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Mercoledì 01 MARZO 2023
Infermieristica. “Stop a differenze di genere che incidono sulla professione e vita privata”. L’audizione Fnopi al Senato

La presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli: “Necessaria e naturale una evoluzione della professione infermieristica, in prevalenza femminile, dei relativi profili di competenza e dei ruoli agiti nelle diverse strutture sanitarie e dei percorsi formativi che possano accompagnare e stimolare questo cambiamento”. L’AUDIZIONE

La professione infermieristica è caratterizzata da una prevalente presenza femminile: le donne (347.947 su quasi 460.000 iscritti agli ordini) rappresentano infatti il 76,5% dei professionisti incernieri. Si va dal 83,6% del Nord al 77,7% del Centro fino al 66,5% del Sud e Isole. Dei 9,426 infermieri pediatrici iscritti agli ordini, poi, 9.235 sono donne (il 98%).

E il tema della parità di trattamento e delle pari opportunità è stato al centro di un’audizione alla Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato sulla “direttiva del parlamento europeo e del consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, e che sopprime l'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE e l'articolo 11 della direttiva 2010/41/UE”.

Un indice della situazione della difficoltà di accesso al mondo del lavoro infermieristico in Italia, a prescindere dai dati sulle carenze che ormai sono attestati – come ha confermato anche la Corte dei conti nella sua memoria al Nadef 2023 sulle 65mila unità - , può essere quello dato dall’analisi dei cosiddetti “lavori flessibili”, cioè Tempo Determinato e Interinale (a cui è legata la bassa frequenza dei concorsi), in aumento nel 2020 rispetto agli passati soprattutto per far fronte, appunto, alla carenza di personale.

La presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha spiegato ai senatori che il primo dato che si evidenzia dal Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, mostra che rispetto a una media nazionale del 5,43% di infermieri a tempo determinato sul totale degli infermieri dipendenti Ssn e dell’1,05% di infermieri a rapporto di lavoro interinale sempre sul totale di infermieri dipendenti del Ssn, è che tra gli infermieri a tempo determinati nel 2020 il 74,13% erano donne e tra quelli interinali lo erano il 78,49 per cento.

Che le donne siano maggiormente penalizzate nel lavoro “flessibile” lo dimostrano, oltre le percentuali totali, quelle registrate in alcune Regioni. Per il tempo determinato infatti sono il 100% dei casi rilevati ad esempio in Molise, oltre l’89% in Valle d’Aosta e l’84% a Bolzano e non scendono mai, tranne che in Sicilia dove sono il 64,52%, al di sotto del 65% con una madia quasi sempre al di sopra del 70 per cento.

Una delle particolarità delle donne nell’area infermieristica, poi, è sempre stata anche quella di un maggiore ricorso al part time per ragioni spesso di conciliare il lavoro con la vita familiare. In realtà però durante la pandemia, nel 2020, come certifica il Conto annuale, il part time per la prima volta ha subito una flessione legata alla necessità della presenza di professionisti nelle strutture e a domicilio per la pandemia.

In questo senso la riduzione avuta delle infermiere in part time è stata in un anno (tra il 2019 e il 2020) di -889 unità, che rappresenta il -3,63% (in tutto nel 2020 i part time sono stati 23.619 per le femmine e 572 per i maschi), contro un calo tra gli uomini di sole n. 2 unità pari al - 0,25 per cento.

Differenze poi anche nelle retribuzioni: per chi lavora nel servizio pubblico non ci sono sostanziali differenze tra genere se non correlato al fatto, secondo Almalaurea, del elevato ricorso al part time da parte delle donne che incide con una riduzione stipendiale pari a circa il -12,8% rispetto agli uomini.

La presidente Fnopi ha illustrato poi alla Commissione una serie di proposte della Federazione, basate su ciò che oggi caratterizza la professione infermieristica e che riguarda la su scarsa attrattività:
- innovare i contratti di lavoro attraverso la previsione di modelli organizzativi e l’accesso a istituti contrattuali per favorire la conciliazione tra vita privata e professionale a favore delle infermiere;
- Istituire servizi per l’infanzia, asili nido, all’interno delle aziende sanitarie o in convenzionamento con privati a favore dei lavoratori dipendenti;
- convenzioni/facilitazioni per l’inserimento negli asili nido anche per i lavoratori in regime di libera professione;
- garantire lo sviluppo economico e di carriera della professione, con la massima equità e parità di accesso e progressione tra generi;
- ridurre il divario tra i differenti contratti di lavoro in materia di istituti contrattuali quali diritto allo studio, permessi per tutela della maternità/paternità, tutela della salute del lavoratore, tutela della salute dei familiari;
- abbattere le differenze retributive all’interno dei differenti contratti tra pubblico/privato a parità di responsabilità, funzioni, attività e competenze in ambito di formazione post base e accademica;
- normalizzare il diritto al lavoro part time a sostegno di una reale riconciliazione del tempo personale e familiare con il tempo professionale e di lavoro;
- tutela legale d’ufficio e supporto economico da parte delle aziende e datori di lavoro per la difesa dei professionisti oggetto di episodi di violenza (che nel caso degli infermieri sono per oltre il 75% donne);
- istituire l’ufficio del garante per i diritti sul lavoro all’interno di tutte le aziende pubbliche e private per la prevenzione e tutela da episodi di discriminazione.

“E’ opinione della Fnopi – ha concluso Mangiacavalli - che si dovrebbe considerare con più attenzione la carenza di personale e lo sforzo che a quello in servizio è richiesto per coprire tutte le necessità dei servizi e i bisogni di salute dei cittadini, considerando che le differenze di genere spesso incidono anche sul corretto andamento dei ritmi familiari e che comunque ci sono da colmare differenze, anche economiche, del tutto ingiustificate vista l’assoluta parità di formazione e tipologia di lavoro svolta. Alla luce di queste considerazioni si può comprendere come sia necessaria e naturale una evoluzione della professione infermieristica, in prevalenza femminile, dei relativi profili di competenza e dei ruoli agiti nelle diverse strutture sanitarie e dei percorsi formativi che possano accompagnare e stimolare questo cambiamento”.

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