quotidianosanità.it
L’attuale crisi del SSN nasce con il venire meno della dimensione sociale della politica e l'avvento del mito della razionalità tecnica e della "governamentalità" come unica dimensione del governo della complessità. Un cambio di paradigma, affacciatosi dai primi anni ‘90 che i ministri della sanità dei governi dell’Ulivo, a cavallo del passaggio del millennio, non incoraggiarono ma anzi contrastarono. L'apoteosi del mercato e della globalizzazione troverà ascolto soltanto dopo finendo miseramente la sua corsa dopo avere mostrato in modo drammatico il lato perverso della medaglia: l'arretramento dei diritti sociali e la "vulnerabilizzazione" dei sistemi sociali nei confronti degli eventi catastrofici. Paradossalmente, infatti, dobbiamo ringraziare la pandemia da COVID 19 per averci dimostrato, al di là di ogni disputa ideologica, come la promozione del servizio sanitario e la tutela della salute sia la precondizione indispensabile per la crescita dell'economia, per la regolazione degli scambi e per il progresso civile della società. Le cautele nella ricostruzione di fatti recenti Ritornando dunque sull'analisi delle politiche del centro sinistra e dei suoi Ministri della salute per antonomasia, Rosy Bindi e Livia Turco, comparsa in questi giorni su QS, dichiaro subito di rientrare nella categoria di chi, in quel contesto, ha svolto un ruolo non passivo in virtù degli incarichi pubblici allora rivestiti. Il contesto politico sindacale in cui si trovò ad operare il Ministro Bindi. Il clima politico era solo in parte in continuità con quello del Governo Prodi, caduto come tutti ricorderanno il 9 ottobre del 1998, perché sfiduciato al Senato per un solo voto di scarto (313/312) dopo il ritiro dell’appoggio esterno da parte di Rifondazione Comunista; non poche infatti furono le differenze introdotte da Massimo D’Alema per quanto riguardava i rapporti con CGIL, CISL e UIL. La più significativa, la decisione del presidente del consiglio di modificare le modalità di consultazione delle forze sociali, allargando il tavolo negoziale, prima esclusivo dei sindacati confederali, a decine di sigle con scarsissima rappresentanza; un cambio nelle relazioni con CGIL, CISL e Uil, principali rappresentanti del mondo del lavoro, che ebbe il valore di un vero e proprio strappo. La logica non era più quella della concertazione, ma quella del semplice ascolto delle forze sindacali. A questo si aggiungeva poi la polemica, infondata e strumentale contro, gli stessi sindacati confederali accusati di tutelare esclusivamente i propri associati e infine, come chiusa, l’annuncio televisivo da parte di D’Alema di una riforma delle pensioni di cui nessuno era stato men che meno informato. Per quanto riguardava la riforma e il rilancio dello stato sociale, invece, il governo D’Alema, restò in linea con quello di Romano Prodi, ed infatti portò a termine il processo legislativo avviato tanto in campo sanitario che socio-assistenziale trovando anche le risorse necessarie al rinnovo di un CCNL che non si preannunciava facile. Il ruolo di Rosy Bindi Una legge da noi fortemente sostenuta perché introduceva importanti innovazioni rispetto alle riforme di stampo neoliberista dei primi anni ‘90 Voglio brevemente ricordare come nella nuova organizzazione del sistema trovasse, finalmente, valorizzazione il distretto sanitario e con esso la medicina del territorio; i distretti avrebbero assicurato i servizi di assistenza primaria ed il coordinamento con dipartimenti ed ospedali inserendoli nel Programma delle attività territoriali (PAT) per la cui realizzazione venivano previste risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute. Un cambio di paradigma orientato alla territorializzazione degli interventi e a un maggiore equilibrio rispetto a un’assistenza ospedaliera, da sempre componente privilegiata della sanità. I medici di medicina generale, trovavano anche essi una valorizzazione professionale anche per la possibilità loro data di assumere l’incarico dirigenziale di direttore di distretto. Cambiava il loro modello organizzativo orientato, ora, verso il lavoro in team, da realizzarsi con la costituzione di aggregazioni funzionali, ma non veniva concessa loro la possibilità di costituire società di servizio cui affidare “in forma privatistica” la gestione di attività distrettuali. Una proposta quest’ultima avanzata al tavolo di trattativa dalla FIMMG ma stralciata dalla stessa Bindi dopo che la FP CGIL l’aveva fortemente contrastata convincendo il Ministro della sua pericolosità. Altrettanto importanti le novità sul fronte della dipendenza: venivano confermate le nuove regole della pubblica amministrazione, basate sulla trasformazione del rapporto di lavoro dei dirigenti e veniva istituito il ruolo unico della dirigenza; articolato non più sulla base di livelli predefiniti centralmente, ma secondo la graduazione degli incarichi e delle funzioni attribuiti ad ogni singolo dirigente, sulla base di una selezione interna e con atto scritto e motivato. Nella legge veniva inoltre introdotto il principio dell’esclusività del rapporto di lavoro di tutti i dirigenti del SSN, in base al quale l’esercizio della libera professione (che diviene tuttavia un diritto) era possibile solo all’interno delle strutture pubbliche o, nel caso di indisponibilità di idonei spazi all’interno delle aziende, in strutture private temporaneamente convenzionate. L’accesso alle funzioni apicali era consentito solo a professionisti con rapporto di lavoro esclusivo. Con il D.Lgs 229 veniva infine risolta la questione degli ex assistenti (IX livello) facendoli confluire nel ruolo unico della dirigenza e ponendo fine a una situazione di discriminazione nei confronti di medici condannati a svolgere un ruolo di totale subordinazione all’interno del reparto. Notevoli poi i risultati ottenuti con la firma del CCNL: oltre alle importanti novità normative vi fu una iniezione di risorse fresche senza precedenti e gli aumenti salariali, resi possibili solo dall’impegno personale del Ministro, furono compresi tra il 50% e il 30%. Un incremento inimmaginabile prima e successivamente mai più reiterato, che si badi bene si tradusse immediatamente dopo in forti aumenti anche per il personale infermieristico con l’avvio della vertenza sanità L’azione di governo del ministro Turco Il ministro Turco poté contare con collaboratori di altissimo profilo tra cui voglio ricordare Cesare Fassari, Monica Bettoni e Saverio Proia ma fu fortemente contrastata nella sua azione di governo dal cosiddetto fuoco amico. La regione Emilia-Romagna contrastò il progetto di casa della salute portando sulla sua strada parte della stessa Cgil che paradossalmente per la prima volta era riuscita a trasformare in legge un suo progetto; la nomina di Ivan Cavicchi come direttore dell' Agenzia dei servizi regionali fu bocciata e lo stesso avvenne con l'idea di istituire una direzione generale per l’integrazione socio sanitaria (alla cui guida secondo Monica Bettoni era candidato il sottoscritto) perché competenza esclusiva delle regioni. Notevoli i progressi in campo della medicina del lavoro con la redazione del testo unico sulla sicurezza negli ambienti di lavoro (Dlgs 81) su cui lavorò personalmente il sottosegretario Patta e i diversi DPCM sul personale di assistenza e sulla normativa concorsuale. Col tempo la spinta innovativa del ministero di esaurì e la crisi del governo lasciò al palo la rivisitazione della 229 e un ambizioso progetto sugli anziani su cui stavamo lavorando. Nel complesso il giudizio sull’azione di governo è in linea con quello espresso sul Ministro Bindi. Il servizio sanitario fu rifinanziato e salvato e se il governo non fosse caduto altre importanti riforme avrebbero visto la luce. In conclusioni ritengo che i mali di oggi abbiano altri responsabili e non possano essere messi a carico di due Ministri che fecero del loro meglio per mantenere quella dimensione sociale della politica oggi assente. Roberto Polillo
stampa | chiudi
Martedì 07 FEBBRAIO 2023
Il Ssn nei governi dell’Ulivo: andiamoci piano con le critiche
L’attuale crisi del SSN nasce con il venire meno della dimensione sociale della politica e l'avvento del mito della razionalità tecnica e della "governamentalità" come unica dimensione del governo della complessità. Un cambio di paradigma, affacciatosi dai primi anni ‘90 che i ministri della sanità dei governi dell’Ulivo, a cavallo del passaggio del millennio, non incoraggiarono ma anzi contrastarono.
Ogni ricostruzione storica di fatti recenti richiede una buona dose di prudenza, specie se chi si accinge a questo tipo di analisi non ha avuto nelle vicende che si richiamano un ruolo di semplice spettatore. In questi casi, infatti, Il rischio che si corre è quello dell'analisi poco misurata o ancora di più rancorosa, nel caso in cui siano state deluse delle aspettative personali o non siano state mantenute promesse da parte dei decisori politici.
Nel primo caso, in qualità di segretario nazionale della Fp CGIL, sono stato un interlocutore del ministro nell'elaborazione della cosiddetta legge Bindi, trattando con l'ottimo Francesco Taroni e con lo stesso Ministro per quanto riguarda le parti dedicate al personale. Successivamente ho firmato il CCNL del 2000 per la dirigenza medica che di quella legge era l'applicazione.
Nel secondo caso, ho lavorato presso il ministero come capo segreteria del sotto segretario Patta e membro della commissione per le cure primarie. Uscito dal ministero sono tornato a fare, inizialmente non senza difficoltà ma poi con grande soddisfazione, il medico a tempo pieno, non avendo nulla chiesto e nulla essendomi stato offerto in continuità con quella esperienza.
Il contesto politico in cui si realizzarono le grandi riforme dell’assistenza e della sanità della stagione dell’Ulivo era quello ricompreso tra il secondo Governo D’Alema (22 dicembre 1999- 26 aprile 2000) succeduto al primo governo D’Alema (21 ottobre 1998- 18 dicembre 1999) avente per Ministro della salute Rosy Bindi e il secondo Governo Amato (26 aprile 2000- 11 giugno 2001) il cui ministro della Salute era Umberto Veronesi.
Il Ministro Rosy Bindi pose alla base del suo mandato la concertazione con le parti sociali mantenendo rapporti proficui sia con la CGIL Funzione pubblica (tramite il segretario generale Nerozzi) e sia con i sindacati medici della dipendenza e della convenzione. Molto intensa fu la concertazione con le parti sociali per quanto riguardò la legge di riforma del SSN 229/1999
Livia Turco è stata ministro della salute dal 17 maggio 2006 all'8 maggio del 2008 subentrando a Francesco Storace ( ministro per meno di un anno) e soprattutto a Girolamo Sirchia che aveva diretto il ministero per un periodo molto lungo dal giugno 2001 all'aprile del 2006.
Contro quest'ultimo la CGIL aveva condotto una dura battaglia per il suo tentativo di introdurre un sistema assicurativo sostitutivo del SSN, dimenticandosi tuttavia che i fondi integrativi erano già parte costituente del contratto dei metalmeccanici e che Corso Italia era piena delle brochure di Unisalute a cui molti dirigenti sindacali avevano aderito!
Il ministro Turco ebbe tre straordinarie intuizioni: realizzare il progetto di Casa della salute che Bruno Benigni aveva elaborato con il contributo di Gavino Maciocco e che io avevo fatto diventare obbiettivo prioritario delle politiche della salute della CGIL nazionale; il progetto Guadagnare salute che mutava radicalmente le politiche di prevenzione primaria; le politiche di integrazione con il sociale a partire da non autosufficienza ( non di sua diretta competenza) e protezione degli anziani dai danni ambientali in primis le ondate di calore ( di cui mi occupai personalmente).
© RIPRODUZIONE RISERVATA