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Mercoledì 07 DICEMBRE 2022
Ritrovare il rispetto per il Ssn e per chi ci lavora



Gentile Direttore,
la Cassazione ha recentemente confermato la condanna a otto mesi di reclusione nei confronti di una donna che aveva schiaffeggiato una infermiera, durante il turno di servizio. L’infermiera era stata colpita dopo aver invitato la signora e i suoi famigliari ad abbandonare la stanza dove era ricoverato un congiunto, stanza nella quale queste persone erano entrate senza rispettare l’orario di visita, in un momento di attività assistenziale.

È la conclusione giudiziaria di uno dei molti episodi, non tutti denunciati, di aggressione al personale sanitario e, in particolare, ad una infermiera: una importante percentuale sul totale dei sanitari aggrediti riguarda proprio le infermiere, con punte che possono arrivare all’80% sul totale del personale coinvolto in casi di aggressioni, secondo i dati prodotti da alcune Regioni.

Nel dettaglio della sentenza si può rimarcare un passaggio decisamente importante: la Cassazione afferma chiaramente che …"nonostante l’infermiere sia ‘solo’ un incaricato di pubblico servizio e non un pubblico ufficiale, l’ostacolo frapposto all’attività da questi svolta – che non può essere sospesa o soggetta a impedimenti – integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale, punibile con la reclusione da sei mesi a cinque anni".

È importante il passaggio del ‘’pubblico ufficiale’’: questa non è la prima sentenza che richiama questo aspetto. Già in passato alcuni infermieri aggrediti avevano visto riconosciuto dai Giudici lo stesso status di pubblico ufficiale ‘’temporaneo’’, anche per efficacia delle azioni di quel momento, come richiamò una sentenza nel caso di due infermieri del triage del Pronto soccorso dell’ospedale S. Andrea della Spezia, aggrediti verbalmente e insultati nel 2013.

La sentenza della Cassazione di questo recente ottobre riporta che … "Affinché venga integrata la fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessario che sia concretamente impedita la libertà di azione del pubblico ufficiale. È sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dell’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento dell’atto del pubblico ufficiale". E nel caso specifico, non ci sono dubbi in merito al fatto che "la condotta violenta subita dall’infermiera fosse proprio connessa alle funzioni da lei esercitate, tanto da costituire per lei un ostacolo".

Naturalmente questo è solamente un aspetto, all’interno della questione del fenomeno aggressioni, che diventa importante (sulla parte normativa, proprio per cercare di arginare il fenomeno delle aggressioni, è stata prodotta la Legge 113 del 2020, che inasprisce le condanne per gli aggressori); così come può essere utile ogni azione e comunicazione fatta per migliorare la percezione del pubblico circa la necessità di rispettare alcune regole nel mondo sanitario.

Diventa interessante notare che soltanto due generazioni fa il pubblico, i familiari dei ricoverati avevano la possibilità di visitare i loro cari solo poche volte a settimana, e solo per tempi ridotti rispetto ad oggi: un tempo davvero ridotto, in particolare in un’epoca nella quale le degenze erano molto più lunghe rispetto ad oggi.

Sono passati molti anni, e sono sicuramente e giustamente aumentate le possibilità di trascorrere tempo con familiari e amici durante le giornate di ricovero, ma di certo oggi alcune strutture sanitarie necessitano - a vantaggio di tutti, malati e personale in servizio - di qualche regola e qualche maggior controllo, per evitare situazioni come quella che ha portato alla sentenza ricordata in questo contributo, questioni che non vedono mai un vincitore, ma solo amarezza e generale preoccupazione.

Rispetto ad un tempo lontano, molti aspetti oggi sono cambiati: tra le cose date un tempo per scontate, e oggi perdute, sarebbe bene ritrovare un più vasto rispetto per il nostro Servizio sanitario nazionale e riconoscere che chi ci lavora non è un antagonista dei ricoverati e dei loro familiari. E che nei casi (sempre possibili, e che si verificano) di ‘’incomprensione’’, o di effettiva cattiva gestione, esiste la possibilità di effettuare le necessarie segnalazioni attraverso percorsi codificati, e certamente senza giungere a estremi pericolosi e sempre perdenti, come l’aggressione verbale o fisica.

Francesco Falli
Infermiere, incarico di funzione organizzativa, Rischio clinico - aspetti normativi e professionali, Strutt. Prof. Sanit. ASL 5 Liguria

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