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Mercoledì 22 FEBBRAIO 2023
Si scrive autonomia differenziata ma si legge secessione



Gentile direttore,
si parla di Autonomia differenziata ma a mio avviso la gran parte dei nostri concittadini non conosce bene la norma e quale impatto avrà sulla collettività e sull’intero Paese, una proposta ché potrebbe aumentare il già evidente divario Nord-Sud; voglio provare con parole semplici a spiegare una norma complessa che aumenterebbe quella famosa “Questione Meridionale” enunciata per la prima volta nel 1873.

Il Ministro ha presentato al tavolo del Consiglio dei Ministri il disegno di legge sull’autonomia differenziata. La proposta deriva dalla riforma del Titolo V della Costituzione Italiana del 2001, in base a cui le regioni possono chiedere allo Stato competenza esclusiva su 23 materie di politiche pubbliche.

L’autonomia differenziata non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una Regione di autonomia legislativa su materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. Oltre alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.

Le materie comprendono: rapporti internazionali e con l'Unione europea; il commercio con l’estero; la tutela e sicurezza del lavoro; l’istruzione; le professioni; 6 la ricerca scientifica e tecnologica; 7 la tutela della salute; 8 l’alimentazione; l'ordinamento sportivo; la protezione civile; il governo del territorio; i porti e gli aeroporti civili; le grandi reti di trasporto e di navigazione; la comunicazione; l’energia; la previdenza complementare e integrativa; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; la cultura e l’ambiente; le casse di risparmio e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

L’articolo 116 terzo comma della Costituzione Italiana già prevede l’attribuzione alle Regioni di concessioni ossia “forme e condizioni particolari di autonomia”, e stabilisce che possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della regione interessata”. Viste le enormi differenze economiche e sociali tra le Regioni e gli effetti potenzialmente dannosi che si sarebbero ottenuti (la famosa questione meridionale irrisolta) questo comma, a ragion veduta, non è mai stato attuato, e non si sono mai concesse concessioni o promulgato leggi in questo senso.

La proposta, va ben oltre l’art. 116, ed è stata criticata da economisti e sociologi. In quell’impianto vi sono aspetti tecnici e possibili effetti sociali che saranno estremamente negativi per il Paese, aumentando le disuguaglianze con il rischio di frammentare e polverizzare il Paese.

La proposta è perfettamente in linea con quello che la Lega Nord di Miglio e Bossi hanno sempre teorizzato, senza riuscirci, e che l’apparente cambio di pelle dall’attuale lega serviva solo per recuperare elettorato al SUD; sposa a pieno la linea voluta dal presidente del Veneto Luca Zaia, ed è stata definita come “la secessione dei ricchi” perché assicurerebbe più finanziamenti alle Regioni del Nord, che già dispongono di maggiori risorse, maggiore occupazione, maggiori infrastrutture e maggiore gettito economico e fiscale rispetto alle Regioni del Sud.

Uno dei punti che potrebbe equilibrare questa norma, dal sapore secessionista, è il finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, i LEP, che da Costituzione tutelano i “diritti civili e sociali”; l’entità andrebbe stabilita prima delle richieste di autonomia, in modo tale da avere chiaro di quante risorse ha bisogno ogni regione.

A questa garanzia nazionale, il disegno di Legge trova l’escamotage, infatti, si propone di dare al Governo un anno di tempo per decidere i LEP; è evidente che le Regioni che hanno interesse all’autonomia (soldi per capirci) accelereranno il pressing per l’intesa col Governo, in assenza del decreto sui LEP, distribuendo i finanziamenti in base alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia, acclarando la “secessione dei ricchi”, si darebbero maggiori finanziamenti alle regioni del Nord (in quanto hanno più risorse e una spesa storica più alta), e meno soldi alle Regioni del Sud (ci sono meno risorse e quindi una spesa storica più bassa).

I LEP non nascono oggi, infatti, con responsabilità trasversali, sono oltre venti anni che questo Paese attende la loro definizione, motivo per cui fino a oggi abbiamo assistito ad una cristallizzazione dei divari dei servizi; nella scuola l’autonomia rischierebbe di generare una pericolosa separazione.

Per non bastare alle Regioni non viene chiesto di avere i conti in ordine per le materie di cui fa richiesta. Se consideriamo che fra le materie oggetto di autonomia vi sono istruzione, sanità, produzione di energia e tutela dell’ambiente, che sono ambiti molto delicati e con alti rischi per la collettività, il dado e tratto.

La ciliegina su questa torta per festeggiare la secessione del paese, è che il disegno di legge non specifica le modalità con cui attivare le richieste di autonomia; si lascia alla discrezionalità del Governo il compito di elaborare l’intesa tra Stato e Regione; in pratica il Parlamento non avrebbe alcuna voce in merito, di fatto si esautora l’organo legislativo. Vorrei chiedere ai Deputati ed ai Senatori eletti in questa Regione, al di là dello schieramento politico, cosa ne pensano? e cosa intendono fare per garantire ai cittadini di questa Regione pari dignità con i cittadini del fiorente Veneto?

Daniele Calamita
Agronomo-sindacalista-esperto di politiche sociali

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