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Mercoledì 08 MARZO 2023
8 marzo. I camici rosa fanno marciare il Ssn, la maggioranza dei medici in attività sono donne

Dei 329.263 medici under 69 anni, e quindi potenzialmente in attività nel Ssn, il 52% sono donne. Sono la netta maggioranza anche nelle fasce di età sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Solo tra gli over 55 la tendenza si inverte, con una sostanziale parità sino ai 59 anni. Solo tra gli over 60 c’è una netta maggioranza maschile che spopola anche tra gli odontoiatri. Anelli (Fnomceo): “Occorrono modelli organizzativi adeguati e sicurezza sul lavoro”

Altro che Dottor Kildare, Dottor House, se nell’immaginario collettivo, corroborato da esempi letterari, cinematografici e di fiction, a indossare il camice bianco è quasi sempre un uomo, almeno in Italia, la realtà è diversa e i medici sono ormai in maggioranza donne. Un’onda rosa inarrestabile che avanza anche nelle specialità mediche da sempre di appannaggio del mondo maschile.

Dei 329.263 medici con meno di 69 anni, e quindi potenzialmente in attività nel Servizio sanitario nazionale, il 52% ossia 170,686 sono donne. Le donne sono la netta maggioranza in tutte le fasce di età sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Tra gli over 55 la tendenza si inverte, con una sostanziale parità sino ai 59 anni e con una netta maggioranza maschile al di sopra dei 60 anni, dove il gap a favore degli uomini si allarga al crescere dell’età. Tanto che, se guardiamo il totale di tutti i medici iscritti agli albi, compresi coloro che non esercitano più la professione, in vantaggio sono, invece, ancora gli uomini: 221.584 contro 188.355 medici donna, il 54% del totale.

A confermare l’avanzata inarrestabile sono i dati elaborati anche quest’anno, in occasione dell’8 marzo, dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

In questo scenario fanno però eccezione gli Odontoiatri: la maggioranza sono uomini: 45696, contro 18513 professioniste. Ma attenzione, anche in questo caso se guardiamo alle fasce più giovani, siamo quasi in parità: tra i 25 e i 29 anni sono 1.615 gli uomini, 1540 le donne.

Tra le specialità mediche a netta prevalenza femminile troviamo ancora le “tradizionali” ginecologia e pediatria. Ma c’è anche qualche “sorpresa”: nella fascia tra i 30 e i 50 anni, ad esempio, le anestesiste rianimatrici sono 2.667, a fronte di 1.720 colleghi uomini. Le chirurghe pediatriche, nella stessa fascia, sono il doppio dei colleghi (120 contro 62); in crescita anche, tra le generazioni più giovani, le chirurghe generali, 919 verso 1.238 uomini, plastiche, toraciche, vascolari, anche se gli uomini sono sempre la maggioranza.

Sempre nella stessa fascia 30-50, le cardiochirurghe sono 136 contro 261 uomini; il rapporto si inverte se guardiamo alla cardiologia, specialità ‘al femminile’ con 1.622 professioniste e 1.431 dottori. Una vera e propria carica è quella delle giovani geriatre, 1.029 a fronte di 331 colleghi coetanei, delle fisiatre under 50, 898 contro 484 uomini, delle interniste, 1.690 verso 938, delle neuropsichiatre infantili, 777 a 113, delle reumatologhe, 414 verso 160. Anche le oncologhe, sempre considerando la stessa fascia d’età, doppiano i colleghi maschi, essendo rispettivamente 769 e 312, e così le infettivologhe, 364 e 155. Specialità a prevalenza maschile, anche tra i più giovani, restano ortopedia, urologia, neurochirurgia.

“Nel nostro Servizio sanitario nazionale le colleghe sono ormai la maggioranza - commenta il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – soprattutto nelle fasce di età più giovani. I modelli organizzativi, gli orari di lavoro devono sempre più tener conto di questa realtà. Non è accettabile, ad esempio, che, come rilevava lo scorso anno un sondaggio del sindacato Cimo-Fesmed condotto su un campione di 1.415 dottoresse, il 75% delle assenze per maternità non venga coperto. Questo significa che ogni gravidanza va irrimediabilmente a pesare sulle spalle dei colleghi che rimangono in servizio, che oltre a doversi occupare di un carico di lavoro già estenuante, devono colmare il vuoto lasciato dalla collega legittimamente a casa. Questo innesca un circolo vizioso fatto di sensi di colpa, di discriminazioni, di carriere bloccate”.

Occorre, ancora una volta valorizzare i professionisti, conclude Anelli: “Bisogna prevedere modelli organizzativi che permettano a uomini e donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata e della famiglia. Occorre, infine, investire sulla sicurezza. Il 12 marzo celebreremo la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari. A Bari presenteremo i risultati di una survey condotta su 700 medici che dimostra, ancora una volta, come i medici non si sentano e non siano al sicuro”.

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