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Anche nel 2021, secondo anno di pandemia la spesa sanitaria del Ssn, seppur con minore impatto, ha proseguito la sua crescita fino a quota 126,6 miliardi di euro, ai quali si aggiungono altri 37,16 miliardi di euro per prestazioni sanitarie pagate direttamente dai cittadini al di fuori del Ssn. Aumentano la spesa per il personale dipendente e per i beni e servizi e peggiorano i conti delle Regioni che prima delle coperture mostrano un disavanzo di 1,1 miliardi. In lieve calo la farmaceutica diretta mentre torna a crescere la spesa per la farmaceutica convenzionata. Ma il vero boom è proprio quello della spesa out of pocket che superando i 37 miliardi evidenzia come ormai il Ssn pubblico sia in forte affanno nel garantire prestazioni sanitarie a tutti. La Ragioneria: “Esistono margini di efficientamento e di razionalizzazione del sistema”. “Come emerge da alcuni indicatori elaborati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dall’Organizzazione mondiale della sanità - si legge nell'introduzione al rapporto -, la performance del nostro SSN si colloca ai primi posti nel contesto internazionale. Il miglioramento del livello generale delle condizioni di salute e la salvaguardia dello stato di benessere psico-fisico della popolazione costituiscono un risultato importante sotto il profilo del soddisfacimento dei bisogni sanitari. Inoltre, presenta risvolti positivi anche in termini di contenimento della spesa sociale”. “Tuttavia - prosegue - il mantenimento degli standard qualitativi raggiunti rende indispensabile affrontare il tema della sostenibilità dei costi del sistema sanitario pubblico in presenza di livelli di finanziamento condizionati dai vincoli finanziari necessari per il rispetto degli impegni assunti dall’Italia in sede comunitaria. Ciò richiede che si prosegua nell’azione di consolidamento e di rafforzamento delle attività di monitoraggio dei costi e della qualità delle prestazioni erogate nelle diverse articolazioni territoriali del SSN, in coerenza con l’azione svolta negli anni”. “Il rafforzamento dell’azione di governo del sistema sanitario - sottolinea ancora il rapporto - con l’adozione di interventi incisivi in tutte quelle situazioni che evidenziano inefficienza o inappropriatezza nella produzione ed erogazione delle prestazioni, costituisce uno strumento efficace anche nel fronteggiare le tendenze espansive della domanda di prestazioni sanitarie indotte dalle dinamiche demografiche. L’esperienza in tale ambito, ha mostrato che esistono margini di efficientamento e di razionalizzazione del sistema che possono essere utilmente attivati per far fronte agli effetti dell’invecchiamento della popolazione garantendo la qualità e l’universalità dei servizi erogati”. Gli ultimi due anni in relazione ai maggiori costi connessi con la gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Fino al 2019 l’incremento medio annuo si è infatti attestato allo 0,8%, mentre nel biennio successivo ha raggiunto il 4,1%. In particolare, la crescita osservata nel 2020 (+5,4%) risulta essere più consistente di quella riscontrabile nel 2021 (+2,7%). Nel 2020 tutte le regioni hanno mostrato aumenti di spesa, eccezion fatta per il Molise. Nell’ultima annualità una leggera diminuzione è osservabile solo in Emilia Romagna e in Calabria. Il Molise è stata l’unica regione in cui la spesa del 2021 è risultata più bassa di quella sostenuta nel 2019. Di contro, nel biennio l’aumento percentuale più rilevante è riscontrabile per la Provincia autonoma di Bolzano, la Valle d’Aosta e il Veneto. Cresce il disavanzo delle Regioni. Dopo il calo del 2020 è tornato a salire il disavanzo delle Regioni (ante coperture ndr.) che nel 2021 si è attestato a 1,109 miliardi. Analizzando i dati emerge come siano ben 10 le Regioni con i conti in rosso e che hanno dovuto mettere mano a risorse proprie per chiudere i bilanci. Redditi da lavoro dipendente. La spesa nel periodo 2012-2021 è aumentata da 35.652,6 a 37.659,3 milioni di euro, facendo registrare un incremento medio annuo dello 0,6%. Nel 2021 è cresciuta del 2,4%. Nel corso degli anni l’incidenza della spesa dei redditi da lavoro dipendente sulla corrispondente spesa complessiva di CE è contraddistinta da una tendenziale diminuzione passando dal 32,3% del 2012 al 29,7% del 2021. L’aumento riscontrato a partire dal 2018 è, invece, dovuto alla ripresa delle assunzioni, alla sottoscrizione dei contratti relativi al triennio 2016-2018 e soprattutto alle esigenze connesse con il contrasto del virus SARS-CoV-2. È, infatti, nell’ultimo biennio che si sono concretizzati gli incrementi di spesa più rilevanti. Dal 2012 al 2019 si è osservata una riduzione media annua dello 0,1%, mentre nei due anni successivi è riscontrabile una crescita media annua del 3%. Il 2020 ha presentato un aumento (+3,6%) più elevato di quello realizzatosi nel 2021 (+2,4%). A livello di singola regione, la Liguria, il Molise e la Calabria nel 2020 e la Valle d’Aosta, la provincia autonoma di Trento, l’Umbria e la Basilicata nel 2021 hanno presentato diminuzioni di spesa. Il Molise e la Basilicata sono state, inoltre, le uniche regioni con una spesa nel 2021 più bassa di quella del 2019. La provincia autonoma di Bolzano, il Lazio e la Puglia hanno, invece, fatto osservare gli incrementi percentuali maggiori tra il 2019 e il 2021. Nell’ambito del costo del personale tuttavia rileva tra le diverse regioni una differente composizione tra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato, quest’ultimo, atteso in incremento, in relazione ai provvedimenti legislativi emergenziali. Prodotti farmaceutici. La spesa per i prodotti farmaceutici, comprensiva sia dei costi per farmaci erogati nel corso dei ricoveri ospedalieri che di quelli per la distribuzione diretta e per conto ha proseguito la sua crescita anche in pandemia. La spesa nel periodo 2012-2021 è passata da 7.856,8 a 11.816 milioni di euro, con un corrispondente incremento medio annuo del 4,6%. Nel 2021 si è però assistito ad un calo del 2,3%. Il peso percentuale della spesa per i prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa complessiva ha mostrato una continua crescita dal 7,1% del 2012 al 9,9% del 2018 per poi diminuire di un decimo percentuale nel biennio successivo e scendere al 9,3% nel 2021. Nel decennio in esame l’aggregato ha mostrato una crescita fino al 2018 per poi evidenziare una contrazione nell’anno successivo dovuta sostanzialmente all’incasso del pay-back relativo per il superamento del tetto della spesa ospedaliera relativo al periodo 2013-2017148 a seguito della risoluzione dei contenziosi amministrativi con le aziende farmaceutiche. Nel 2020 è rinvenibile una crescita del 5,8% presumibilmente per le necessità legate con l’emergenza sanitaria da Covid-19. L’aumento risulta comunque mitigato dalla contabilizzazione del pay-back per il superamento del tetto della spesa farmaceutica per consumi diretti relativo al 2018. Nel 2021 è scontata una nuova contrazione (-2,3%) sostanzialmente per l’introito del pay-back per superamento del tetto di spesa per gli acquisti diretti riguardante l’annualità 2019 e una quota di quello riguardante dell’annualità 2020. A livello regionale, il Friuli Venezia Giulia152 e la Puglia hanno fatto registrare nel 2020 costi inferiori rispetto a quelli dell’anno precedente. Nel 2021 il decremento complessivo della spesa si è riflettuto parimenti su diverse regioni che in alcuni casi hanno mostrato contrazioni anche superiori al 10%, come per la provincia autonoma di Bolzano, la Lombardia e la Toscana, anche in relazione alle dinamiche dei rimborsi per pay-back farmaceutico di cui sopra. Nell’ultima annualità il Piemonte, la Lombardia, la provincia autonoma di Bolzano, la Toscana, il Molise e la Puglia hanno fatto registrare una spesa inferiore a quella sostenuta nel 2019, mentre la provincia autonoma di Trento, la Sicilia e la Sardegna hanno presentato la crescita percentuale più consistente. Per quanto concerne i tre raggruppamenti considerati, le regioni soggette ai piani di rientro e le autonomie speciali hanno mostrato un aumento medio annuo nel decennio in esame superiore a quello riscontrato in Italia. Di contro, il restante cluster ha manifestato una velocità di crescita inferiore. Nell’intero orizzonte temporale considerato, i tassi di variazione annua hanno evidenziato un costante incremento della spesa, eccezion fatta per il 2019 con riferimento alle regioni in piano di rientro (-3,9%) e per il 2021 relativamente a quelle non sottoposte ai piani di rientro (-5,7%). Consumi intermedi diversi dai prodotti farmaceutici. La spesa è cresciuta da 22.090 a 27.239 milioni di euro, equivalente a un incremento medio annuo del 2,4%. Nel 2021 è salita del 5,7%. Il peso percentuale della spesa sanitaria per i consumi intermedi al netto dei prodotti farmaceutici sulla corrispondente spesa complessiva si è attestato tra il 19% e il 20% fino al 2019 arrivando quasi al 21% nell’anno successivo e raggiungendo il 21,5% nel 202. Eccezion fatta per il 2013 e il 2015, ogni annualità è contraddistinta da un incremento. Nella fattispecie, l’ultimo biennio ha evidenziato gli aumenti più rilevanti in ragione dei costi per fronteggiare la pandemia da Covid-19. La crescita media annua è risultata essere dello 0,5% fino al 2019, confermando l’efficacia delle misure di contenimento della spesa per beni e servizi disposte normativamente per quel periodo. Nei due anni successivi l’incremento medio annuo ha raggiunto il 9%. In particolare, il 2020 è contrassegnato da un aumento assoluto quasi doppio rispetto a quello riscontrabile nel 2021. A livello regionale, nel 2020 la Basilicata e la Sardegna e nel 2021 l’Emilia Romagna, la Campania e la Calabria hanno registrato una spesa più bassa rispetto all’anno precedente. Ogni regione ha, invece, presentato una spesa nel 2021 superiore rispetto a quella osservata nel 2019, in diversi casi superando i 10 punti percentuali. Farmaceutica convenzionata. La spesa dal 2012 al 2021 è passata da 8.891,3 a 7.374,5 milioni di euro, equivalente a una riduzione media annua del 2,1%. Nel 2021 è salita dell’1,2%. Il peso percentuale della spesa sanitaria per la farmaceutica convenzionata sulla corrispondente spesa complessiva si è ridotto di oltre due punti percentuali tra il 2012 e il 2021 scendendo dall’8,1% al 5,8%. Escludendo l’ultima annualità l’aggregato ha evidenziato una continua contrazione. Consistente è risultato il calo (-3,5%) nel 2020 presumibilmente per il minor ricorso a tale forma di assistenza per via delle restrizioni imposte dal Covid-19, nonostante sia stata garantita comunque la prescrizione mediante la ricetta elettronica. Nel 2021 si è, invece, evidenziato un incremento (+1,2%), probabilmente per la ripresa dell’operatività in seguito all’allentamento delle misure restrittive nonché taluni costi connessi alla nuova remunerazione delle farmacie e eventuali costi connessi al Covid. Nel 2020 tutte le regioni hanno evidenziato un decremento, eccezion fatta per la provincia autonoma di Trento. Nel 2021 solo sei regioni hanno fatto registrare una spesa inferiore a quella dell’anno precedente: la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, il Molise, la Sicilia e la Sardegna. La spesa nell’ultimo anno è stata superiore a quella osservata nel 2019 solo per la provincia autonoma di Trento, l’Emilia Romagna e la Basilicata. Nel decennio in esame le autonomie speciali hanno evidenziato un tasso di decremento medio annuo (-3,3%) superiore a quello registrato per le regioni soggette e non soggette ai piani di rientro. La dinamica dei tassi di variazione annua con riferimento ai tre raggruppamenti di regioni è simile a quella rilevata a livello nazionale visto che la spesa per la farmaceutica convenzionata risulta essere in costante riduzione fino al 2020, indipendentemente dal cluster considerato. Assistenza medico-generica da convenzione. La spesa è aumentata dal 2012 al 2021 da 6.652,5 a 7.164,5 milioni di euro, equivalente a una crescita media annua dello 0,8%. Ma nel 2021 è salita del 3,8%. Tra il 2020 e il 2021 si sono registrati, tassi di variazione positiva per via dei consistenti costi dovuti al coinvolgimento di questa tipologia di assistenza nel fronteggiare l’emergenza epidemiologica e per la messa a regime dal 2020 degli oneri per il rinnovo delle convenzioni 2016-2018 relativamente all’annualità 2018. Sempre nell’anno 2020 sono stati riconosciuti gli arretrati 2018-2019 della convenzione 2016-2018 comunque a valere sugli accantonamenti operati annualmente dagli enti del SSN. L’incremento di spesa riscontrato nel decennio in esame è sostanzialmente attribuibile all’ultimo biennio. La variazione media annua fino al 2019 è stata negativa (-0,1%), mentre nei due anni seguenti ha raggiunto il 4,3%. Il 2020 ha evidenziato un aumento assoluto di spesa superiore rispetto a quello osservato nel 2021, anche in relazione al coinvolgimento dei convenzionati nelle attività delle USCA in relazione alle ondate pandemiche. Nel 2020 tutte le regioni hanno registrato incrementi, eccezion fatta per il Molise. Nel 2021 è rinvenibile una contrazione solo per la Liguria e l’Umbria. Nessuna regione ha mostrato un livello di spesa nel 2021 inferiore a quello registrato nel 2019. La provincia autonoma di Bolzano ha manifestato l’aumento percentuale più elevato. Il peso percentuale della spesa sanitaria per l’assistenza medico-generica da convenzione sulla corrispondente spesa complessiva è contrassegnato da una sostanziale stabilità nell’intero orizzonte temporale in esame. Altre prestazioni sociali in natura da privato. La spesa è aumentata dal 2012 al 2021 da 22.534 a 25.469,3 milioni di euro. La corrispondente crescita media annua è stata dell’1,4%. Nel 2021 è salita del 6,1%. La dinamica di costante crescita osservata fino al 2019 viene interrotta nel 2020, anno in cui è rilevabile una diminuzione del 4%, legata ai provvedimenti di sospensione delle attività non urgenti durante le diverse ondate pandemiche. Si ricorda tuttavia che sono state previste misure di ristoro dei costi fissi sostenuti nei periodi di sospensione oltre che specifiche remunerazioni legate a prestazioni e tariffe Covid, ove assicurate dalle strutture private accreditate nell’ambito dell’organizzazione regionale dell’emergenza Covid. Nel 2021 l’allentamento di alcune misure restrittive, anche in relazione alla progressiva attuazione della campagna vaccinale, oltre che alcuni interventi normativi, tra cui quelli volti al recupero delle liste d’attesa, hanno determinato una ripresa delle attività assistenziali evidenziando un incremento della spesa del 6,1%. Nel 2020 la maggior parte delle regioni ha presentato tassi di variazione annua negativi, eccezion fatta per la provincia autonoma di Bolzano, l’Umbria, il Lazio e la Basilicata. Di contro, nel 2021 solo l’Umbria, la Basilicata e la Calabria hanno registrato tassi non positivi. Nell’ultimo anno il livello della spesa è risultato in crescita rispetto al 2019 nella maggior parte delle regioni. La Lombardia, la Liguria, la Toscana, l’Umbria, l’Abruzzo e la Calabria sono le uniche a mostrare una spesa più bassa. Talune regioni stanno valutando di adottare provvedimenti inerenti i ristori dei costi fissi per le annualità 2020 e 2021 e delle tariffe e funzioni Covid per i medesimi esercizi. In tali termini i relativi eventuali oneri non sono presenti a costo. Spesa out of pocket. Per il 2021, la spesa sanitaria privata, dopo il rallentamento registrato nel 2020 (pari a -11,6% vs il 2019), presenta una significativa risalita fino alla cifra di 37,16 mld, pari al +20,7% rispetto ai valori dell’anno precedente. La distribuzione regionale della rilevazione della spesa sanitaria per l’anno 2021, mostra che la ricrescita dei valori risulta sostanzialmente equidistribuita su tutto il territorio nazionale. Circa, invece, la composizione della rilevazione della spesa sanitaria privata per tipologia di spesa, nel 2021, le spese per visite specialistiche ed interventi continuano ad avere un peso prevalente (46,1%) sul totale della spesa a carico dei privati, confermando il trend degli anni precedenti. Anche per questo anno, tra l’altro, la rilevazione della spesa sanitaria privata per visite specialistiche ed interventi chirurgici proviene prevalentemente da medici odontoiatri (31,1% del 2021 vs il 33% del 2020). Ticket. La compartecipazione sanitaria per farmaci e specialistica ambulatoriale si è attestata sui 3 mld di euro nel 2021, in aumento di 300 mln rispetto al 2020. La spesa veterinaria. Dopo la temporanea inversione di tendenza del 2020, attribuibile prevalentemente alla riduzione della spesa per veterinari, la rilevazione della spesa veterinaria nel 2021 ha ripreso il suo trend crescente con un incremento di oltre 200 milioni di euro rispetto all’anno precedente per attestarsi a quota 960 miliardi. L.F.
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Lunedì 14 NOVEMBRE 2022
Spesa sanitaria. Rapporto Ragioneria dello Stato: “Nel 2021 quasi 164 miliardi di euro, di cui oltre 37 spesi per prestazioni out of pocket”
Cresce il disavanzo delle Regioni che supera 1,1 miliardi con la metà di esse che ha dovuto mettere mano a risorse proprie per coprire i buchi. Lieve calo della farmaceutica diretta e piccolo incremento della convenzionata. Tornano a salire il ticket e le spese veterinarie. Nel secondo anno pandemico tornano a crescere le spese dal privato e soprattutto quelle sostenute direttamente dai cittadini (out of pocket), in massima parte per farmaci non rimborsabili, visite mediche e diagnostica. Per la Ragioneria esistono comunque ”margini di efficientamento e razionalizzazione del sistema”. IL RAPPORTO
È quanto emerge dal nuovo report sul monitoraggio della spesa sanitaria redatto dalla Ragioneria generale dello Stato.
La spesa sanitaria cresce ancora. La spesa sanitaria corrente di Conto economico (CE) tra il 2012 e il 2021 è passata da 110.399,3 a 126.640,2 milioni di euro, equivalente a un incremento medio annuo dell’1,5%. Nell’ultimo anno la crescita è stata del 2,7%. Tutte le annualità considerate presentano una crescita della spesa, eccezion fatta per il 2013, anno in cui il tasso di variazione è risultato negativo (-0,9%).
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