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Premessa Con l'inclusione formale del “Programma Ambientale” delle Nazioni Unite (UNEP) nella condivisione con WHO, FAO e WOHA nel 2022, e con il successivo lancio del “Global One Health Joint Plan of Action” (2022-26), si è creata finalmente un'opportunità per affrontare in un modo nuovo l’approccio “One Health”, che è stato definito nel seguente modo: “One Health è un approccio integrato e unificante che mira ad equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi. Riconosce che la salute dell’uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale (ecosistemi inclusi) sono strettamente collegati e interdipendenti. L’approccio One Health spinge molteplici settori, discipline e comunità a vari livelli della società a lavorare insieme per promuovere il benessere e affrontare le minacce per la salute e gli ecosistemi, affrontando al tempo stesso la necessità comune di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti, contrastando il cambiamento climatico e contribuendo allo sviluppo sostenibile”. [“One Health High-Level Expert Panel” (OHHLEP). Annual Report 2021.] Quindi si tratta di un approccio olistico alla salute, che include molte altre dimensioni di policy sociali, ambientali e anche sanitarie. Il contesto istituzionale in Italia in cui impatta “One Health” La Legge Costituzionale n. 1 del 19 febbraio 2022, che integra e allinea la Carta Costituzionale alla normativa UE e a quella degli altri Paesi dell’Unione, si compone di tre articoli: Il “combinato disposto” dei suddetti atti normativi e costituzionali allineano il nostro Paese alla definizione di “One Health” su riportata. Quindi non ci sarebbero elementi ostativi per un suo recepimento formale. Molti, come vedremo relativamente ad un suo recepimento sostanziale. Dal “governement” della sanità alla “governance” del SSN e dei SSR Abbiamo assistito alla evoluzione della “governance” come strumento per assicurare la “conformance” con gli obiettivi della “corporation”, “pubblica” o “privata”, con un tentativo di bilanciare il controllo centralizzato con l’autonomia delle unità produttive decentralizzate, come il rapporto che intercorre tra la singola regione, intesa come “holding” della sanità pubblica e le aziende sanitarie pubbliche e private accreditate. La Riforma del Titolo V ha avviato questo processo senza corredarlo di tutti gli strumenti utili a supportarlo anche sul piano della ripartizione e dell’accesso alle risorse, ovvero il “federalismo fiscale”, a più riprese rinviato per mancanza di risorse e di condivisione dei criteri di loro riparto. Oggi si punta ad una specie di “salto mortale” dei SSR tramite l’introduzione delle “autonomia differenziata” che diventa di fatto, con le diversità di PIL esistenti fra Regioni e i vincoli derivati dal deficit pubblico italiano, senza compensazioni adeguate, uno strumento, se non pensato con attenzione e valutato e condiviso tra tutti i soggetti istituzionali coinvolti, compresi gli Enti Locali, occasione di “cristallizzazione” delle differenze di accesso ai servizi sanitari tra le Regioni del Centro-Nord e quelle meridionali del Paese, consolidando le diseguaglianze di accesso ai servizi e, quindi, le diseguaglianze di salute. Programmazione sanitaria e rapporto domanda e offerta di salute Allora si deve partire dall’analisi dei bisogni di salute delle popolazioni come “starting point” epidemiologico e poi si potranno declinare gli “strumenti” della programmazione sanitaria dal lato della “offerta” di servizi tramite: Questo per poter affermare una “clinical governance” e un governo economico/finanziario come gestione delle compatibilità per garantire un sistema universalistico, equo, solidale e di qualità. Infatti “… L’adozione di un modello di stratificazione comune su tutto il territorio nazionale è uno degli obiettivi strategici del PNRR che permetterà lo sviluppo di un linguaggio uniforme per garantire equità di accesso ed omogeneità di presa in carico. Tale modello di stratificazione dovrà consentire di individuare interventi appropriati, sostenibili e personalizzati che vengono definiti nel Progetto di Salute del singolo paziente”. [G Banchieri su “Il PNRR e la necessità della stratificazione dei bisogni delle popolazioni osservate” del 26 novembre 2021 (Quotidiano sanità)]. Inoltre “… Applicando metodologie e strumenti ad hoc è possibile fare scelte di policy sanitaria e socio sanitaria secondo un approccio “One Health”, centrato sulla persona e su target omogenei di pazienti. Questo recuperando appropriatezza, efficacia ed efficienza delle cure, garantendo equità e universalismo. Il che comporta fare programmazione dal lato di una lettura della domanda di sanità e salute e non più solo dal lato dell’offerta che si vuole autoriprodurre”. [E l’articolo su “Dagli Osservatori fragilità/cronicità alla stratificazione dei bisogni delle popolazioni” di G. Banchieri, Mirko Di Martino e Michele Fanello, del 23 gennaio 2023 (Quotidiano sanità)]. Programmazione sanitaria e qualità del welfare Il passaggio avrebbe dovuto essere dal vecchio modello di welfare - che aveva elementi positivi, ma anche elementi di rigidità di sistema, con una visione centralistica, settoriale, che poi si ripercuoteva su tutti gli altri interventi, con un sistema monopolistico e tendenzialmente espansivo anche perché i costi erano sempre più alti - ad un nuovo modello. In realtà avremmo dovuto andare verso un sistema di “welfare di comunità federale”, come altri Paesi della UE, vedi Germania e Spagna, che hanno un ordinamento istituzionale simile al nostro, ovvero, sono Stati Federali. Però ci siamo fermati a metà strada per ora … La “salute” dovrebbe essere presidiata dalla sanità, ma sullo stato di benessere delle persone intervengono altri elementi in maniera importante e fortemente impattante come i trasporti, l’ambiente, la socializzazione, la casa, il lavoro, il reddito, la formazione, il tempo libero proprio in una accezione di “One Health”. Occorre sottolineare altri due altri elementi caratterizzanti il “welfare di comunità” che sono i concetti d’”autonomia” e di “sussidiarietà”: Questo sarà possibile in un contesto di privatizzazione progressiva del sistema salute nel nostro Paese? Non crediamo e lo abbiamo documentato nell’articolo “Il privato in sanità. La vera posta in gioco”, Pubblicato su “Quotidiano sanità” il 16 gennaio 2023 in cui abbiamo documentato come: “… la sanità italiana si avvia ad essere un sistema che si poggia su più “pilastri” di forme di presenza “pubblica” e “privata”, a sua volta “privata accreditata” e “privata-privata”. Questo scenario è frutto delle scelte dei Governi che si sono succeduti in tendenziale “continuità” di politiche sanitarie. Ma siamo arrivati ad un crinale oltre il quale il SSN rischia di implodere per le sue contraddizioni e difficoltà interne, nonostante sia uno dei sistemi sanitari nazionali più performanti rispetto a molti altri Paesi”. I tagli al FSN in questi anni sono stati pari a circa 37,5 mld di Euro, mentre dopo il “Jobs Act” è stata finanziata la defiscalizzazione delle polizze sanitarie e dei premi delle mutue fino a €. 3.200,00 pro-capite nell’ambito del così detto “welfare aziendale” di cui “magna pars” è la “sanità integrativa”. Il montante consolidato è, guarda caso, di circa 37,5 mld di Euro. È una semplice coincidenza contabile? Sinceramente non è così. È il frutto di scelte consapevoli e trasversali che hanno coinvolto tutti i così detti “poteri forti” del nostro Paese. La programmazione “integrata”: rapporto bisogno – offerta Molte Regioni elaborano ancora il Piano Sanitario, il Piano Sociale, i vari Piani, ma sono “separati”. Non dovrebbe essere più possibile ragionare in questa maniera, bisogna sforzarsi il più possibile forse a tornare a quello che era nella Legge Naz. n. 833 il Piano Socio Sanitario. Le sperimentazioni di “Piani Regionali di salute”, sviluppate in alcune Regioni del Centro-Nord, si sono infrante contro il muro della crisi economico finanziaria del 2008, della “spending review” e dei Piani di Rientro, non sempre risolutivi dei deficit regionali che avrebbero dovuto risanare. Sul lato dei bisogni, esistono dei bisogni consolidati di salute, una domanda che è espressa dalle tendenze demografiche che ci dicono dove stiamo andando. Non è un quadro sconosciuto, anzi è un quadro rispetto al quale il sistema dell’offerta, che in molte Regioni è ormai un sistema maturo, non deve fare altro che tentare di recuperare efficienza ed efficacia, non può fare altro. Dobbiamo cercare di migliorare il quadro dell’efficienza. Individuare quali sono le nuove priorità, i nuovi scenari dei bisogni che si stanno proponendo all’attenzione, per tentare di rimodulare il sistema dell’offerta. Le Regioni nel predisporre i propri Piani Sanitari Regionali dovrebbero coinvolgere gli Enti Locali ai vari livelli e le organizzazioni sindacali e le altre forme associative con particolare riferimento alle forme di volontariato e al “no-profit”. Tutto quanto in un quadro di sostenibilità e di compatibilità economica. Il deficit del sistema è un processo complesso Rimangono aperti nel dibattito istituzionale sulla sanità temi quali: Le criticità da affrontare Conclusioni Le criticità presenti nel nostro Paese non consentono, se non risolte, di sviluppare coerenti politiche di “One Health” se non di facciata. Lo stesso PNRR, se non viene coerentemente gestito nel rispetto della sua visione originaria, non può da solo risolvere le difficoltà attuali del nostro sistema sanitario. Si tratta di lavorare per l’Integrazione delle competenze istituzionali (Ministeri afferenti) e a cascata di quelle Regionali e Locali. Dati i limiti di manovrabilità economico finanziaria se il PIL non risale i margini di operatività per politiche integrate di “salute” obiettivamente sono ridotti. “One Health” è stato posto al centro della visione del PNRR. Coerentemente dovremo tenerne conto della realtà e finalizzare tutte le politiche connesse al tema salute in una ottica di loro “integrazione”. Questo dovrebbe vedere un forte coordinamento istituzionale sia a livello nazionale che regionale, che potrebbe essere possibile solo con una unità di intenti a livello politico. La diaspora politica delle Giunte Regionali e i diversi modelli di SSR non aiutano in questa prospettiva. Siamo in salita e ci sarà molto da lavorare, sempre che ci sia voglia di misurarsi fino in fondo con i contenuti dell’approccio “One Health” …. Giorgio Banchieri Laura Franceschetti Andrea Vannucci
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Martedì 21 FEBBRAIO 2023
“One Health” in Italia. Siamo ancora molto lontani
Le criticità presenti nel nostro Paese non consentono, se non risolte, di sviluppare coerenti politiche di “One Health” se non di facciata. Lo stesso PNRR, se non viene coerentemente gestito nel rispetto della sua visione originaria, non può da solo risolvere le difficoltà attuali del nostro sistema sanitario
Nel precedente articolo su “L’approccio “One Health” e le policy per la sua gestione”, affermavamo che le crisi di salute pubblica sono dovute ad eventi biologici, sociali, economici e politici. Queste sfide non possono essere affrontate solo dalla medicina umana o dalla sanità pubblica ed è stato riconosciuto in letteratura che è necessario un approccio inter e transdisciplinare.
Nella Costituzione Italiana gli articoli concorrenti a creare il “contesto italiano” per sviluppare policy attive di “One Health” sono i seguenti:
Tra la fine del XX secolo e l’inizio del secolo presente abbiamo assistito all’evoluzione del concetto di “governance”, derivato dalla “corporate governance”, ovvero, come insieme di modalità con cui vengono “controllate” e “dirette” le grandi business corporations, concetto traslato anche nella PA.
Se “La programmazione sanitaria si sostanzia in un “processo di consenso” nel tempo tale da permettere l’individuazione dei bisogni delle popolazioni (domanda di salute), attuali e in prospettiva, e della qualificazione dell’offerta tale da soddisfarli con una evoluzione continua delle strutture sanitarie e socio sanitarie e della loro capacità di erogare servizi assistenziali, terapeutici e socio assistenziali qualificati ed efficienti”. [G. Banchieri e altri, Raccomandazione SIQUAS VRQ, 2013, “Requisiti di qualità nell’integrazione tra sanità e sociale”, Franco Angeli Editore]
La Legge sul Federalismo con la modifica del Titolo V° della Costituzione (Legge Costituzionale n. 3 del 2001) ha comportato un elemento di profonda innovazione, è stato modificato un decimo della Costituzione, ma in realtà è stato modificato il 100% di quello che in realtà era il sistema del welfare italiano. Ormai le Regioni sono pressoché totalmente depositarie di tutti gli interventi sul versante dei servizi sanitari.
In una ottica di “One Health” la programmazione dovrebbe essere, per quanto suddetto, necessariamente “integrata”.
È legato al sotto finanziamento strutturale e in parte al non completato processo di aziendalizzazione in diverse Regioni del nostro Paese.
La difficoltà nel governare la complessità di questa trasformazione determina criticità da affrontare quali:
A fronte di quanto sopra riteniamo che il contesto italiano non sia in grado di consentire l’implementazione di politiche “One Health” al di là di alcune considerazioni formali e di contesto di impianto istituzionale.
Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma
Professoressa presso DiSSE, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Università “Sapienza” di Roma
Professore a contratto di programmazione, organizzazione e gestione delle aziende sanitarie DISM UNISI
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