il livello professionale degli ambulatori di medicina generale”. “Inoltre - spiega - non è più rinviabile una seria revisione delle regole prescrittive e burocratiche che rendono il nostro lavoro così farraginoso, sottraendo tempo prezioso alla pratica clinica”.

“Per questi motivi - conclude Lampugnani - Fismu (FMT-Federazione Medici del Territorio) aderisce alla manifestazione unitaria dei medici pugliesi del prossimo 1 di Aprile, a Bari, per chiedere alla politica di cambiare rotta, di ritirare le proposte contestate, e di dire chiaramente quali sono le politiche da mettere in campo per la medicina del territorio (ricordando che ci devono essere anche le risorse aggiuntive per 118, continuità assistenziale e medicina penitenziaria): per non lasciare nessun collega indietro”.

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