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Alcuni sistemi sociosanitari regionali potranno diventare diversi da quelli che sono oggi. Ciò in termini di maggiori disponibilità di cassa, solo che le loro aziende sanitarie territoriali esercitino azioni di ripetizione dell’indebito pagato negli anni a titolo di extra budget. Insomma, considerata l’entità di errati pagamenti effettuati massimo per il decennio antecedente, potranno diventare inaspettatamente ricchi e superare lo stato di povertà che caratterizza i più deboli. Esagerazione a parte, con la sentenza n. 183 della Corte dei conti della Calabria, depositata il 5 ottobre scorso, si aprono nuovi spazi alle Regioni, e per loro alle loro aziende sanitarie. Un modo per restituire alla cassa l’impagabile Il magistrato catanzarese non le manda a dire, prendendo atto della malagestio che la sanità ha subito per decenni, infettata da pratiche cattive che hanno consentito percezioni retributive non affatto dovute, con buona pace dei controlli inesistenti sino ad arrivare a complicità a diverso livello burocratico e manageriale, tale da consentire finanche l’impossibile. La regola generale Al riguardo, si diceva, la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria della Corte dei conti, con una mirabile e curata sentenza, ha dato il la ad una nuova era. Ha sancito, in proposito, le regole della finanza della salute, fissando gli obblighi erogativi degli accreditati/contrattualizzati per 365 giorni all’anno, di frequente elusi in alcune regioni. Toccherà quindi alle Regioni (tutte) e al sistema costituito delle loro aziende territoriali e Irccs dare seguito ad un siffatto importante disposto giurisdizionale. Così come competerà allo Stato disciplinare più compiutamente una parte della materia, soprattutto quella riguardante le garanzie della erogazione annuale continuativa delle prestazioni alla collettività eseguite dagli accreditati/contrattualizzati, prescindendo dal superamento nel corso dell’anno del budget assegnato loro (quasi mai preventivamente!), senza con questo attribuire ovvero pretendere, rispettivamente, da parte delle aziende sanitarie e degli erogatori corrispettivi per fuori budget. L’effetto della sentenza Il tutto perché riconosciuto in «violazione dei doveri di servizio ad essa (società erogatrice) incombenti, ovvero (de)gli obblighi generali derivanti dal “convenzionamento” con il servizio sanitario nazionale ed in particolare l’obbligo di rispettare il tetto di spesa predetto (concesso con il budget)». Ciò in quanto produttivo di un indebita distrazione di risorse sottratte così a funzioni satisfattive di esigenze della collettività (LEA) finanche a quelle di tipo emergenziale. Del resto, come sostiene la Sezione giurisdizionale calabrese della Corte dei conti, gli erogatori di prestazioni sociosanitarie, ben lungi dall’essere fornitori di servizi generaliter, ancorché legati contrattualmente con il SSN, «sono soggetti di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di finalità di pubblico interesse e di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, sui quali gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa». In quanto tali, vincolati alla ineludibile regola di rendere esigibili alla collettività prestazioni a fronte di un «tetto massimo di risorse ad esse(i) destinato/ì(e)» oltre il quale è illegittimo prevedere il formarsi di alcuna pretesa da rivendicare sia a titolo di corrispettivo che a soddisfo di un ingiusto arricchimento inverosimilmente goduto, nel caso di specie non ravvisabile (Corte conti e Cassazione, docent). Ettore Jorio
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Mercoledì 09 NOVEMBRE 2022
La Corte dei conti calabrese dice no alle retribuzioni extra-budget alla sanità privata
La Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria della Corte dei conti, con una mirabile e curata sentenza, ha dato il la ad una nuova era. Ha sancito, in proposito, le regole della finanza della salute, fissando gli obblighi erogativi degli accreditati/contrattualizzati per 365 giorni all’anno, di frequente elusi in alcune regioni. LA SENTENZA.
L’occasione è buona per aggiustare il tiro: a) sugli obblighi di esercizio ininterrotto da imporre alla sanità accreditata privata retribuita a budget preventivati sul fabbisogno di salute e direttamente connessi alle prestazioni relative alle attività sociosanitarie accreditate; b) sulla pretesa del rispetto dei limiti retributivi delle prestazioni effettuate contenute nei plafond assegnati ai singoli erogatori; c) sul diritto di pretendere, se non prescritto, quanto indebitamente pagato agli erogatori privati a titolo di extra-budget, in alcune regioni abbondantemente.
Qui non interessa, ovviamente, il tema che ha riguardato, nello specifico, il contenzioso erariale cui si è fatto riferimento, bensì i principi ribaditi alla base del decisum dal collegio giudicante, che ha chiarito la corretta disciplina dei rapporti del SSN con gli erogatori privati accreditati e contrattualizzati, a mente degli artt. 8 quater e seguenti del vigente d.lgs. 502/92.
Pollice verso, dunque, per tutte le retribuzione extra-budget effettuate in alcune regioni per decine e decine di milioni di euro. Il giudice contabile ha infatti ritenuto i siffatti pagamenti assolutamente indebiti, in quanto tali rappresentativi di una «condotta antigiuridica» e in aperta violazione, dolosa o comunque caratterizzata da colpa grave, assunte da entrambe le parti firmatarie del sinallagma, di cui all’art. 8 quinquies del d.lgs. nr. 502/1992 e successive modifiche. In quanto tale da riportare a condizioni di legalità e correttezza, imponendo la ripetizione dell’indebito, nel caso trattato dalla Corte dei conti calabrese maggiorato di rivalutazione monetaria e interessi legali dalla pubblicazione della sentenza.
Università della Calabria
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